Uranio impoverito, i proiettili della paura
(Corriere della Sera, 15 gennaio)
http://www.corriere.it/speciali/uranio.shtml

L'ANIMAZIONE
Gli effetti dei colpi all'uranio impoverito

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di Sergio Romano
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Uranio impoverito. Tutto il mondo ne parla. Perché? La parola uranio è capace di evocare i terribili effetti della radioattività: il minerale, opportunamente trattato (arricchito) è infatti utilizzato nelle centrali atomiche o nella produzione di armi nucleari. L'uranio impoverito è invece il prodotto di «scarto» di questa lavorazione, il fratello «povero», appunto. Ma non meno micidiale. Utilizzato a partire dagli anni Settanta per rivestire proiettili e missili non nucleari, è in grado, per la sua alta densità, di conferire un potere di penetrazione letale. Una corazza di carro armato colpita da un proiettile all'uranio viene «liquefatta» come se fosse un panetto di burro sfiorato da un coltello incandescente.

UTILIZZATO SOLO DALLA NATO - Mai impiegati prima degli anni Novanta, i proiettili all'uranio impoverito hanno avuto il loro «debutto in battaglia» durante la Guerra del Golfo del 1991. Le forze statunitensi ne spararono circa 944 mila in Iraq e Kuwait. In seguito, la Nato li ha impiegati ancora in due occasioni: 10 mila nel corso di bombardamenti in Bosnia, nel 1995; e circa 31 mila nel conflitto in Kosovo, nel 1999.

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EFFETTI MICIDIALI - Agli effetti micidiali sulle corazze dei carri armati, si sono aggiunti quelli, ancora ipotetici, ma non meno allarmanti, sull'uomo. Dai tempi della Guerra del Golfo, infatti, diversi soldati si sono misteriosamente ammalati. Per le associazioni civili e di reduci, i motivi vanno ricercati nella radiottività rilasciata nell'atmosfera (in forma di polveri) dall'impatto del proiettile all'uranio impoverito. Per la Nato e anche l'Oms, non c'è alcuna relazione tra la malattie che hanno colpito i militari e i proiettili. Fatto sta che, solo in Italia, sono otto, finora, i casi di morte per leucemia di reduci dai Balcani. Ma ci sono almeno altri dieci casi «sospetti».

POLEMICA - La polemica infuria mentre la Nato respinge la proposta italiana di moratoria nell'utilizzo dei micidiali proiettili all'uranio impoverito. Il rischio è che la polemica sia strumentalizzata per fini «politici interni», tutti italiani, come ha segnalato il quotidiano tedesco «Die Welt», citando fonti Nato anonime. Così facendo, però, si favorisce una contrapposizione tra il nostro Paese e le capitali «forti» dell'Alleanza atlantica. Che non aiuta certo nella ricerca della verità, del perché così tanti soldati, selezionati anche in base al vigore fisico, siano morti, colpiti da una malattia senza speranza. Qualche numero per intenderci. I militari italiani che hanno prestato servizio nei Balcani sono 60 mila. I civili delle varie organizzazioni umanitarie sono invece 15 mila. Come dire, 75 mila persone che potrebbero essere state esposte a rischi non calcolati. E che ora hanno paura.

Paolo Salom