Il Tempo
Sabato 3 Marzo 2001
Il golpe preparato dagli esuli a Praga
La Gladio rossa progettò nel ’51 un colpo di Stato

ROMA - Il tentativo di colpo di Stato da parte della struttura paramilitare del Pci, con l’appoggio logistico dei "compagni" cecoslovacchi, doveva avere luogo nel febbraio 1951. Il dossier di 500 pagine redatto dallo storico Gianni Donno, consegnato in queste ore alla Commissione Stragi, contribuirà con ogni probabilità a far chiarezza anche su questo episodio cruciale della "Gladio Rossa", sulla cui attività il Polo ha chiesto la riapertura delle indagini, dopo l’archiviazione disposta dalla Procura di Roma nel 1994. MANNUCCI A PAGINA 4

Sabato 3 Marzo 2001
La Procura di Roma acquisirà agli atti la relazione della Commissione Stragi sull’attività della struttura paramilitare del Pci
Gladio Rossa pronta al colpo di Stato nel ’51
Il golpe era stato organizzato dagli italiani esuli a Praga con la complicità dei comunisti cecoslovacchi
http://www.iltempo.it/giornale/ultima/iltempo/nazionale/interni/IN1VED.htm
di STEFANO MANNUCCI

ROMA - Il tentativo di colpo di Stato da parte della struttura paramilitare del Pci, con l’appoggio logistico dei "compagni" cecoslovacchi, doveva avere luogo nel febbraio 1951. Il dossier di 500 pagine redatto dallo storico Gianni Donno, consegnato in queste ore alla Commissione Stragi, contribuirà con ogni probabilità a far chiarezza anche su questo episodio cruciale della "Gladio Rossa", sulla cui attività il Polo ha chiesto la riapertura delle indagini, dopo l’archiviazione disposta dalla Procura di Roma nel 1994.

Il putsch del 1951. L’ appunto del Sifar reca la data del settembre di cinquant’anni fa. Vi si riferisce che «il Pci avrebbe ordinato alle organizzazioni periferiche di raccogliere ogni possibile notizia sull' attività di autorità civili, militari e religiose, funzionari di Ps e Carabinieri». Da mesi i nostri servizi erano al corrente di un piano insurrezionale progettato in Italia, avallato dal Pci e messo a punto in Cecoslovacchia, dove dalla fine della guerra andavano affluendo centinaia di partigiani rossi che tentavano così di sfuggire ai processi per le violenze ai danni dei fascisti dopo il 25 aprile 1945. I luogotenenti del Pci a Praga erano due parlamentari in esilio, Moranino e Tolomelli: attorno a loro ferveva l’attività dei fuoriusciti comunisti, che disponevano tra l’altro di una redazione clandestina all’interno di "Radio Praga", del giornale "Democrazia popolare", di armi, dispositivi di sabotaggio, e cui il Pcc consentiva di frequentare i campi di addestramento alla guerriglia, quegli stessi che vent’anni più tardi avrebbero ospitato i terroristi dell’ultrasinistra internazionale, Brigate Rosse comprese. La "Gladio Rossa" aveva un nome ufficiale: "Scuola politica del compagno Synka" ("Politicka Skola Soudruha Synka"), ed era stata sollecitata a mettere in atto il colpo di Stato in Italia nel febbraio 1951, a dispetto dell’indoratura istituzionale del Pci post-svolta di Salerno. Era tutto pronto, ma i nostri servizi segreti avvertirono il Governo, e la contromossa di Viminale, Farnesina e Difesa si rivelò efficace: furono scoperti rifugi, reti di comunicazione clandestine, depositi di armi. Da lì, secondo la storiografia ufficiale, ebbe origine la Gladio della Nato, vòlta a fronteggiare eventuali nuove offensive del Patto di Varsavia. Due presidenti della Repubblica, Saragat e Pertini, graziarono poi i partigiani riparati in Cecoslovacchia: molti tornarono, Francesco Moranino preferì trascorrere il resto dei suoi giorni Oltrecortina.

L’oro di Dongo . Nel documento presentato in Commissione Stragi (e dal quale verrà pubblicato a giorni un libro) viene adombrata l’ipotesi che il cosidetto "oro di Dongo" possa essere stato utilizzato per finanziare la "Gladio Rossa". Il denaro e i preziosi confiscati dai partigiani ai gerarchi della Rsi in fuga verso la Valtellina nell’aprile ’45 furono oggetto di un’immediata inchiesta del ministero dell’Interno. Alla fine di quello stesso anno, un ispettore delle Direzione generale della Pubblica Sicurezza riferì in una relazione che ad alcune voci dell' ambiente locale «è connessa la notizia che l'oro di Mussolini si ricollegherebbe ad una importante riservata situazione politica e ad una organizzazione militare segreta che per ragioni tattiche agirebbe a lato dello stesso Partito Comunista».

Secondo il documento l'organizzazione «avrebbe a disposizione numerose armi, anche pesanti, ben nascoste specie nelle province di Como, Milano e Sondrio. Potente l'infiltrazione nella stessa Polizia Civile. Capo è "Il Fabio", che occorrerebbe accertare se è il Luigi Longo di Milano, al quale sarebbe affluito l'oro di Mussolini, come quello di Farinacci, per gli scopi insurrezionali previsti». E qui la storia della "Gladio Rossa" torna ad intrecciarsi con i misteri che tuttora gravano attorno alla morte del Duce, dopo la quale molti tra gli stessi partigiani e residenti dell’Alto Lario che "sapevano" ed erano legati ad una sorta di patto del silenzio furono giustiziati dai "compagni" e poi gettati nelle acque del Lago di Como.

La Procura torna a indagare. Il dossier di Donno è stato acquisito agli atti dalla Procura di Roma: se vi saranno riscontrati elementi di novità, i pm Salvi e Ionta potrebbero disporre la riapertura dell’inchiesta su "Gladio Rossa", archiviata nel ’94 dal gip Claudio D’Angelo. A chiedere con decisione il riesame del fascicolo da parte dei magistrati sono i parlamentari del Polo in Commissione Stragi. Vincenzo Manca, senatore di Forza Italia e vicepresidente dell'organismo parlamentare, sostiene che la relazione fornisce copiosi ed inquietanti elementi per riscrivere «le pagine "rosse" della storia eversiva e terroristica italiana». Per il capogruppo di An in commissione, Enzo Fragalà, e per il senatore Alfredo Mantica, i nuovi documenti dimostrano che «la Gladio Rossa era un vero e proprio esercito clandestino coordinato alle dipendenze dell'Urss».