Nessuna
radioattività nelle basi che, negli anni, hanno ospitato i militari
italiani in Bosnia. È quanto emerge da un primo monitoraggio compiuto
ieri a Sarajevo da esperti arrivati da Roma. Si tratta di controlli finalizzati
ad «accertare i rischi di inquinamento ambientale connessi con l’utilizzazione
di munizionamento all’uranio impoverito»; controlli - rende noto
un comunicato del contingente italiano inquadrato nella Sfor, la Forza
di stabilizzazione Nato in Bosnia - «che hanno dato nella totalità
dei casi esiti negativi». I rilevamenti sono stati eseguiti dal contrammiraglio
Francesco Andreuccetti, direttore del Cisam, il Centro studi per le applicazioni
militari, e dal professor Vittorio Sabbatini, capo dell’Ufficio nucleare
dello stesso centro, nonché membro della commissione nominata dal
ministro della Difesa, Sergio Mattarella. I due esperti sono stati coadiuvati
dal nucleo Nbc (Nucleare biologico chimico) del contingente italiano in
Bosnia. Gli accertamenti, come detto, non hanno rilevato alcuna radioattività
nelle basi che hanno ospitato e ospitano i militari italiani dall’inizio
della missione. I controlli, in particolare, hanno interessato le due caserme
Tito, dove sono attualmente stanziati gli oltre mille uomini della brigata
Julia; la base di Zetra, quella di Vogosca, l’aerocampo di Rajlovac. Accertamenti
negativi anche a Butmir, dove hanno sede i carabinieri della polizia internazionale.