D’Alema
soldato D’Alema scrittore Ci voleva un comunista, un ex comunista, per
fare quella rapida macelleria balcanica, farla al minor prezzo possibile,
farla come una crociata del dopo-storia e del moderno, farla per cronometrare
le lancette dell’integrazione europea sull’orologio del grande fratello
nordamericano, farla per dare l’occasione ai figli pentiti del Pci di dimostrarsi
all’altezza del tappeto atlantico su cui, quei figli avventurieri sventurati,
distesero tutte le loro rinsecchite ambizioni. Ci voleva il Massimo della
dissipazione post-comunista, per fare bombardamenti di classe: ci voleva
dunque una “new entry” stalinista nel salotto buono di ciò che una
volta chiamavamo imperialismo. Lo capì a volo Cossiga e lo disse
a quelli d’oltreoceano. Ci voleva Massimo D’Alema per farla, questa sporca
guerra di fine secolo e di inizio millennio. Forse lo stesso avvento del
governo shakesperiano di D’Alema fu una sorta di investitura statunitense
e di premonizione bellica mirata al Kosovo. Un complotto da anni cinquanta,
con quel Cossutta che reinterpreta la cortina di ferro ma dall’altra parte
della cortina, con i nostri cieli e le nostre terre che sono rampe missilistiche
e gradini di scale del Re di New York e della Regina di Denari. La nostra
sovranità fu delineata, nei suoi confini e nei suoi contenuti, nel
celebre “Trattato del Cermis”: e D’Alema fece come Alice, attraversò
lo specchio, il Paese delle meraviglie a uranio impoverito gli si schiuse
come una romantica avventura. Lui la guerra la fece con determinazione
marziale, con la retorica supplementare del neofita, con sovrabbondanza
di supporti ideologici nonostante i tempi post-ideologici, la fece difendendo
gli attaccanti, contro l’Italia e contro la Costituzione, complici tutte
le supreme autorità dello Stato e un Parlamento ridotto ad una penosa
caricatura. Noi fummo, nello sprezzo organizzato dall’insieme dei mass-media,
l’unica voce di partito che praticò l’opposizione alla guerra e
al suo corredo di tecnologica seminagione di morte. La morte la vedemmo
anche nell’inquinamento del Danubio, nell’uso cinico di veleni radioattivi,
in quell’economia distruttiva che vende armi e know how e compra droga
e ignoranza. Ci avete irriso: voi del centro-sinistra, quel D’Alema superbo
come una rana che si crede un bue, quelli della grande stampa e del piccolo
schermo in gara a sparare proiettili umanitari. I fascisti e le destre
erano con voi, quasi spiazzati dal vostro rambismo atlantico. Noi fummo
sconfitti dalla guerra e dalla propaganda. Il Presidente del Consiglio
d’allora, quello Massimo, scrisse un libro, un diario di guerra, una sorta
di abbecedario della sinistra che muore e risorge a destra. Non ebbe vergogna.
Oggi, ogni volta che, lontano dagli spari e dal sangue, muore uno dei nostri
soldati, io penso a D’Alema: io invece mi vergogno...