30 Dic 2000
Il Resto del Carlino
«Bianco sapeva dei rischi, ma ha preferito tacere»
Il segretario dei funzionari di polizia accusa: "Mandati in Kosovo allo sbaraglio"
http://ilrestodelcarlino.monrif.net/art/2000/12/30/1657061

 BOLOGNA, 30 DICEMBRE - Poliziotti mandati in Kosovo allo sbaraglio, senza mezzi, senza informazioni sul rischio uranio impoverito prima e senza controlli medici poi, al rientro in Italia.

 A dipingere questo quadro sconcertante dal quale emerge «l'assoluta approssimazione organizzativa della prima missione internazionale della Polizia di Stato all'estero» è Giovanni Aliquò, segretario dell'Associazione nazionale funzionari di Polizia. Aliquò chiama direttamente in causa Gianni De Gennaro, già responsabile del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e, dallo scorso maggio, capo della Polizia.

 Ma il suo j'accuse arriva fino al massimo referente, vale a dire il ministro degli Interni Enzo Bianco. «Nessuno dei nostri, dal capo contingente all'ultimo dei ragazzi, è mai stato informato sul rischio di contaminazione da uranio impoverito in Kosovo, nessuno poi è stato sottoposto a controlli anche minimi quando è stato rimpatriato, nonostante siano pervenute le richieste di uno screening. Mi sembra un fatto di una gravità inaudita», denuncia il segretario dell'Anfp.

 Non sono state diffuse agli agenti nemmeno le norme note ai militari dal 22 novembre '99?

 «Niente. Nulla di nulla. Nemmeno ora che i media ne parlano così diffusamente. Non ci hanno dotato nemmeno degli strumenti più elementari come i badge che si danno agli infermieri per rilevare le radiazioni. Del rischio uranio, insomma, l'abbiamo appreso dai giornali».

 Dov'è dislocata la nostra Polizia in Kosovo?

 «Siamo nelle zone a maggior rischio, quelle in cui, secondo le mappe fornite dalla Nato, c'è la più alta concentrazione di proiettili al DU».

 E nessuno vi ha mai messo al corrente dei rischi?

 «Al contrario sono partite segnalazioni dal Kosovo verso Roma. Ma anche alle sollecitazioni formali provenienti dalla catena di comando della missione in Kosovo, sullo specifico problema dell'uranio impoverito, il Dipartimento non ha mai risposto».

 Secondo lei il ministro Bianco era al corrente della situazione?

 «Ampiamente. Ma anche da lui è arrivato solo silenzio. I casi sono due: o è menefreghismo, e allora è grave, oppure c'è di peggio».

 Vale a dire?

 «Se non c'è menefreghismo, allora c'è la volontà di minimizzare e di nascondere il problema. La prima missione all'estero della Polizia italiana nell'ambito dell'Unmic, è un caso di grande superficialità e disorganizzazione sul quale si innestano questioni, come questa dell'uranio, sulle quali, probabilmente, in molti non vogliono parlare».

 Anche i volontari civili che hanno operato nei Balcani hanno denunciato la totale mancanza di informativa, di conseguenza, anche delle norme minime di precauzione. Che riguardano, per esempio, cibo e acqua. E la Polizia?

 «Da noi è accaduto anche di peggio. Ogni agente si è dovuto arrangiare da solo. Non esiste un accampamento, un quartier generale, una mensa controllata: il poliziotto all'estero si fa da mangiare per conto suo e si deve pure cercare in affitto la casa: siamo nella disorganizzazione più totale e assoluta».

di Lorenzo Sani



Commento: quando la DIGOS di Venezia mandò due ufficiali ad interrogarci, abbiamo fornito almeno un centinaio di pagine di documentazione, e si parla di fine 1999. Che fine hanno fatto?