ROMA — «Il ministro della Sanità, avvalendosi di appositi fondi stanziati tempestivamente dal governo, dovrebbe promuovere un programma di test medici da eseguire sul personale tornato dalla Bosnia e dalla Somalia e, successivamente, su quello tornato dal Kosovo». A chiederlo è Falco Accame, presidente dell'Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti. Nel programmare i test bisognerebbe «tener conto prioritariamente dei periodi più lontani per via dei tempi necessari alla manifestazione delle cause di eventuali patologie». A farsi garante dell'idoneità degli esami, continua Accame, dovrebbe essere lo stesso ministro della Sanità: in particolare, la commissione di inchiesta sui test dovrebbe informarsi all'estero, soprattutto negli Usa, «per sapere quali sono gli strumenti e i metodi che possono dare sufficiente affidabilità, visto che in Italia non sono state fatte ad oggi esperienze sul campo».
Secondo
Accame, le commissioni Difesa di Camera e Senato dovrebbero poi approvare
al più presto «modifiche alle disposizioni, completamante
obsolete, che regolano cause di servizio ed equi indennizzi, nelle quali
non sono comprese come cause le possibili contaminazioni da uranio impoverito
anche se il problema è ben conosciuto dall'epoca della guerra del
Golfo cui pure parteciparono reparti italiani senza che allora esistessero
disposizioni protettive».
Nella
foto: Falco Accame