da Fiamma Tricolore
Data :16/01/01 - Autore :ROBERTA GENTILINI
CRIMINI DI GUERRA: L’URANIO PORTERA’ LA NATO SUL BANCO DEGLI IMPUTATI?
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Mentre si cerca di comprovare l’esistenza di un legame fra l’uso di proiettili all’uranio impoverito e il sorgere della leucemia, questo male incurabile continua, inesorabile, a mietere vittime sia tra la popolazione balcanica, sia tra i militari del contingente di pace schierato nell’ex Jugoslavia. Bocciata la proposta di moratoria presentata dall’Italia in seno all’Alleanza; in attesa dei risultati della Commissione di inda-gine presieduta dal prof. Mandelli; congelate le richieste di chiarimento mosse dai familiari dei militari italiani morti di cancro; le certezze sono ancora al là dal venire. Non è chiaro nemmeno chi dovrà dire l’ultima parola sulla questione. Sarà la Nato o lo scienza, la politica o il diritto a decidere se l’uranio impoverito è realmente nocivo per la salute?

In attesa di una linea coerente e soprattutto comune, il Procuratore capo del Tribunale internazionale dell’Aja, Carla Del Ponte, si dichiara pronta a prendere in mano le redini della situazione, “sempre - però - che i risultati dei rapporti scientifici e sanitari in corso indirizzino in tal senso”, sottolinea la Del Ponte in un’intervista. L’avvio di un procedimento penale che faccia luce su eventuali responsabilità porterebbe, inevitabilmente, sul banco degli imputati anche la Nato.

Già, perché fu proprio l’Alleanza a fare uso di proiettili all’uranio impoverito nei Balcani. La Del Ponte sostiene che “se sarà dimostrato che l’uso di quelle armi è causa dell’insorgere di cancro e leucemia”, la questione diverrà, automaticamente, di competenza del Tribunale dell’Aja.

E’ l’articolo 55 del Protocollo della Convenzione di Ginevra a sancire questo diritto. L’ipotesi di procedere penalmente nei confronti della Nato si era già profilata in occasione dei bombardamenti dell’Alleanza sulla Jugoslavia nel 1994, ma l’inchiesta non ebbe seguito perché non furono trovati elementi sufficienti per procedere.

Da Belgrado, dove in questi giorni si trova in visita proprio la Del Ponte, giungono nuovi dati poco confortanti: ad oggi sarebbero circa 400 i serbi morti di cancro in seguito ai bombardamenti “all’uranio” effettuati dall’Alleanza in quei giorni.

Un patologo del dipartimento di Medicina legale dell’Accademia medica militare di Belgrado, il dottor Zoràn Stankovic, denuncia che molti serbi di Hadzici avevano lavorato in una fabbrica per la riparazione di carro armati e blindati che fu pesantemente bombardata dalla Nato nel 1994.

All’epoca, i proiettili all’uranio impoverito trovati sul terreno venivano riciclati e utilizzati per produrre giacche a vento, indossate anche da alcune delle vittime. Il patologo jugoslavo ha ammesso che non sono stati avviati studi multidisciplinari sulla vicenda, ma ha ribattuto con decisione alle affermazioni della Nato secondo cui non c’è alcuna prova degli effetti nocivi delle armi all’uranio impoverito.

Secondo il patologo, il metallo incriminato è causa di gravi danni sia a persone che all’ambiente. Ad esempio, l’esposizione alle radiazioni ionizzanti emesse dall’uranio colpisce il midollo spinale e l’apparato riproduttivo provocando anomalie congenite. Ma le particelle liberate dalle esplosioni contaminano anche l’ambiente avvelenando il suolo e le falde acquifere, oltre che mettere in pericolo la fauna. Stankovic ha sollecitato una ricerca da parte delle Nazioni Unite finanziata dall’Alleanza Atlantica. “La Nato dovrebbe pagare periodici controlli sanitari sulla popolazione. Se vogliamo aiutare la gente, dobbiamo effettuare esami ogni sei mesi. La Nato deve anche mandare i suoi esperti raccogliere i proiettili rimasti, perché noi non ne abbiamo bisogno”, ha affermato il patologo.

A poco è valso il tentativo della Nato di rassicurare l’opinione pubblica europea sulla non nocività dell’uranio impoverito. Un portavoce dell’Alleanza, scattato l’allarme, aveva affermato che “non esiste alcun rischio comprovato sulla pericolosità dell’uranio”. Ma le parole del portavoce non sono state sufficienti a fugare i dubbi di tutti, tanto che la Grecia, in attesa di chiarimenti, ha preferito lasciare alla discrezione dei suoi uomini in missione nei Balcani, la decisione se rientrare a casa, oppure no. Fino ad oggi solo il 10% dei militari greci di stanza nell’area ha fatto domanda di rimpatrio.

La Russia, già alle prese con non facili rapporti con l’Alleanza Atlantica che preme per allargarsi fino ai suoi confini, ha promosso un vertice internazionale per far luce sulla liceità dell’impiego dei proiettili all’uranio impoverito.

Il Ministro della Difesa russo, lgor Sergeyev, ha chiarito che il suo Paese chiede l’istituzione di un team di specialisti interno all’Osce (l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) o, eventualmente, dell’Onu.

Dal suo canto, l’organizzazione mondiale della sanità è scesa in campo pronta a chiedere la delimitazione e lo sgombero delle zone del Kosovo bombardate dalla Nato con munizioni all’uranio.

Ma l’Oms precisa che la richiesta ha solo uno scopo cautelativo perché, a suo avviso, non esistono dati scientifici che dimostrino legami tra l’insorgere della leucemia e l’uranio impoverito, anche se, precisa, questo potrebbe causare altre forme di cancro. Dunque, nulla di certo, ma soprattutto di rassicurante, all’orizzonte.

Ricca l’agenda internazionale

Nel bene o nel male la questione è ormai sul tappeto. E, volenti o nolenti, i politici e i rappresentanti delle istituzioni internazionali si trovano a dover fare i conti con l’allarme lanciato dall’Italia. Quella in corso, si profila una settimana fitta di appuntamenti.

Al ministero della Difesa belga è riunito il Comeds, il Comitato che raccoglie i responsabili nazionali della sanità militare. Spetta infatti al belga Van Hoof la presidenza di questo comitato sull’uranio impoverito, in base alle decisioni prese la scorsa settimana dal Consiglio Atlantico. In agenda un primo scambio di dati, e l’individuazione di un metodo di lavoro per le prossime riunioni.

L’Italia è rappresentata dal generale Incarico il quale ha presentato al comitato una relazione dettagliata su quanto emerso finora. La Commissione Europea affronterà invece la questione mercoledì a Strasburgo, dove è in corso la sessione plenaria del Parlamento-



Commento: molto meglio degli interventi demenziali di Pisanu. Vedi anche: Nucleare, giuria inglese: lecito farsi giustizia con le asce (19 gennaio)