18 dicembre 2000
Unione Sarda
PRIMA PAGINA
L’ipocrisia sulle missioni
Vittime di guerra non di pace
http://www.unionesarda.it/unione/2000/18-12-00/prima%20pagina/prims/a02.html
di Alessandro Corneli

Una settimana fa, compiaciuto, Massimo D’Alema ricordava, a un convegno promosso dalla Fondazione Italianieuropei, ereditata da Giuliano Amato, e di cui è presidente, il momento eroico in cui, da Palazzo Chigi, decise la partecipazione italiana all’operazione “di pace” di liberazione del Kosovo. Ad ascoltarlo, tutto il gotha militare e il ministro della Difesa, Sergio Mattarella. Adesso quell’operazione, che di pace non era, ma di guerra vera e propria, presenta il conto di risvolti umani, militari e politici assai gravi. Dopo le prime ammissioni da parte dell’Esercito sui casi rivelati da questo giornale dei decessi di due militari italiani che avevano partecipato alla missione e che fanno pensare a contaminazioni derivate dall’impiego di proiettili ad uranio impoverito, il ministro Mattarella, da Modena, ha detto che “non c’è nessun motivo di allarme”. Ma questo non elimina alcuni problemi di fondo. Il decisionismo dell’allora premier D’Alema fu così politicamente motivato da trascurare alcuni aspetti per la tutela della salute dei nostri soldati? I nostri soldati furono adeguatamente avvertiti dei pericoli cui potevano andare incontro e forniti di tutti i mezzi precauzionali? O, come al solito, furono “mandati in Grecia” con le scarpe di cartone e le divise estive per “spezzare le reni” al nemico di turno? Qual è il livello di informazione agli alleati cui si attengono comandi della Nato?

Purtroppo, se le cause di morte verranno identificate nel senso indicato, emergerà ancora una volta la strumentalizzazione che il potere politico ha sempre esercitato nei confronti delle Forze Armate per “fare scena” in campo internazionale, mettendo da parte il rispetto dei valori umani e dei diritti inalienabili dei soldati e delle loro famiglie, facendo balenare il compenso economico per le missioni, tra l’altro corrisposto con i soliti ritardi, vantando l’efficienza e rivendicando un ruolo primario dell’Italia nelle sedi internazionali.

Non è questa una buona premessa per l’avvio del servizio militare volontario, che è stato presentato, proprio dal ministro Mattarella, come “una grande opportunità di lavoro” al termine degli otto anni di servizio. Definire operazioni di pace quelle che sono operazioni di guerra, camuffare un servizio militare volontario in una corsia preferenziale per ottenere poi un’occupazione definitiva, nascondere o sottovalutare i pericoli non sono comportamenti degni di uno Stato. Perché qui è in gioco la credibilità dello Stato. Forse il Quirinale avrebbe qualcosa da dire e richiamare tutti, ancora una volta, al rispetto rigoroso delle leggi.



Confermate le anticipazioni dell’Unione sui militari sardi vittime della radiazioni
Uranio, l’Esercito ammette: sono tre i soldati contaminati
http://www.unionesarda.it/unione/2000/18-12-00/CRONACA%20REGIONALE/ITA01/A01.html

Ci sono altri due casi di malattie sospette che riguardano militari sardi che sono stati in missione nei Balcani. La notizia, questa volta, è di fonte ufficiale: Esercito italiano, colonnello Giuseppe Valentino, capo dei servizi sanitari militari regionali. «Ma, per ora, non ne conosciamo l’origine, stiamo esaminando i casi», ha precisato ieri l’ufficiale nel corso di una conferenza stampa convocata in tutta fretta dal Comando militare della regione Sardegna.

Ma nel giorno delle mezze smentite e delle parziali conferme emerge un’altra notizia sconvolgente. Secondo il maresciallo Domenico Leggiero, dell’Osservatorio nazionale per la tutela delle Forze armate, c’è un altra vittima tra i militari che sono stati in missione in Bosnia-Erzegovina, nella stessa zona dove si trovavano Andrea Antonaci e Salvatore Vacca, i due soldati morti per leucemia: è un militare romano della Croce Rossa, anche lui deceduto a causa della stessa malattia. Anche questa un’ennesima fatalità? «Attualmente non possiamo sostenere che c’è una relazione tra le presunte radiazioni di uranio e una leucemia. Allo stato delle attuali conoscenze è improbabile, ma non possiamo escluderlo», ha sottolineato Valentino. Secondo l’epidemiologo Giuseppe Sechi, invece, «ci può essere un fattore di rischio che deve essere individuato».

Ma torniamo ai casi del militare ricoverato in una struttura sanitaria cittadina e alle due nuove segnalazioni. «Stiamo seguendo con attenzione un paziente che è stato ricoverato in un ospedale cagliaritano a causa di una patologia dell’apparato immunitario», ha rivelato il colonnello medico.« La diagnosi non esclude la leucemia, ma gli accertamenti devono essere completati. In questo momento», ha aggiunto, «stiamo esaminando altri due casi: quello di un paziente affetto da una patologia simile con implicazioni cutanee e quello di un altro su cui sono stati riscontrati disturbi aspecifici, che al momento non ci consentono di formulare una diagnosi precisa». Comunque stiano le cose, «non bisogna creare allarmismo», ha sottolineato più volte il generale Angelo Lunardo, comandante della Regione militare Sardegna, «perché i familiari dei nostri ragazzi impegnati nelle missioni internazionali hanno già manifestato preoccupazione, che in questa fase ritengo ingiustificata. Questo non significa che non siamo vicini alle famiglie dei ragazzi che sono morti. Il caso di Salvatore Vacca», precisa, «dal punto di vista umano è di una gravità immensa». Ma le zone dove operano i militari italiani sono contaminate dall’uranio o no? La risposta di Mauro Moscatelli, comandante della Brigata Sassari, è un capolavoro di diplomazia. «Non mi è dato sapere se sono state usate armi all’uranio impoverito nei territori dove sono operativi i nostri soldati». Simile la risposta di Lunardo: «Non ho elementi per sostenerlo». Poco prima, tuttavia, il colonnello Salvatore Boetto aveva spiegato che i proiettili anticarro utilizzati da Stati uniti, Francia e Gran Bretagna contengono il micidiale metallo. Ma la conferma ufficiale viene dal ministero dell’Ambiente. Secondo una ricerca rivelata dal sottosegretario Valerio Calzolaio, circa la metà dei 31.500 proiettili all’uranio impoverito sparati in Kosovo sono caduti nella zona di competenza del contingente italiano. Il generale Lunardo glissa e predica prudenza a oltranza: «I nostri militari sono comunque informati di tutti i pericoli, e non da oggi, ma da sempre. Nelle zone dove operiamo ci sono le squadre speciali “Nbc”, che si occupano della bonifica di tutti gli agenti inquinanti. Inoltre tutti gli uomini vengono sottoposti ad una profilassi e sono costantemente seguiti dai medici». I vertici militari sardi, insomma, gettano acqua sul fuoco. Ma quattro morti fanno statistica. E paura.

Fabio Manca
Walter Falgio



Lettera dal ministero
La Difesa insiste: «La sindrome dei Balcani non c’è»
http://www.unionesarda.it/unione/2000/18-12-00/CRONACA%20REGIONALE/ITA01/A03.html

Signor direttore, alcuni servizi riportati nell’edizione del 17 dicembre dal quotidiano da lei diretto, e dedicati alla vicenda dell’uso di proiettili all’uranio impoverito nei Balcani, propongono una interpretazione non corrispondente ai fatti più volte sottolineati con chiarezza dal Ministero della Difesa in argomento. Due le questioni: il rapporto tra l’insorgenza di patologie tumorali (leucemiche in particolare) ed il servizio prestato dai militari nei Balcani e le località in cui vi è stato l’utilizzo da parte degli Alleati di “dardi” all’uranio impoverito durante le operazioni di ristabilimento della pace. In ordine al primo tema, le accurate indagini epidemiologiche sin qui effettuate (il personale al rientro delle missioni è sottoposto ad accertamenti per verificarne lo stato di salute e la idoneità al servizio), hanno portato ad escludere l’esistenza di un fenomeno legato ad una presunta “sindrome dei Balcani”: nell’attività prestata dai militari (ma anche da missioni civili, da attività di Organizzazioni non governative là presenti) non vi è stato sin qui alcun riscontro di particolari tipologie invalidanti che si possano far risalire a particolari luoghi o particolari servizi prestati. Il Ministro della Difesa ha, per altro, dato rinnovato impulso ed indicazioni alle Forze Armate di non sottovalutare i casi e gli episodi segnalati.

Per quanto riguarda il tema dei luoghi in cui le operazioni possano avere creato l’esistenza di rottami di proiettili e corazze di carri armati impieganti uranio depleto, da parte del Ministero della Difesa si è sempre precisato, e proprio con riferimento al triste caso del Sergente Maggiore Antonacci, alla cui famiglia si rinnovano le espressioni di solidarietà, che nessun impiego di proiettili all’uranio depleto risulta essere stato effettuato nell’area di Sarajevo (come risulta dalla lettura del comunicato emesso dal Ministero stesso lo scorso 14 novembre). Circostanza questa che si ribadisce. Relativamente al Kosovo va sottolineato che l’impiego di munizionamento all’uranio impoverito è stato reso noto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sin dal 3 maggio del 1999. Inoltre, il 7 febbraio del 2000, il Segretario Generale della Nato ha fornito all’Onu informazioni circa il numero di proiettili di questo tipo utilizzati nel corso delle operazioni e le zone di presumibile maggiore concentrazione. Il personale del Contingente italiano fin dal suo ingresso nell’area di responsabilità è stato sensibilizzato sui possibili pericoli di inquinamento ambientale. Per di più è stata svolta da parte del Comando italiano attività informativa anche in lingua serba e albanese a beneficio e protezione della popolazione civile. La pretesa di riscontrare contraddizione tra le dichiarazioni rese ieri a Modena dal Ministro e le notizie precedentemente fornite dal Ministero, è infondata. L’eventualità di rischi per i nostri militari impegnati nelle missioni di pace all’estero sono al centro delle preoccupazioni del Ministero della Difesa oltre che della comunità nazionale. La necessità della massima trasparenza in argomento è per il Ministero della Difesa obiettivo prioritario e proprio per questo sin dall’inizio sono state poste in essere attività di monitoraggio e istruzione di comportamento.

Alberto Battaglini
Capo del servizio pubblica informazione
ministero della Difesa



Parla il militare che si batte da mesi per la ricerca della verità
Un’altra morte sospetta
Leggiero: «Strage tra l’indifferenza»
http://www.unionesarda.it/unione/2000/18-12-00/CRONACA%20REGIONALE/ITA01/A02.html

Mentre il ministero della Difesa continua a sostenere che non esistono effetti negativi sulla salute dei reduci dal Kosovo o dalla Bosnia provocati dall’impiego di materiale bellico radioattivo, ieri è giunta la notizia dell’ennesima vittima. È un militare romano della Croce rossa italiana, morto per leucemia dopo aver prestato servizio in Bosnia. Nessuno, al momento, può sostenere se ci sia una relazione certa, ma le coincidenze iniziano ad essere troppe. La notizia dell’ultima morte è stata data dal maresciallo Domenico Leggiero, dell’Osservatorio per la tutela delle Forze armate. Secondo il sottufficiale esiste un filo conduttore tra questo decesso e quelli di Andrea Antonaci e Salvatore Vacca, entrambi ricollegabili - a suo avviso - alle contaminazioni causate dai proiettili all’uranio impoverito. Come i casi degli altri militari sardi malati o sotto osservazione. «È una strage che avviene nell’indifferenza generale», afferma Leggiero, «e non posso accettare la reazione tardiva del ministro Sergio Mattarella che solo ora, dopo l’ennesima morte, prende posizione. In ogni caso credo che il colpevole non sia lui. Per me l’importante è che le famiglie dei ragazzi morti siano risarcite, l’uniforme deve essere onorata. Quando si opera in un territorio contaminato sono necessarie tutte le cautele possibili». Il ministro della difesa continua a sostenere che «al personale militare sono state date tutte le istruzioni di cautela, e le verifiche si sono fatte e si continuano a fare, da parte di equipe italiane e internazionali, nell’ambito dell’Onu. Proprio queste verifiche», ha precisato il ministro, «hanno finora consentito di affermare che non c’è alcun collegamento tra l’uso di uranio impoverito e le patologie riscontrate ad alcuni militari italiani».

Ma Cosimo Tartaglia, presidente dell’Osservatorio per la tutela del personale militare e civile, esprime «preoccupazione» per il futuro dei giovani militari impiegati in Bosnia e in Kosovo ed annuncia che l’istituzione da lui presieduta «si darà da fare con tutti i mezzi affinché venga accertata la verità».

In questa direzione va la decisione dell’associazione delle vittime delle forze armate che ha annunciato la costituzione di un comitato per la messa al bando delle armi all’uranio.

Per Leggiero, in ogni caso, «è necessaria una maggiore attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro, anche per i militari e anche in guerra».



18 dicembre 2000
CRONACA REGIONALE
Pagina 3
Una risposta che non rassicura
http://www.unionesarda.it/unione/2000/18-12-00/CRONACA%20REGIONALE/ITA01/A04.html

La risposta del ministero della Difesa non ci rassicura affatto e, anzi, conferma che l’atteggiamento del governo su questa vicenda è lacunoso. Mentre da Palazzo Chigi arrivano note rassicuranti, dal comando delle Forze Armate della Sardegna e dal Servizio sanitario dell’Esercito giungono le prime conferme a quanto rivelato dall’Unione Sarda nei giorni scorsi: i militari che presentano danni al sistema immunitario sono tre (uno è in ospedale, gli altri sono sotto osservazione) e preoccupano non poco i vertici militari. Sempre secondo i militari non si può escludere una relazione tra l’uso dei proiettili all’uranio impoverito nella zona dei Balcani e la malattia che ha colpito i soldati italiani. Il ministro Sergio Mattarella è persona seria che ha tutta la nostra stima ma, di fatto, si contraddice. Prima (il 22 novembre) nega che siano mai stati sparati proiettili all’uranio in Bosnia, poi corregge il tiro e lascia spazio al dubbio. È infine inquietante (e sconsolante) che su un tema delicato come quello della sicurezza dei nostri soldati in missione nei Balcani la squadra di governo si mostri sfilacciata, disunita, piena di contraddizioni. Valerio Calzolaio, sottosegretario all’Ambiente dello stesso governo di cui fa parte l’onorevole Mattarella, sostiene infatti che circa la metà dei 31.500 proiettili all’uranio impoverito sparati in Kosovo sono caduti nella zona di competenza del contingente italiano. Il ministro e il sottosegretario dovrebbero, gentilmente, fare uno sforzo: parlarsi. Così, finalmente, sui soldati italiani contagiati dalle radiazioni ci sarà una sola “verità ufficiale”. L’altra, quella che nessuno vuole ammettere, la sta raccontando L’Unione Sarda.

Cordialmente.

Mario Sechi



Commento: ma se il governo non ci dice la verità su mucca pazza e HIV, perché mai dovrebbe farlo sull'uranio? Hanno forse detto che sono andati a bombardare la minoranza Serba nel Kosovo?