Berlino. Nuove rivelazioni sull'uso dei proiettili all'uranio impoverito: il settimanale tedesco «Der Spiegel» sostiene che gli Stati Uniti fecero uso di queste munizioni già durante l'operazione «Restore Hope», l'intervento multinazionale in Somalia di otto anni fa. La testata di Amburgo pubblica il contenuto di un ordine di servizio per le truppe americane, datato ottobre 1993 e proveniente dal quartier generale di Washington, nel quale si metteva in guardia il personale medico sui casi di soldati che fossero «rimasti esposti in misura insolitamente massiccia all'uranio impoverito». Il settimanale precisa che un tale avvertimento lascia presumere l'uso effettivo di proiettili all'uranio, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso. Nella nota inviata alle truppe Usa si specifica inoltre che, a dover essere sottoposti a un trattamento, erano tutti i soldati i quali avessero «respirato polvere di uranio impoverito» o le cui «ferite» fossero state «contaminate da polveri di uranio o da frammenti» del medesimo. La stessa cosa valeva per i militari che si fossero «soffermati in mezzo al fumo» di veicoli incendiati o di depositi ove erano depositate munizioni all'uranio impoverito; come pure per chiunque avesse «messo piede in un edificio o su un veicolo» colpiti da proiettili contenenti sempre l'uranio.
La rivista aggiunge poi che, mentre le unità Usa erano state avvertite dei pericoli ai quali potevano andare incontro, a rimanere all'oscuro di tutto erano state sia le Nazioni Unite sia i contingenti degli altri Paesi partecipanti alla missione di pace. Il generale tedesco Helmut Harff, all'epoca osservatore in Somalia e successivamente comandante delle truppe inviate dalla Germania in Kosovo, ha assicurato allo «Spiegel» che quando era in Somalia a lui «non fu detto nulla, nè dagli americani nè dal mio stesso governo»; anche durante l'intervento in Kosovo l'uranio, ha puntualizzato Harff, «non è mai stato una questione» di cui «i comandanti» fossero messi a parte.
Dall’Italia
arrivano nuove accuse. A parlare questa volta è il direttore nazionale
dell'ANPA (Agenzia Nazionale di Protezione dell'Ambiente) Giovanni Damiani
sottolineando che l'Uranio impoverito, pur nella sua debolezza, è
da ritenersi inaccettabile come rischio aggiuntivo per le popolazioni.
E in ogni caso «L'Uranio impoverito a causa della sua bassa radioattività
da solo non spiega quanto accaduto», ossia non può essere
considerato l'unico elemento che avrebbe determinato i casi di leucemia
tra i militari che hanno operato nella ex Jugoslavia. In tal modo si corre
«il rischio di avere individuato la causa nel fattore più
”semplice” ed appariscente che può distrarre dalla ricerca effettiva
della verità». Damiani ha ricordato che l'ANPA, in quanto
Autorità di Sicurezza e Radioprotezione, ha svolto e svolge attività
di ricerca dati in Kosovo. «L'indagine da condurre - ha spiegato
Damiani - non deve escludere nulla e deve essere eseguita accuratamente
a 360 gradi».