20 ottobre 2000
La Padania
La Suprema Corte ha in larga parte confermato la sentenza di Torino sui falsi in bilancio Fiat
Romiti, condanna definitiva
La Cassazione concede solo lo “sconto” di 20 giorni e 200mila lire

 La V sezione penale della Cassazione ha confermato ieri la condanna nei confronti di Cesare Romiti togliendogli dalla pena solamente 20 giorni di reclusione - la condanna è a un anno - relativamente al reato di frode fiscale perché l’illecito non è più previsto dalla legge come reato. Annullata, invece, senza rinvio la pena a un mese di reclusione per Francesco Paolo Mattioli. Inoltre, la Cassazione ha tolto 200 mila lire dalla multa inflitta a Romiti dalla Corte d’appello di Torino pari a sei milioni 400 mila lire. Per quanto riguarda le altre richieste avanzate nel corso dell’udienza sia dai difensori di Romiti e Mattioli, sia dal procuratore generale della Cassazione Fraticelli, in accoglimento dei ricorsi dei pm torinesi Rapetti e Pepino, la V sezione penale le ha rigettate. Per quanto riguarda Mattioli il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione.

La pena di un mese gli era stata comminata in continuazione con la condanna a un anno e nove mesi inflittagli dalla Corte d’appello di Milano nel '97 per la vicenda delle forniture di autobus all’Atm di Milano. Il pg della Cassazione Mario Fraticelli aveva chiesto la conferma della condanna a un anno di reclusione e 6 milioni e 400 mila lire di multa per Cesare Romiti al dibattimento per i  presunti falsi bilanci della Fiat. Inoltre il pg Fraticelli aveva aderito alla richiesta avanzata dai pm torinesi sul rinvio a giudizio di Romiti per false comunicazioni verbali rese all’assemblea degli azionisti Fiat, reato dal quale Romiti era stato prosciolto in appello. E ancora Fraticelli aveva chiesto per Romiti l’annullamento senza rinvio per il capo di imputazione, relativo al reato sub B (pagamento di emolumenti ai dirigenti Fiat con fondi extracontabili) «poiché il fatto non è più previsto dalla legge come reato». «Neghiamo che Romiti sapesse che esisteva il conto Sacisa». Così l’avvocato Vittorio Chiusano - che difende Cesare Romiti insieme a Franco Coppi - aveva invece sintetizzato la posizione difensiva dell’ex amministratore delegato del  Gruppo Fiat. Il problema riguarda i conti esteri Sacisa e Reno (circa 36 miliardi sul primo e due miliardi sul secondo), ignorati nel bilancio consolidato Fiat e ritenuti dall’accusa una riserva extracontabile di fondi neri. Per Chiusano, questo falso in bilancio non ha rilevanza perché «ammonta solo allo 0,008% del fatturato del Gruppo Fiat, pari a 60 mila miliardi» all’epoca dei fatti che riguardano i bilanci tra il 1984 e il 1992. In quest'ultimo anno, in primavera, sarebbe stata pagata una tangente di 4 miliardi al Psi, fatto per il quale Romiti è stato condannato. Chiusano ha, comunque, rilevato che contro Romiti non ci sono solo un teorema basato sul “non poteva non sapere”, ma anche “chiamate di correità” venute da dirigenti Fiat, come Mosconi. L’avvocato Chiusano. «Se Romiti dovesse essere condannato dalla Cassazione non potrebbe ricoprire incarichi societari nelle banche e nelle assicurazion, invece, potrebbe comunque continuare a fare l’amministratore della Rizzoli, perché viene sospeso dalla condizionale l’effetto della pena accessoria sul divieto di ricoprire per un anno incarichi societari»