l'Unità, 13/06/2001
Intervista a Giorgio Bocca di Rinaldo Gianola
La sinistra e i valori perduti
http://www.unita.it/interviste/bocca.asp

MILANO Si va da Giorgio Bocca per discutere di questa sinistra sofferente. Il giornalista ha superato gli ottant’anni e coltiva il gusto e la passione di osservare le cose del mondo. Vive in una stanza ridondante di libri e di ricordi e, forse, proprio per questo la conversazione parte dalla memoria. 

«Io ho conosciuto i comunisti, nel bene e nel male. Ma non sono mai riuscito a capire la generazione di dirigenti che ha guidato il partito dopo la svolta della Bolognina. Mi è sempre parso che, assieme al nome comunista e al legame storico con l’Unione Sovietica, i nuovi capi volessero cancellare anche la memoria e l’orgoglio dei valori della sinistra. Come se avessero fretta di rimuovere, in nome di una presunta modernità, tutto il loro passato, la loro storia».

Bocca, forse pensavano che una sinistra moderna e riformatrice non potesse più guardarsi indietro, che dovesse guardare al futuro, emulare esperienze europee...

«Ma va. Il problema è che questi dirigenti, come li vedo io, sono molto diversi dai comunisti, dai loro padri. Prendiamo un episodio disgustoso di questi giorni: forse le accuse di Velardi ai suoi ex amici possono avere anche un fondo di verità, ma ti sembra il modo di parlare, di accusare i tuoi compagni, in un momento così difficile? Ma questo, nella sua miseria, è un caso emblematico. Com’è possibile, mi chiedo, che un dirigente politico come D’Alema si sia circondato di un gruppo orrendo con i Velardi e i Rondolino?». 

Non ti piace D’Alema?

«No. Qualche anno fa la Mondadori mi invitò a una Festa dell’Unità a Reggio Emilia per presentare un libro di D’Alema. Quando arrivo lì mi trovo davanti Maurizio Costanzo. Capisci? Costanzo. Un brasseur d’affaire della televisione con il leader della sinistra italiana. Rimasi colpito. Devo dire la verità: la gestione politica di D’Alema mi ha ricordato Craxi, si usa Palazzo Chigi per tessere relazioni di potere e di affari. Poi non bisogna offendersi se qualcuno paragona il governo a una merchant bank». 

Troppo pragmatico, troppo freddo?

«I comunisti erano campioni di pragmatismo. Togliatti era una maestro delle mediazioni, ma lui i compromessi li faceva col Papa e con De Gasperi. Adesso il livello politico è quello della Bicamerale con Berlusconi. Questa è la differenza. Lo ammetto: io faccio fatica a seguire e a capire questi dirigenti della sinistra. Mi sembra che abbiano cambiato il Dna».

Perchè?

«Uno va a fare il sindaco, un altro pensa al suo collegio elettorale, qualcuno si dedica agli affari. Possibile che un patrimonio di valori e di esperienze come quello della sinistra storica italiana debba essere abbandonato, trascurato, sacrificato a interessi prevalentemente personali? A me sembra impossibile. Per un dirigente politico il comportamente personale, i valori che esprime in pubblico sono importanti, creano consenso oppure opposizione». 

Che cosa vuoi dire?

«Voglio dire che certe modernità come la barca, le comodità o i lussi espliciti, forse, bisognerebbe che restassero nella sfera privata. Anche Togliatti si permetteva delle comodità che non si potevano permettere gli operai o gli iscritti al Pci, ma non per questo le ostentava in pubblico».

Natta, nella sua ultima intervista, diceva che gli errori fatti sono tali che pare esserci un “cupio dissolvi” della sinistra, quasi una forza autodistruttrice...

«La sinistra è stata importante in questo Paese, non si può far finta di niente. Stiamo parlando di milioni di cittadini, di lavoratori, del partito Comunista, un pezzo di storia. A noi vecchi del partito d’Azione ci hanno sempre accusato, anche adesso ci accusano, di essere stati troppo teneri con i comunisti. Ma io dico che se non c’erano i comunisti non ci sarebbe stata la lotta di Liberazione e, soprattutto, nel dopoguerra non si sarebbe consolidata la democrazia nel nostro Paese. Questi sono i fatti, questa è un’eredita che i dirigenti della sinistra non possono trascurare».

Scusa Bocca, ma ci sarà qualcuno che ti piace in questa sinistra pur malmessa.

«Apprezzo uno come Fassino. Dice delle cose ragionevoli, non è un massimalista, fa ragionamenti adatti a questi tempi. Soprattutto si capisce che viene dai comunisti torinesi, non si vergogna del suo passato, mantiene quella moralità e quel comportamento di chi conosce gli operai e la durezza del lavoro. Un altro bravo è Chiamparino, anche lui torinese. Non lo so: forse il fatto che a Torino ci siano ancora le fabbriche e gli operai è importante per la formazione dei dirigenti della sinistra. Bisognerebbe andare in giro a parlare con questa gente di Torino...».

Questi uomini della sinistra ti sembrano molto diversi da quelli che hai conosciuto tu? Chi erano i comunisti che frequentavi?

«Ogni tempo ha i suoi uomini. Non si possono fare paragoni. Io sono stato molto legato a Longo, per via della guerra partigiana, ero amico di Terracini. E, poi, altri, anche quei comunisti che mi aiutarono a scrivere il mio libro su Togliatti. Uno tremendo, invece, era Secchia, un vero stalinista. Con lui ho avuto una brutta esperienza».

E adesso, Bocca, la sinistra?

«Anche se la sinistra oggi è messa male, c’è bisogno e ci sarà bisogno in futuro di una sinistra forte. Soprattutto ora, con Berlusconi al governo. Vedi la sinistra è stata moderna, come si dice oggi, per molti anni. Quando andavo in giro per l’Italia mi sembrava che l’Emilia Romagna, che città come Carpi, avessero trovato un modello di sviluppo perfetto. Intendiamoci: un modello capitalistico, ma governato dai comunisti. Un meccanismo fantastico, con i sindacati trasformati in associazioni di produttori. Scrivevo che gli emiliani erano i migliori capitalisti di questo Paese: sapevano fare gli affari e rispettavano il lavoro».

Torniamo a Berlusconi.

«Io la vedo così: Berlusconi guida un governo di fascisti che farà gli interessi del grande capitale. Ci vuole uno con la faccia di bronzo come Agnelli per dire che questo è un governo autorevole e solido. Agnelli ci ha messo i suoi ministri, si è speso personalmente. Chiederà il conto a Berlusconi che ha anche l’appoggio di Fazio». 

Che cosa ti aspetti?

«Visti i ministri, niente di buono. Ma come si fa a mettere Bossi alle riforme istituzionali, uno che vuole distruggere l’Italia? E Castelli, che faceva le marce contro i magistrati, alla Giustizia? E Gasparri alle Comunicazioni? E un vandalo come Matteoli all’Ambiente? E’ uno scandalo».

Dove andrà a finire questo governo di centro-destra?

«C’è un evidente tentativo di colpire i sindacati e il mondo del lavoro. La Confindustria e Berlusconi sono d’accordo, lo hanno già detto a Parma. Tremonti, che pensa di essere una specie di Keynes del 2001, farà i soliti provvedimenti a favore delle imprese e penalizzerà i lavoratori. Quando parlano di flessibilità pensano solo a una cosa: libertà di licenziare. Al capitale non basta la libertà di cui già dispone, vuole di più. Già oggi i cosiddetti nuovi lavori sono più duri e meno garantiti di un tempo. I ragazzi vengono assunti per pochi mesi, con pochi quattrini e poi vengono cacciati. Tanto fuori c’è la fila. Le imprese se ne fregano».

E il sindacato, che ruolo può avere in questo momento?

«I sindacati sono in una posizione difficile, temo che nel governo Berlusconi e nella Confindustria ci sia qualcuno che voglia fare la guerra contro i sindacati, come fece la Thatcher. Ti ricordi? La Thatcher voleva distruggere i sindacati, usava la polizia, gli arresti. Se Berlusconi seguisse una politica del genere si aprirebbe un periodo molto delicato per il nostro Paese».

Abbiamo detto che la sinistra non sta bene, che i suoi dirigenti hanno fatto molti errori, ma di una sinistra ci sarà pur bisogno oppure no?

«Pur in un momento così difficile penso che la sinistra abbia una grande opportunità per riscoprire, con orgoglio e passione, i suoi valori. Ritengo che una sinistra nuova possa ripartire da due temi: il rispetto dell’ambiente di fronte a un capitalismo predatore, irresponsabile che distrugge le risorse del pianeta; la difesa dei diritti dei lavoratori che mai come oggi sono minacciati. Da qui, da queste cose concrete penso che si possa tornare a fare una politica seria, semplice, per la gente» .