MILANO (r.b.) - Sui danni provocati all'organismo umano dall'uranio impoverito, abbiamo chiesto un parere al direttore scientifico dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, Natale Cascinelli, che dirige il "Progetto Melanoma" dell'Organizzazione mondiale della sanità. Professore, che rischi ci sono per i militari esposti a queste radiazioni?
"È un problema complesso, che gli studiosi hanno iniziato a prendere in esame dopo la bomba di Hiroshima, riscontrando un aumento di tutte le forme tumorali. Dopo la Bosnia, non si può escludere che casi di leucemie e di linfomi siano da collegare proprio all'esposizione a radiazioni da uranio impoverito".
È sufficiente, per ammalarsi, l'effetto di una sola radiazione?
"Per provocare degli effetti nocivi, bisogna che la quantità di radiazioni sia particolarmente consistente, comunque superiore alla media, e che l'esposizione alle radiazioni sia prolungata nel tempo".
Dopo quanto tempo cominciano a manifestarsi i primi sintomi della malattia?
"Anche dopo quattro, cinque anni".
Nel
caso di Rinaldo Colombo, il carabiniere deceduto per un melanoma cutaneo,
si può ritenere che siano state le radiazioni di uranio impoverito
la causa della malattia? "Non si può escludere del tutto. Però
nel caso di un melanoma cutaneo, che solitamente ha altre cause, come l'esposizione
al sole per esempio, è difficile, anzi, è piuttosto improbabile
che sia colpa dell'uranio impoverito. Il melanoma non rientra infatti tra
le cause specifiche delle malattie provocate dall'uranio, i rischi più
grossi riguardano soprattutto leucemie e linfomi".