La denuncia: ex paracadutista comasco racconta il suo calvario di sofferenza durato otto anni dovuto a un cancro. «Ora voglio la verità»
LASNIGO (Como), 7 GENNAIO - Altri motivi di inquietudine per l'uso di proiettili all'uranio impoverito giungono dal Comasco. Un ventinovenne ex parà della Folgore, che nella primavera del '91 ha partecipato a una missione nel Golfo Persico è uscito allo scoperto per raccontare la sua drammatica vicenda:. «Ho un tumore dopo la missione in Iraq».
Una manciata di parole, cariche di angoscia, quelle di Walter Cecchettin, che non era ancora ventenne quando partì per l'Iraq. Il giovane abita a Lasnigo, in Alta Vallassina, sopra Erba. Poche case aggrappate come un presepe alle montagne del Triangolo Lariano. Il militare trascorse 73 giorni a Zakhu, al confine con la Turchia, dove stazionarono 500 militari italiani. Pillole di un'esperienza che sembra aver pesantemente segnato il giovane comasco: «Una prima volta nel Golfo ci sono andato a maggio. E ci sono stato due mesi. Poi, dopo una breve vacanza in Iraq, ci sono tornato in agosto».
Una decina di giorni, prima del definitivo ritorno a casa. «I primi sintomi della malattia li ho avvertiti nel marzo ' del '92, sette mesi dopo il rientro». Tumore al sistema linfatico, dopo l'insorgere del male manifestatosi con febbri, mal di testa ed emorragie nasali: «Ma a preoccuparmi sono state soprattutto alcune ghiandole». Era il preludio di un calvario che l'ex parà grazie al conforto della giovane moglie,Elisabetta Bonfanti, sua coetanea e dei familiari ha affrontato con grande coraggio.«Quando sono partito per il Golfo eravamo fidanzati ricorda Walter . Ci siamo sposati nel '97, quando già erano anni che durava il mio calvario. Mia moglie è una donna coraggiosa, sapeva della malattia. Nonostante ciò non mi ha abbandonato».
Poi, è nata Giulia. «Tutto normale, senza seme congelato puntualizza l'ex parà . Giulia ha 28 mesi. E' uno dei motivi per cui ho tanta voglia di vivere». In 8 anni Walter, in cura al San Matteo di Pavia, ha subìto quattro interventi: due all'inguine, uno alla mandibola e uno svuotamento ascellare con perdita della sensibilità a una spalla. Gli hanno asportato 18 linfonodi.
E' stato sottoposto a un trapianto di midollo e tre cicli di chemioterapia. «E' una esperienza che non auguro a nessuno sintetizza così i lunghi anni del calvario . Speriamo che sia finita». Frammenti di ricordi dell'esperienza nel Golfo: «Quando siamo giunti noi non si sparava più. I bombardamenti erano terminati. Ho sempre pensato che il mio male fosse da collegare alla permanenza in Iraq. All'inizio si diceva che era l'effetto dei gas che gli iracheni avevano utilizzato contro i curdi. Ora mi pare che la verità cominci a venire a galla. C'è poi la coincidenza dell'insorgere della mia malattia con il periodo in cui si cominciò a parlare di numerosi militari Usa morti per tumori».
Sinora gli hanno riconosciuto un'invalidità totale al lavoro. E l'ex parà ha deciso di presentare un'istanza alla Difesa: «Intendo chiedere il riconoscimento della causa di servizio». Per sgomberare il campo a qualsiasi dubbio, Walter precisa: «L'obiettivo è fare chiarezza per tutte su cosa è realmente accaduto. Sapere se, come penso, il mio male nasce dalla permanenza nel Golfo. Voglio che dicano a me e agli altri nella mia condizione cosa è realmente successo, prima in Iraq e poi in Bosnia e Kosovo. Perché si eviti che ad altri giovani siano affidate operazioni senza averli messi al corrente dei pericoli cui vanno incontro».
Quando lei parla di «altri nella mia condizione» intende dire altri della Folgore, che come lei sono stati nel Golfo? «Non mi risulta. Il riferimento è a quanto si legge su Bosnia e Kosovo. Come vivo? Beh, dire che vivo alla giornata non è giusto. Certo che dopo tutto quello che ho passato, non posso certo dire che vivo bene. Mi sento una sorta di spada di Damocle sulla testa, anche se mia figlia, mia moglie, i miei familiari mi danno la forza di lottare. C'è anche da dire che ho molta fiducia nei medici». Aggiunge Betti, moglie-coraggio: «Come viviamo questa situazione? Si va avanti, nella speranza che il peggio sia alle spalle. Walter ora sta meglio. Tutti noi siamo fiduciosi. Non può essere diversamente».
dall'inviato Marco Marelli