17 dicembre 2000
Ancora mezze verità
Silenzio radioattivo
http://www.unionesarda.it/unione/2000/17-12-00/prima%20pagina/prims/A01.html
di Mario Sechi

Si può morire in guerra senza mai sentire il fischio di una pallottola o inquadrare il nemico nel mirino. Le “missioni di pace”, in realtà sono operazioni in territori dove la guerra cova sempre sotto la cenere. Non si tratta di mettere le tende o cucinare all’aperto come i boy scout, ma di presidiare, intercettare, sminare. Questo fanno i soldati italiani nei Balcani, ma nessuno aveva detto loro, prima di lasciare le famiglie in patria, che in Kosovo e in Bosnia erano attesi dalla subdola minaccia dell’uranio impoverito usato durante i bombardamenti della Nato. Munizioni e missili da crociera Tomahawk sono pericolosi anche dopo la loro esplosione. Radioattivi. I casi di leucemia si sono moltiplicati, le morti sospette sono diventate ingombranti, ma il governo ha cercato fino all’ultimo di negare e sopire. Fino a ieri. Quando il ministro della Difesa Sergio Mattarella ha dovuto ammettere l’esistenza di uranio impoverito “in Kosovo e in qualche località della Bosnia in maniera assai più ridotta”. Anche in quella Bosnia dove, per lo stesso ministro, il 22 novembre scorso, rispondendo a un’interrogazione in Parlamento, “quei proiettili non sono mai stati utilizzati”. Palazzo Chigi ha corretto il tiro, ma ancora una volta in ritardo e con omissioni inquietanti. I militari in missione nei Balcani muoiono o vengono ricoverati per leucemia e tutto questo è solo frutto del caso? Una coincidenza? Il generale Van Hoof, comandante generale delle forze armate del Belgio ha già perso quattro soldati, i contagiati sono una decina. Il Portogallo ha minacciato di voler ritirare le sue truppe dai Balcani e accusa la Nato di aver taciuto sui pericoli della missione.

E l’Italia che fa? Il giuramento di fedeltà al Patto Atlantico non si discute, ma questo non significa che siamo un Paese a sovranità limitata dove i trattati internazionali contano più dei patti sottoscritti con i cittadini della Repubblica. C’è un soldato colpito dall’uranio in un ospedale della Sardegna, c’è una famiglia di Nuxis che piange un figlio, il caporalmaggiore Salvatore Vacca, classe 1976, falciato dalla “morte d’argento”. Ci sono voci allarmanti che si rincorrono e raccontano di almeno altri quattro soldati contaminati. Il pensiero dei sardi tutti e dell’Unione Sarda va ai militari della Brigata Sassari. Tante volte hanno scritto lettere al nostro giornale per salutare i loro cari, per sentirsi più vicini alla loro isola lontana. Ogni volta è stata una gioia per noi e per loro. Vogliamo conoscere la verità e faremo il possibile per scoprirla. Noi no, non lasceremo mai i nostri ragazzi soli in questo silenzio radioattivo.