Come le vacche svizzere, anche le farine italiane potrebbero aver preso la via dell'esportazione. Il 22 gennaio, in piena emergenza mucca pazza, il ministero della Sanità h diramato una circolare (numero 600.3.8.11/SP.45/417) indirizzata agli assessorati regionali alla Sanità e alle associazioni di produttori. Il ministero sollecita i produttori di farine animali a firmare accordi con eventuali Paesi che sono interessati all'acquisto di farine.
Ma a quali accordi fa riferimento il ministero? In pratica, il Paese extraeuropeo che importa le nostre farine si deve impegnare a non utilizzarle negli allevamenti. E allora, perché dovrebbe acquistarle? Teoricamente, solo per alimentare cani e gatti. "E' una storia simile a quella di una fabbrica sul lago Maggiore che produceva DDT per i Paesi del terzo mondo", dice Mario Valpreda, "con quella circolare il ministero della Sanità ha tentato di risolvere il problema dello smaltimento delle farine, anche se si tratta di quelle a basso rischio".
Del resto, nel mercato globale può circolare di tutto. E così, sono esposti al rischio almeno 100 Paesi, nei quali, a scopo precauzionale, dovrebbe essere vietato l'uso di mangimi a base di farine animali per bovini, ovini e caprini. Lo dice Jacques Diouf, direttore generale della Fao, l'agenzia delle Nazioni Unite che, dal suo quartier generale di Roma, sovrintende agli interventi in campo agro-alimentare.
Giuseppe Altamore