ROMA - «Nessuna meraviglia, nè allora nè oggi». Questo il commento di Francesco Cossiga alla relazione sulla Gladio Rossa del Pci. «Non conosco questo dossier, ma i fatti», afferma l'ex Capo dello Stato. «Sull'esistenza, organizzazione e scopi della struttura militare clandestina del Pci - ricorda Cossiga - fui "indottrinato" dal servizio informazioni delle forze armate al momento della mia nomina a sottosegretario di Stato per la Difesa e, successivamente, dall'ex divisione Affari Riservati poi ispettorato generale antiterrorismo e quindi servizio di sicurezza del ministero dell'Interno al momento della mia nomina al Viminale». «La cosa non mi meravigliò allora - afferma quindi il senatore a vita - e non mi meraviglia adesso: mi sembra tragicamente naturale che in una società totalmente disomogenea come quella italiana dove il fascismo prima, la sconfitta e la dissoluzione dello Stato dell'8 settembre del '43, e la dimensione non solo di guerra patriottica ma di guerra civile e di classe della Resistenza uccidessero il concetto unitario di patria, anche se difeso eroicamente dagli eroi di Cefalonia, da coloro che combattevano la Resistenza come guerra patriottica, dagli ingenui ragazzi della Rsi e dai deportati dei campi di sterminio nazisti». «Mi sembrò e mi sembra tuttora naturale - prosegue Cossiga - che in un mondo, in un'Europa e in un'Italia dove la contrapposizione tra schieramenti politici non era soltanto politica, ma ideologica, e divisione globale filosofico-politica dello Stato e dello società, il Pci, parte importante del movimento comunista internazionale che aveva nel Pcus il partito leader e nell'Urss il suo strumento strategico politico-militare, non potesse attenersi ai normali concetti di lealtà verso uno Stato che era strumento dell'opposta visione della società. E fu comprensibile come in Italia si ebbe una divaricazione, direi una duplicazione dei concetti di nazione e di patria. In queste condizioni, che il Pci pensasse a mantenere viva l'alternativa insurrezionale anche di fronte alla prevalente scelta parlamentare, e che si apprestasse ad appoggiare in caso di guerra le forze del Patto di Varsavia, è del tutto comprensibile, anzi naturale».
L’interrogativo
di Cossiga: «Ma perchè continuiamo a parlare di ciò
che appartiene al passato e può essere giudicato solo dalla storia?».