Unione Sarda, 03 gennaio 2001
PRIMA PAGINA
CRONACA ITALIANA
Tra croci e colpevoli silenzi
La seconda guerra del Kosovo
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di Mauro Manunza

Macabro bollettino di guerra kosovara: i soldati di pace che non sono stati uccisi dai proiettili più o meno vaganti muoiono al rientro in patria a causa delle invisibili scorie dei proiettili occasionalmente (e inevitabilmente) assunte dall’organismo. Si tratta di un pulviscolo divenuto ambientale, che si respira con l’aria, si mangia con i cibi, si assorbe attraverso i pori toccando e perfino lavandosi. Avremmo dovuto saperlo fin dalla guerra del Golfo, del cui avvio fra qualche giorno ricorre l’inglorioso decennale: quasi un settimo dei 697 mila militari statunitensi che avevano combattuto contro il Kuwait fu poi colpito da un misterioso male chiamato Gws (Golf War Syndrome) e attribuito all’impiego delle armi chimico-batteriologiche e all’uranio impoverito. Non ci facemmo caso perché i reduci erano “altri”. Non ci badammo perché della stessa sindrome massicciamente abbattutasi sulla popolazione irakena nessuno diede notizia. Ora tocca a noi. E dell’uranio impoverito, dell’uso che se ne fa sui campi di battaglia, degli effetti letali che produce sappiamo ormai tutto (o quasi). Da fonti Nato si ricava che nei dieci mesi dell’operazione Kosovo le forze di controllo occidentale hanno sparato circa 31 mila proiettili all’uranio impoverito, che significano qualcosa come dieci tonnellate di quella materia radioattiva sparse nel territorio “tutelato”. Medici, periti, militari e governanti perdonino il nostro linguaggio poco tecnico e tantomeno scientifico: è sicuramente impoverito rispetto a quel che loro dicono con parole invece arricchite di alta specializzazione nonché, spesso, di cortine fumogene. Chissà cosa spiegherà al Parlamento la commissione di esperti chiamata a riferire - fra un paio di settimane - sull’inquietante vicenda. Vorremmo soltanto un po’ di chiarezza in più rispetto al caso della mucca pazza. Sappiamo già che una rondine non fa primavera e che perciò sei reduci (ma solo sei?) uccisi dalla leucemia non fanno automaticamente “isotopo radiattivo”. Sappiamo che la scienza non può fondare le sue ragioni su dati esclusivamente statistici (anche se la campagna antifumo si basa sulle statistiche più che sulle provette). E sappiamo pure che la scienza non è esatta, non lo è mai: una conoscenza di oggi può essere smentita e ribaltata dalla scoperta di domani.

Detto questo, e considerato che le strane coincidenze non riguardano soltanto il contingente militare italiano ma preoccupano altre uniformi alleate, vorremmo che i vertici del nostro paese imponessero piena luce sulla nostra Kws (Kosovo War Syndrome) e facessero piazza pulita di chi nelle alte sfere militari, scientifiche, politiche e amministrative non sapeva, o ha fatto finta di non sapere, o non ha informato pur sapendo, e comunque non ha attuato le opportune misure per evitare il peggio ai nostri soldati. E non solo a loro. Che dire dei volontari civili? E delle popolazioni che siamo andati a controllare e proteggere?