sabato 23 dicembre 2000, S. Giovanni da Kety
La Nuova Sardegna
LA TESTIMONIANZA
«Stavamo a Pec, la zona più colpita»
Del problema i vertici parlarono solo dopo la morte di Salvatore Vacca
Il sottosegretario alla Difesa, Guerrini, disse che il caso era stato affrontato ai massimi livelli
di Roberto Galli

ROMA. Fu Guerrini, allora sottosegretario alla Difesa, a confidarci a Roma nell'estate scorsa le preoccupazioni per il primo allarme sull'uranio impoverito in Kosovo. Al termine di una riunione allo stato maggiore di via XX Settembre, l'esponente di governo ammise al nostro giornale che esisteva una grave soglia di attenzione dopo il caso di Salvatore Vacca, il giovane militare sardo colpito dalla leucemia. Ci disse che il problema era stato affrontato ai massimi livelli.

Ma ufficialmente non c'erano conferme sulla possibile relazione tra uranio impoverito contenuto nei proiettili americani esplosi durante la guerra nei Balcani e l'insorgenza della malattia. Una cosa però era certa: la zona di Pec in Kosovo, quella affidata al nostro contingente, risultava essere stata una delle più bersagliate dagli A-10 americani, i caccia anticarro, armati di proiettili nella cui ogiva era contenuto uranio impoverito. Fino ad allora però, nessuno aveva parlato di questo problema, tanto che nei pressi di Pec sono moltissimi i nostri militari che si sono fatti fotografare accanto ad un paio di carri serbi distrutti dagli americani, le cui corazze portano i terribili segni dei «dardi» all'uranio, forate come se fossero di burro. Proprio su quei carri nei mesi successivi le prime commissioni di esperti inviate da Roma hanno lavorato a lungo senza però rilevare tracce di radioattività.

Una indagine che si è estesa anche in altre zone e che ha visto la fattiva collaborazione di tecnici molto specializzati come quelli del Cisam di San Piero a Grado di Pisa, un tempo adibito allo studio dell'applicazione dell'energia nucleare nell'attività militare e adesso, tra le altre cose, utilizzato per la ricerca nella guerra elettronica.

In ogni caso non è vero che prima della morte di Salvatore Vacca, poi seguito, così riferiscono le cronache da altri dieci militari ammalatisi di leucemia, nessuno avesse messo in conto il pericolo di radiazioni o di presenze tossiche. Il 12 giugno del'99 al momento di entrare in Kosovo il contingente italiano guidato dal generale Del Vecchio fu l'unico a poter contare sull'apporto di una unità specializzata nella individuazione di zone o sorgenti di possibile contaminazione radiattiva o chimica. I nostri soldati furono preceduti dai tecnici della Nbc (compagnia per il controllo nucleare, biologico e chimico), ma in nessun caso fu ufficialmente accertata la presenza di pericoli di questo genere. «Del resto - ci ha confidato un ufficiale della brigata Garibaldi impegnata in quel tempo nelle operazioni - noi stavamo più attenti alle pallottole, che alla radiazioni. I cecchini erano dappertutto e bisognava stare attenti anche alle ombre».