Il Messaggero, 2 gennaio 2001
Cresce il numero dei militari ammalatisi al ritorno dai Balcani. L’associazione dei familiari: costretti perfino a pagarsi le cure
«Ho il cancro e l’Esercito mi licenzia»
Il caso di un alpino di 24 anni: «Sono in chemioterapia, ma l’aspettativa sta per finire»
http://www.ilmessaggero.it/hermes/20010102/01_NAZIONALE/INTERNI/A.htm
di CARLO MERCURI

ROMA - Corrado Di Giacobbe, caporalmaggiore degli alpini, Brigata Taurinense. Ventiquattro anni, di Vico del Gargano (Foggia). In Bosnia una prima volta tra il gennaio e il giugno 1997 e una seconda volta nel periodo agosto ’97 e febbraio ’98. Dopo 10 mesi dal ritorno in Italia i primi disturbi, fino alla diagnosi finale: leucemia.

Il caporalmaggiore pugliese è solo l’ultimo militare italiano, in ordine di tempo, che ha deciso di uscire allo scoperto e di denunciare la sua malattia. Ormai è perfino difficile tenere un conto dei reduci dal teatro balcanico che si sono ammalati negli ultimi tempi. Anche le testimonianze, sembra che si somiglino tutte. Questa è l’ultima, del caporalmaggiore: «La chiamo "la roba" - dice il nostro militare - La osservo tutti i giorni sul mio petto. La "roba" è simile a un grosso bugno. Che cresce, che cresce. Adesso è un po’ di tempo che mi pare non cresca più. Prima ce l’avevo sul collo, una tumefazione. E’ lì che me ne sono accorto. Ora sul collo non ce l’ho più, si è sgonfiata. Ma la "roba" mi è spuntata sul petto. La diagnosi: linfoma di Hodgkin. Se ho sospetti? No, non ne ho. Non so che cosa pensare. Io in Bosnia ero cuoco. I pericoli? L’unico pericolo, ci dicevano, poteva venirci dalle mine. Ora devo fare un’altra visita, il 10 gennaio. Ho chiesto l’aspettativa dal lavoro, ma a marzo anche l’aspettativa finirà...».

Questa storia dell’aspettativa che finisce è un caso nel caso. Il nostro caporalmaggiore non ce lo ha detto, per lui ha parlato il maresciallo Domenico Leggiero, membro dell’Osservatorio e del Cocer. E ha rivelato, il maresciallo, che il caporalmaggiore malato è da quattro mesi senza stipendio e che se si vuole curare si deve curare di tasca sua. Il quale caporalmaggiore avendo diritto a due anni di aspettativa ed essendo prossimi alla scadenza questi due anni, si ritroverà prossimamente anche licenziato.

Si diceva che queste tragiche storie si somigliano tutte. Appena ieri Falco Accame, presidente dell’Anavafaf (l’associazione dei familiari delle vittime delle Forze armate) ha denunciato il caso di un sottufficiale degli alpini di Feltre che «ammalatosi di tumore dopo essere stato in servizio in Bosnia, è costretto a pagarsi di tasca sua le cure chemioterapiche per circa sei milioni di lire». La vicenda del sottufficiale è, secondo Accame, «un caso di completa mancanza di assistenza dei comandi militari a un loro dipendente, malato di tumore». Accame ha anche sostenuto che il trattamento medico dovrebbe essere a carico dello Stato, poiché «le norme di sicurezza relative all’uranio, impartite anche ai nostri militari, stabiliscono un nesso inequivocabile tra l’esposizione all’uranio e le patologie che possono derivarne, come appunto i tumori».

Il maresciallo Leggiero spiega che i medici che visiteranno il 10 gennaio il caporalmaggiore Di Giacobbe non potranno negargli altri sessanta giorni di convalescenza. «Con quei sessanta giorni lui è fuori dall’Esercito - dice Leggiero - L’aspettativa non lo "coprirà" più. E’ questa la tutela del personale?», si chiede il maresciallo, denunciando per sovrammercato molti altri casi di militari malati che, dal punto di vista amministrativo, stanno nelle stesse condizioni del caporalmaggiore pugliese. «E’ per questo che l’Osservatorio - aggiunge Leggiero - ha aperto un conto corrente di solidarietà nei confronti di quelle che chiamiamo "vittime della pace". Se raggranelliamo i soldi necessari, prenderemo noi il caporalmaggiore Di Giacobbe e lo porteremo a curarsi in Francia, in un centro specializzato. Se l’amministrazione dello Stato non ci pensa, ci penseremo noi».  Registriamo intanto la presa di posizione dell’Angesol (associazione dei genitori dei soldati in servizio di leva) che ha chiesto al Capo dello Stato e ai vertici della Difesa «il ritiro immediato dei militari italiani nei Balcani». Anche se, in tutta l’area balcanica, non c’è un solo militare di leva.