ROMA - «Nessun alto dirigente dell'Arma potrà impedirmi di rivendicare nelle opportune sedi il mio diritto, che è il diritto di tutti i cittadini, alla dignità e alla legalità». Non si placa la polemica tra il capitano Ultimo e il comando generale dell'Arma. Ultimo, adesso maggiore, accusa anche «alti dirigenti» dei carabinieri di fare affermazioni che «potrebbero costituire una minaccia o un'intimidazione» nei suoi confronti. Venerdì la notizia che l'ufficiale - famoso per essere stato uno dei carabinieri che catturarono Totò Riina - ha presentato nei mesi scorsi un esposto alla procura di Caltanissetta denunciando presunte «condotte omissive e arbitrarie di uno o più appartenenti alla Benemerita», che non avrebbero fatto abbastanza per garantire la sua sicurezza personale. A stretto giro la replica del comando generale che, «riservandosi di interessare la competente autorità giudiziaria», ha definito le accuse «gravi e destituite di ogni pur minino fondamento».
Ieri,
il nuovo attacco di Ultimo, secondo il quale «questa vicenda dimostra
come sia difficile e problematico per un carabiniere, l'esercizio dei più
fondamentali ed elementari diritti civili e come sia invece facile per
alcuni alti dirigenti esprimersi in pronunciamenti pubblici che, dato il
grado che essi rivestono ed i poteri che esercitano all'interno della mia
stessa amministrazione, potrebbero costituire di per sé una minaccia
o una intimidazione nei miei confronti». «Devo rilevare dai
giornali che alcuni esponenti del comando generale che hanno parlato in
nome dell'Arma, in cui credo profondamente, hanno ritenuto di intervenire
nella vicenda che vede contrapposte persone della stessa amministrazione
già indicando la parte colpevole, Ultimo, e la parte innocente,
cioè alcuni funzionari dell'amministrazione che essi rappresentano.
Fortunatamente per me e per tutti gli altri cittadini in Italia non saranno
alcuni generali o alcuni burocrati a formulare le condanne, ma la magistratura».