La Repubblica, 4 febbraio
Indios in rivolta contro il dollaro
Ecuador, marcia sulla capitale. Il presidente chiama l’esercito
In settemila occupano l’Università cinta d’assedio dalle teste di cuoio. Proteste in tutto il paese per l’abolizione della moneta nazionale
http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010204/esteri/22esamazz.html
OMERO CIAI

Un anno fa hanno travolto il presidente Jamil Mahuad, oggi vogliono cacciare il successore. Gli indios dell’Ecuador sono in marcia contro il dollaro, da poco più di due mesi nuova moneta nazionale. Sono scesi dalle montagne verso la capitale e per fermarli, un capo dello Stato impaurito e debole, non ha trovato altra soluzione che affidarsi all'esercito. Ieri ha decretato lo stato d'assedio in tutto il paese senza, per ora, riuscire a domare la protesta. A Quito settemila indios hanno occupato l'Università che nelle ultime ore è stata circondata dai militari; e lungo la Panamericana, nel tratto che unisce l'Ecuador al sud della Colombia, i manifestanti la hanno interrotta in molti punti da tronchi d'albero distesi sull'asfalto.

Lo stato d'emergenza che sospende i diritti civili e apre la strada all'intervento delle Forze armate, è stato imposto da Gustavo Noboa dopo il fallimento dei negoziati con la più importante delle organizzazioni politiche degli indios, la Conaie, guidata da Antonio Vargas. Il movente della nuova rivolta sono gli aumenti generalizzati dei prezzi benzina +100%, trasporti +75%, gas domestico +50% ma il vero obiettivo della Conaie è l'annullamento della dollarizzazione decisa un anno fa da Mahuad e applicato da Noboa che ha abolito alla fine dell'estate scorsa il sucre, la moneta nazionale. Devastato da una lunghissima crisi economica e finanziaria nel 1999 l'inflazione ha toccato il 355 percento l'Ecuador è diventato l'unitàpilota di un vecchio progetto di Domingo Cavallo, ex ministro dell'Economia argentino e gran consigliere del governo di Quito: sostituire le deboli monete nazionali del Sud America con il dollaro e agganciare le sorti delle traballanti finanze locali alla Federal Reserve.

La misura non ha sortito granché: l'inflazione è ancora altissima 91percento, il costo del denaro pure. Così gli indios, che sono il 40% dei 13 milioni di abitanti dell'Ecuador, sono tornati a Quito come un anno fa, quando costrinsero Mauhad a lasciare il potere. Il loro leader è ancora Antonio Vargas, un contadino dell'Amazzonia di 41 anni. Vargas presiede la Conaie, l'organizzazione del potere indio che unisce la maggior parte delle 28 nazionalità indigene e si batte per i diritti politici dell'altra metà del paese. In Ecuador gli indios sono la parte più colpita della popolazione dalla crisi e dai recenti aumenti del costo della vita. Ma la loro rivolta viene da lontano. Dediti soprattutto all’artigianato e alla agricoltura sono in agitazione da una decina d’anni. Nel 1992, con una straordinaria marcia di 12 giorni fino alla capitale, ottennero la restituzione di oltre duemila ettari di terra dell’Amazzonia. Due anni più tardi, con lo stesso metodo, ottennero la legge per la riforma agraria. Nel ‘97 riuscirono a far cambiare la Costituzione. L’anno scorso hanno cacciato il presidente. Si organizzano sempre nello stesso modo, dandosi appuntamento dai villaggi della sierra amazzonica nella capitale. Marciando bloccano con i tronchi d’albero la principale via di comunicazione del paese, cioè la Panamericana.

Ma questa volta il presidente Noboa, memore della lezione delle destituzione di Mahuad, ha scelto la linea dura nella speranza che mandando in piazza i militari, gli indios accettino di tornare a più miti consigli. La scommessa è pericolosa. Perché gli indios si sentono forti: ogni volta che sono arrivati fino a Quito hanno ripreso la via del ritorno solo dopo aver ottenuto quello che chiedevano.

Atteggiamento che confermava ieri il leader Antonio Vargas: "non ce ne andremo", ha detto. Intorno all’Università il Politecnico salesiano dove sono accampati in settemila il presidente ha fatto schierare le teste di cuoio dei corpi speciali dell’esercito. Sono un centinaio, appostati ai quattro lati dell’edificio racconta l’agenzia France Presse da Quito. L’intervento è imminente?



Commento: la megatruffa delle banche centrali non durerà a lungo. La finanza delle piramidi di carta è arrivata alla frutta.