Roma. L’uranio impoverito? Venne adoperato dagli americani anche in Somalia, durante la missione «Restore hope», alla quale partecipò anche un nutrito contingente italiano. Spunta infatti un documento Usa del 1993 che fissa una serie di test medici per i militari statunitensi impegnati nella missione in Somalia, in caso di esposizione prolungata all'uranio impoverito. Sarebbe questa - secondo Falco Accame, presidente dell'Anavafaf - la prova che questi proiettili furono usati anche allora e che gli Usa erano consapevoli dei rischi. Si tratta di una circolare del comando logistico delle Forze armate Usa - resa nota dallo stesso Accame - che porta la data dell'8 ottobre 1993. Inviata ai comandi statunitensi in Somalia, ha come oggetto la «contaminazione da uranio impoverito». Diverse le situazioni a rischio elencate. Tra queste, respirare il «fumo che deriva dall'incendio di mezzi che trasportano armi all'uranio o di depositi in cui le munizioni all'uranio sono conservate». In questi casi, la circolare prescrive il test delle urine e anche una serie di esami sulla mascherina respiratoria eventualmente indossata.
«È
la prova - spiega Accame - che gli Usa utilizzarono i proiettili all'uranio
anche nella missione ”Restore hope” del 1993 in Somalia. Se nel comdando
interforze ha funzionato tutto a dovere, anche gli altri paesi dovrebbero
essere stati avvertiti, Italia compresa». A questo proposito Accame
afferma che un «sospetto di contaminazione da uranio sorse anche
nel nostro Paese, in seguito alla morte di Marco Mandolini», il capo
scorta del generale Bruno Loi, comandante del contingente italiano in Somalia.
Mandolini - maresciallo della Folgore - si ammalò al ritorno dalla
missione nel 1994. «Sulla sua malattia si fecero varie ipotesi -
dice ancora Accame - si parlò di vaccino sbagliato, emoderivato
scaduto, Aids». Il militare fu poi trovato morto il 13 giugno 1995,
sulle scogliere di Livorno. Fu ucciso con 40 coltellate e un colpo in testa
dato con una pietra di 25 chili. Il colpevole non è mai stato trovato.
«Mio fratello era malato. Stava indagando su due colleghi che avevano
una malattia strana e che hanno avuto una morte strana. Lui era malato
e ci disse queste cose dieci giorni prima di morire», ha detto ieri
Flaviano Mandolini, fratello del parà Marco. «Quando hanno
tirato fuori la storia dell' uranio impoverito ci abbiamo pensato. Adesso
cominciamo a crederci», ha aggiunto Flaviano Mandolini. Mandolini
ha rinviato al suo avvocato qualsiasi iniziativa per riaprire l'inchiesta
ormai archiviata.