"Le farine animali? Esportatele" (Famiglia Cristiana, 18 febbraio)

Come le vacche svizzere, anche le farine italiane potrebbero aver preso la via dell'esportazione. Il 22 gennaio, in piena emergenza mucca pazza, il ministero della Sanità h diramato una circolare (numero 600.3.8.11/SP.45/417) indirizzata agli assessorati regionali alla Sanità e alle associazioni di produttori. Il ministero sollecita i produttori di farine animali a firmare accordi con eventuali Paesi che sono interessati all'acquisto di farine.

Ma a quali accordi fa riferimento il ministero? In pratica, il Paese extraeuropeo che importa le nostre farine si deve impegnare a non utilizzarle negli allevamenti. E allora, perché dovrebbe acquistarle? Teoricamente, solo per alimentare cani e gatti. "E' una storia simile a quella di una fabbrica sul lago Maggiore che produceva DDT per i Paesi del terzo mondo", dice Mario Valpreda, "con quella circolare il ministero della Sanità ha tentato di risolvere il problema dello smaltimento delle farine, anche se si tratta di quelle a basso rischio".

Del resto, nel mercato globale può circolare di tutto. E così, sono esposti al rischio almeno 100 Paesi, nei quali, a scopo precauzionale, dovrebbe essere vietato l'uso di mangimi a base di farine animali per bovini, ovini e caprini. Lo dice Jacques Diouf, direttore generale della Fao, l'agenzia delle Nazioni Unite che, dal suo quartier generale di Roma, sovrintende agli interventi in campo agro-alimentare.

Giuseppe Altamore