Un’interpellanza urgente al ministro Veronesi dopo le voci sui pesanti sabotaggi operati a danno della terapia anticancro del professor Luigi Di Bella. L’hanno presentata un pugno di deputati, primo firmatario Alessandro Cè (Lega), e Giancarlo Pagliarini per chiedere in sostanza una nuova e più seria sperimentazione. La risposta data dal governo per bocca del sottosegretario alla Sanità, l’Ombretta Fumagalli Carulli, è stato agghiacciante, tanto che alla fine Alessandro Cè ha così controbattuto: «La risposta che avete dato oggi è l’ennesima negazione della possibilità di una speranza che, invece, quella gente dovrebbe avere. Per avere una speranza, era necessario che la sperimentazione si fosse svolta correttamente: oggi avreste dovuto dare una risposta diversa, che perlomeno aprisse alla possibilità di sperimentare di nuovo, nel prossimo futuro, o di utilizzare quelle cure. Alcuni possono ritenere quelle cure come palliativi, ma danno risultati: signor sottosegretario, vada a verificarli sul campo». Cosa aveva detto l’Ombretta? Aveva sostanzialmente smentito qualsivoglia irregolarità, errore e magagna compiuta nel corso della sperimentazione, perfino quelle ammesse a denti stretti dallo stesso Istituto Superiore della Sanità.
Arrampicandosi sui vetri con abilità tutta politica, il sottosegretario ha confutato Nas e Iss: non è vero che i farmaci somministrati ai malati di cancro all’epoca fossero scaduti o andati a male, giacché - secondo il governo - quello di scadenza è un concetto molto particolare e difficilmente maneggiabile. La Carullli ha anche smentito che la letteratura mondiale contenga notizie favorevoli all’uso antitumorale della somatostatina e degli altri componenti la multiterapia Di Bella e ha ribadito più volte che la sperimentazione fu regolare, fatta con tutti i crismi e supervisionata da chi di dovere. Ovviamente la risposta non è piaciuta a Cè, primo firmatario dell’interpellanza. «Non c’era nessuna urgenza; bisognava fare le cose seriamente e non come le ha fatte il Governo di allora. Bisognava farle seriamente, perché non è possibile pensare che si possano somministrare dei farmaci a malati, spesso terminali, quando non si conoscono bene né gli effetti di questi farmaci né, ad esempio, la tossicità dell’acetone, sottolineata a livello internazionale in ogni sede. Questa è massima irresponsabilità, che non è assolutamente giustificabile, anche da questo punto di vista».