Stato Libero di Bananas: tutti schedati anche i neonati (7 ottobre)


All'Ufficio del Garante per Protezione dei Dati Personali
Legge 31 dicembre 1996, nr. 675.

Segnalazione

Fatto

Nel luglio 1996 lo scrivente, Valerio MATTIOLI, Appuntato Scelto dei Carabinieri, nato a Roma il 26 aprile 1961, in servizio presso la Compagnia Carabinieri sita in S. Giovanni Valdarno (AR), Corso Italia nr.4, (C.A.P. 52027 - telefono personale <omissis>) veniva inviato in servizio presso la Stazione Carabinieri di Bùcine (Arezzo), alle dipendenze dell'Organizzazione Territoriale dell'arma dei Carabinieri. Non appena destinato a tale Comando Carabinieri ha potuto rendersi conto dell'esistenza di pratiche permanenti-fascicoli personali, impiantate sul conto di ogni persona presente sul territorio, della cui esistenza, negli anni addietro, più volte aveva sentito parlare ma senza averne un riscontro effettivo. In campo nazionale tale pratica veniva poi successivamente confermata anche da altri colleghi che lo scrivente ha conosciuto nel corso degli anni e che prestavano servizio in molti degli oltre 5.000 comandi territoriali dell'Arma dei Carabinieri, dal nord al sud dell'Italia, che detengono, secondo stime molto approssimative, almeno 70 milioni di pratiche permanenti-fascicoli personali relativi a cittadini vivi e morti, associazioni, partiti e movimenti politici, attività economiche ecc., da cui desumere anche le opinioni degli appartenenti, la stima e la reputazione goduta in pubblico "...ed ogni altra notizia atta a lumeggiare la personalità dell'interessato"(1) con particolare riferimento a dati sensibili la cui raccolta o detenzione sono idonei a rivelare le opinioni politiche, la discendenza, il gruppo nazionale, etnico o razziale, (2) nei confronti dell'interessato, anche per la presenza, nella pratica permanente-fascicolo personale di documenti come lo stato di famiglia il cui scopo è anche quello di fare attività informativa sui membri del gruppo familiare e su persone diverse dagli interessati, finalizzato  a ricostruire puntigliosamente tutto lo schema delle relazioni umane che fanno capo all'interessato, anche con l'adozione di modelli prestampati denominati OP85 che, inizialmente, venivano compilati solo per le persone pregiudicate o sospette, svolgendo, quindi, indagini preventive su tutto l'universo umano con cui il cittadino, oggetto di tale attività informativa, viene occasionalmente in contatto. Tale attività informativa e di indagine può iniziare attraverso una infinità di modalità, ma quella più classica è condotta attraverso il contatto con l'anagrafe dello Stato civile. Infatti, attraverso di essa, è possibile impiantare la pratica permanente-fascicolo personale non appena il cittadino si rivela ad essa, ad esempio, perché ne è stata appena denunciata la nascita dai genitori, avvenuta poche ore prima. Non vi è, quindi, alcun limite di età per poter essere soggetti al trattamento di cui in disamina, non potendo neanche la morte dell'interessato interrompere lo stesso, ma, semmai, trasferire all'universo delle relazioni umane da lui intessute quand'era in vita, un patrimonio informativo che gli ignari porteranno seco come una sorta di eredità che non è possibile non accettare. Anche il cittadino con poche ore di vita, neonato, diventa, a sua volta, titolare di una pratica permanente-fascicolo personale, con tutta l'attività informativa e d'indagine che ne consegue, il cui patrimonio informativo, alla nascita, coincide con quello eventualmente posseduto dai genitori.

L'impianto della pratica permanente-fascicolo personale sul conto del cittadino è amotivata, così come lo sono le attività informative condotte nei confronti di candidati politici, in occasioni di competizioni elettorali.

Per dare un'idea anche solo sommaria del fenomeno e che si riferisce a realtà direttamente conosciute dallo scrivente, basti pensare che nel comune di Bùcine (AR), compresa la locale frazione di Ambra, la Stazione Carabinieri detiene circa 22.000 pratiche permanenti-fascicoli personali, su un totale di circa 10.000 abitanti, mentre in S.Giovanni Valdarno (AR), il locale Comando CC ne detiene circa 58.000 su di una popolazione che conta circa 18.000 unità.

Inoltre, i dati personali presenti nelle pratiche permanenti-fascicoli personali in argomento, la cui trattazione non risponde a nessuna pretesa finalità istituzionale e lo svolgimento dei compiti istituzionali dell'Arma sono codificati da apposite leggi dello Stato e non dalla statuizione della volontà di singoli capi militari, di per sé agiuridica ed incostituzionale, hanno la caratteristica di essere "silenti", per poter essere utilizzati anche a distanza di decenni e superare l'arco temporale di vita dei soggetti interessati allo scopo di supporre informazioni della stessa natura nei confronti di parenti, amici e conoscenti, in relazione, ad esempio, a mutate condizioni politiche che contemplino garanzie costituzionali diverse da quelle attuali o non ne contemplino affatto.

Per quanto sopra, poiché lo scrivente ritiene che vi potrebbe essere fondato pericolo che la libera disponibilità, da parte dei Comandi dell'Arma dei Carabinieri di cose pertinenti alle ipotesi di violazioni sin qui formulate, possa aggravare o protrarre le conseguenze di essi, si richiede il sequestro:
- delle predette pratiche permanenti-fascicoli personali, custodite in appositi archivi;
- delle pubblicazioni interne edite dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri con l'elenco degli Enti autorizzati a chiedere informazioni

all'Arma dei Carabinieri e loro successivi aggiornamenti;
- dei registri protocollo originali sui quali cono state registrate le pratiche permanenti-fascicoli personali;
- delle schede originali con i richiami alle pratiche permanenti-fascicoli personali;

Inoltre si richiedono tutte quelle misure che la S.V. riterrà necessarie per evitare l'eventuale inquinamento delle prove.

P.Q.M.

lo scrivente chiede alla S.V. di accertare eventuale responsabilità a carico di persone ed organizzazioni che vorrà individuare ed emettere un provvedimento inteso a tutelare il rispetto di quanto sancito dalla legge 675/1996 e da altre leggi di diritto interno ed internazionale ed a far cessare l'eventuale comportamento illegittimo, facendo riservaa di integrare la presente segnalazione con altri scritti o documentazioni sempre ad essa inerenti.

S. Giovanni Valdarno (AR), 5 maaggio 2000

Il ricorrente

[firmato Valerio Mattioli]

Note:

1 - Dizione standard contenuta in ogni richiesta di informazioni nei confronti di persone fisiche.
2 - Tali dati non sono rilevabili direttamente perché ciò avrebbe un carattere evidentemente ed immediatamente eversivo, ma sono semplicemente rivelati attraverso la comparazione dei documenti che costituiscono la pratica permanente-fascicolo personale, in relazione all'art.22 della legge 675/96.



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All'Ufficio del Garante per Protezione dei Dati Personali
Legge 31 dicembre 1996, nr. 675.

Integrazione nr. 1 alla Segnalazione inoltrata in data 5 maggio 2000, dallo scrivente, Valerio MATTIOLI, Appuntato Scelto dei Carabinieri, nato a Roma il 26 aprile 1961, in servizio presso la Compagnia Carabinieri sita in S. Giovanni Valdarno (AR), Corso Italia nr.4, (C.A.P. 52027 - telefono personale <omissis>)

Giurisprudenza e deduzioni

Per meglio comprendere a quali finalità risponde l'attività informativa e d'indagine condotta su ogni persona o realtà presente sul territorio attraverso l'impianto di pratiche permanenti-fascicoli personali bisogna leggere la pubblicazione "LA POLIZIA MILITARE" - Profili storici, giuridici e d'impiego" (1), edita dalla Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, presso la quale potrà essere acquisita e, perciò, non si allega. Per quanto consti allo scrivente, tale pubblicazione sarebbe pervenuta a 4.600 Stazioni, 500 compagnie, 100 comandi Provinciali, per un totale di 5.200 Comandi Carabinieri sparsi per tutta la Penisola, facendole assumere, per la sua diffusione, un ruolo primario nell'orientamento di quelli che sono i compiti oggetto della trattazione. In essa, più volte troveremo riferimenti alla cosiddetta "necessità militare", che, così indefinita, potrebbe giustificare una gamma molto ampia di comportamenti. Non vengono qui giudicate le opinioni dell'autore della pubblicazione, ufficiale dei carabinieri, che restano solo tali, ma la consapevolezza latente, da parte dell'Arma, di un potere reale che la polizia militare detiene nei confronti dei cittadini, non sorretto da norme giuridiche, ma neanche, per questo, fine a sé stesso, ma tuttavia capace di produrre implicazioni di ordine giuridico sia sul piano interno che internazionale al verificarsi di determinate condizioni politiche, come si cercherà di dimostrare più avanti.

Infatti, per l'autore, "concorrere a garantire un alto grado di sicurezza militare è appunto uno dei compiti della polizia militare..." (2) ed "è indubbio che gli scopi delle forze armate, così come descritti nel testo costituzionale (artt. 2, 11, 52) siano insufficienti" (3) e pur lamentando una certa indeterminatezza del testo costituzionale nel fondare le forze armate (4) conclude affermando che la Carta costituzionale non contiene alcuna preclusione all'impiego delle forze armate per esigenze di sicurezza interna (5).

In relazione alla legge 382/78, sulla disciplina militare, quindi "il successo militare dipende da un fattore, l'uso della forza militare, che si presta ad essere definito e limitato giuridicamente, ma non del tutto ricondotto nell'ambito del sistema giuridico onde esso trae origine e legittimazione: la coerenza del diritto statale, infatti, non è del tutto piena ed incontra limiti, tra cui quelli posti dagli ordinamenti, derivanti dalle spiccate peculiarità di ciò che gli eserciti producono e della stessa materia prima, la forza, di cui si avvalgono".(6)

Secondo l'autore "Rispetto degli equilibri e dei rapporti giuridici è dunque il primo riferimento della polizia di diritto comune; conseguimento della vittoria o del successo militare quello della polizia militare"(7), affermando che "l'attività di polizia militare assume una doppia veste giuridica, a seconda che sia rivolta a persone appartenenti alle forze armate, ovvero a chi non lo sia o non lo sia ancora"(8) introducendo il principio che essa possa rivolgersi, con gli stessi poteri, anche ai civili ed inoltre "..."la sicurezza nazionale" coinvolge un pluralità di organi, anche al di là delle funzioni di indirizzo politico delle forze armate riservate alle autorità costituzionalmente competenti..."(9).

Sembra, allora, di capire che gli ordinamenti militari, la cui forza vincolante è basata sulla volontà dei capi, deroghino al diritto statale ed ad eventuali funzioni di indirizzo riservate ad altre autorità, come se quest'ultimo fosse diretta emanazione di uno Stato diverso da quello a cui fanno riferimento gli ordinamenti militari. Questa specificazione è importante per capire se sia stato fondato o meno un secondo Stato, qualora si riesca a dimostrare che un comportamento faccia riferimento a regole diverse da quelle dettate dalla Costituzione, poiché risulta evidente che accettare il dettato costituzionale significa essenzialmente conformarsi a tutte quelle norme che esso garantisce e che trovano libera esplicazione all'interno dello Stato italiano, garantendone al tempo stesso la sua posizione all'interno della comunità internazionale.

Perché non esistano più dubbi sul fatto che la trattazione sia riferita anche al tempo di pace, viene in essa sostenuto che "non sono da dimostrarsi le necessità di continuità logica e organizzativa tra le forze armate di pace e di guerra: non è infatti concepibile che, all'emergenza, ne sia possibile una tempestiva, efficace conversione non solo organizzativa, ma anche giuridica e culturale. E' dunque alla guerra che deve far riferimento lo strumento militare...."(10).

Inoltre, "Lo Stato esiste in quanto esiste una forza che ne reca il nome. I rapporti così dello Stato con il singolo, che degli stati fra loro, sono rapporti di forza (...) l'azione dello Stato è associata al carabiniere, (...) alle fortezze, ai cannoni, alle forze armate"(11). L'associare lo Stato al carabiniere non sembra essere dichiarazione puramente folcloristica ma la consapevolezza dell'esistenza di significati giuridici più coinvolgenti, specialmente a livello internazionle, di cui si vedrà più avanti.

Infatti in caso d'instaurazione di un governo militare con modalità diverse da quelle previste dalla Costituzione od attraverso l'artificiosa applicazione degli artt. 214-219 del T.U.L.P.S., finalizzato ad ottenere un riconoscimento internazionale o l'automatica applicazione del C.P.M.G., nei casi previsti, anche senza la prevista dichiarazione dello stato di guerra è possibile ottenere tale riconoscimento, ai sensi del diritto internazionale, in presenza di queste tre condizioni:

1. l'aver acquisito una esistenza territoriale distinta, mediante l'acquisizione di tutto o parte del territorio nazionale;

2. riunire i caratteri di un governo regolare che esercita di fatto su detta parte del territorio i diritti apparenti della sovranità, anche attraverso l'esercizio di un potere reale;

3. l'azione deve essere condotta da truppe organizzate, che siano soggette alla disciplina militare e che si conformino alle leggi ed usi della guerra.

Risultano, quindi, anche accidentalmente, comunque già attuate le condizioni per il riconoscimento giuridico internazionale di una entità statale diversa da quella attuale, retta transitoriamente da un governo militare. Infatti, un Paese straniero, in presenza di quelle tre condizioni più sopra citate riconoscerebbe subito una presenza a lui familiare ed identificata con lo Stato-Carabiniere, se non altro perché l'Arma partecipa regolarmente ed attivamente alle missioni di pace all'estero e la sua presenza sugli scenari internazionali non è mai stata percepita come minacciosa, ma, anzi le ha fatto acquisire, presso governi stranieri, un credito spendibile, al momento opportuno, secondo le modalità che verranno ritenute più opportune, intese a formalizzare soprattutto sul piano interno azioni che appaiono alla fine legalizzate. Sembra così delinearsi il tentativo di fondare un secondo Stato privo delle attuali garanzie costituzionali retto da norme interne all'ordinamento militare al quale sono soggetti tutti i cittadini pur tuttavia senza saperlo.

Inoltre,"...è bene precisare che l'esercizio di poteri di polizia ordinaria d parte di reparti militari od organi di polizia militare, per esempio nel contesto di un regime di governo militare, ovvero dello "stato di guerra interno" previsto dalla legge di pubblica sicurezza, sarebbe assai impropriamente ricompreso in blocco nell'attività di polizia militare, dovendosi ai fini di questa classificazione far primario riferimento alla definizione degli interessi a tutela dei quali le attività di polizia sono svolte."(12) Sembra vi sia la consapevolezza che lo stato di guerra interno possa devolvere in primis all'Arma, che si suppone sia la polizia militare per eccellenza, una somma di poteri intesi a salvaguardare interesi retti da norme proprie dell'ordinamento militare, rivolte anche a civili, basate, per lo più, non sulla loro conoscenza, ma sulla volontà dei singoli comandanti militari che, di volta in volta emanano ordini e direttive molto spesso non direttamente ma attraverso i propri subordinati, che avendo anche le qualifiche relative alla polizia di diritto comune possono più agevolmente interloquire con soggetti non militari che difficilmente riconoscerebbero provvedimenti autoritativi emanati sulla base di ordinamenti diversi da quelli retti da apposite norme giuridiche e garantite dalla Costituzione, anche servendosi d'una artificiosa interpretazione dell'art.650 del codice penale e in situazioni di emergenza, oltre che in guerra, vi è un passaggio di poteri dall'autorità civile a quella militare, identificandosi, quest'ultima, nel comandante superiore dei carabinieri (13).

Poiché "la vigilanza della polizia militare in tempo di pace dovrebbe essere pari o superiore a quella esercitata in tempo di guerra", (14) vi è inoltre la consapevolezza dell'esercizio dei compiti di polizia di diritto comune, devoluto a reparti militari nell'ambito di un regime di governo militare (15); e sembra di capire che l'Arma dei Carabinieri riunisca tutti i requisiti necessari per poterli esercitare e pur lamentando che presso infausti regimi totalitari le esigenze informative della polizia militare sono chiaramente assai superiori, sostiene che sarebbe azzardato sottovalutare quelle polizie militari "normali", per cui la stessa senza informazioni è cieca, e per ciò stesso largamente futile (16).

L'autore, pur sostenendo che la legge 801/77 ha limitato nell'ambito della singola forza armata i compiti di polizia militare, affidando al SISMI tutte le attività informative e di sicurezza relative alla difesa sul piano militare dell'indipendenza e dell'integrità dello stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione (art. 4) afferma che il SISMI è un organismo estraneo alle forze armate, non facente parte dell'ordinamento militare (17) e che proprio per questo è dunque fondata la conclusione che la funzione di polizia militare possa rientrare in una funzione militare della Stato più ampia degli ordinamenti militari e delle stesse forze armate, (18) con la conseguenza, sembra di capire, che anche il cittadino che non è militare rimane soggetto a norme che, per lo più, non conosce.

Quindi, il rispetto delle norme poste dall'ordinamento giuridico costituisce una forma, il modo di essere della polizia militare, e non il suo fondamento od il suo scopo, come avviene invece per la polizia di diritto comune (19). Il rispetto delle norme giuridiche non pare quindi rientrare tra gli scopi od i fondamenti previsti per la polizia militare e questo la rende palesemente incompatibile con i compiti di polizia comune: in altri termini una norma giuridica potrebbe essere suscettibile di applicazione a seconda se si opera come polizia comune o militare.
La stessa pubblicazione riconosce che non vi sono norme giuridiche che delimitino i poteri della polizia militare, per cui ambiti e modalità entro i quali essa deve operare devono essere desunti da altre fonti mediante un procedimento interpretativo, (20) dimenticando che la già citata legge 801/77, detta comportamenti restrittivi in tal senso.

Gli ordinamenti militari che qui si vogliono imporre anche ai civili non sono dotati di alcuna autonomia normativa, né possono produrre norme, mancandone una specifica legittimazione nell'ambito della gerarchia delle fonti riconosciute dall'ordinamento giuridico (21). Eppure la polizia militare, in mancanza di norme che ne delimitino l'operatività, si fonda su di un potere reale non riconosciuto da lacuna legge dello Stato semplicemente perché vi è un vuoto legislativo al riguardo che legittimerebbe tutto ciò che non è proibito. Non solo, l'eventuale violazione di obblighi concernenti i compiti di polizia militare verrebbe sanzionata, al massimo, solo disciplinarmente non potendo violare leggi inesistenti (22). La pubblicazione lamenta il fatto che la funzione di indirizzo della difesa sia devoluta ad organi di giurisdizione ordinaria, militare od amministrativa, per cui sembra di intravedere una antipatia verso quegli organi di giustizia che possono interferire con la volontà di singoli capi militari (23), sembrando polemizzare persino con il Consiglio della magistraatura militare quando afferma che questa si è ulteriormente "smilitarizzata" attraverso l'accesso ad essa degli obiettori di coscienza che, secondo lui, difficilmente potranno essere portatori degli interessi militari dello Stato. (24)

Anche se la legge di riforma dell'Arma dei Carabinieri, approvata in via definitiva il 30 marzo 2000, e che devolve a quest'ultima compiti esclusivi di polizia militare, non ne delimita i poteri, questi rientravano nell'esclusiva competenza di ogni forza armata che la esercitava nei confronti del proprio personale, in relazione all'art. 5 della legge 801/77, unica fonte normativa che delimita in maniera significativa i poteri in disamina.

La pubblicazione, quindi evidenzia che "l'ordinamento vigente non consente di delineare, con sufficiente organicità, "poteri" di polizia militare sufficientemente garantiti da apposite sanzioni penali, talché la maggior parte delle infrazioni commesse a disposizioni emanate da militari impegnati nel suddetto servizio, ed impartite a pari grado o superiori in grado, potrà trovare sanzione esclusivamente nel campo disciplinare. (25)

Nell'attività informativa della polizia militare che, ricordiamolo, opera con parametri diversi dalla polizia comune, l'informazione viene valutata

secondo:
1. il grado di valutazione dell'attendibilità della fonte;
2. il grado di valutazione dell'attendibilità della notizia ovvero del suo grado di veridicità (26).

Non ci sono qundi riscontri veri e propri sulle informazioni prese sul singolo cittadino, né i dati in possesso su quest'ultimo possono dirsi sempre aggiornati e rispondenti al vero. Se, ad esempio, 30 anni fa, sul cittadino sono state prese informazioni su opinioni di qualsivoglia tipo o dati sulla personalità, tutti estremamente mutevoli col tempo, raramente risulteranno aggiornati, né vi è alcun interesse a faarlo: l'interessato non lo saprà mai e non ne chiederà mai la rettifica o la distruzione.

Abbiamo quindi visto che i fondamenti giuridici della polizia militare appaiono dubbi perché fanno riferimento ad una propria presunta intoccabile giurisdizione militare, finalizzata ad esercitare un potere soltanto reale, non sorretto, cioè, da norme giuridiche in senso lato.

L'autore distingue, inoltre tra gli aspetti giuridici ed aspetti tecnico-militari, lamentando un attuale squilibrio a favore dei primi. (27) Da siffatta formulazione sembra di capire che i due aspetti siano incompatibili fra loro, soprattutto perché l'attività informativa e di indagine sul cittadino è giustificata in base a presunte necessità di ordine militare, il solo che, in assenzaa di norme precise rimane l'unica pretesa e l'unico appiglio per poter continuare ad incrementare 70 milioni di pratiche permanenti-fascicoli personali.

L'autore afferma che "in realtà, il problema dell'autorità reale non è del tutto riducibile ai suoi fondamenti giuridici, ma non v'è dubbio che questi siano determinanti, laddove si intenda prevenire una sua deformazione patologica. La scienza sociologica ha già ampiamente esplorato le possibili degenerazioni delle organizzazioni ed in specie di quelle più burocratizzate, in termini di potere: in un gruppo organizzato, compreso lo Stato nella sua interezza. La quantità totale di potere non cambia. Se pertanto il potere formale, cioè l'autorità sorretta da chiare ed efficaci norme giuridiche, in specie della gerarchia o della polizia militare, scarseggia, sempre più intenso e grave è il pericolo che si affermino forme degenerate di potere e di autorità reale che poi sarebbe assai più difficile far regredire." (28) Sembra chiara, comunque, la cosapevolezza dell'esistenza di un fenomeno degenerativo legato ad un potere reale non delimitato da alcuna norma giuridica.

Nella sua attualità la condotta attiva potrebbe non consistere in una discriminazione vera e propria ma in un attività volta a rivelare dati che la possono mettere in atto, ad esempio, a mutate condizioni politiche e costituzionali. Infatti la Carta Costituzionale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, ponendo la doppia condizione del riconoscimento e della garanzia. Con la presente disanima, però, si intende dimostrare che tale doppia condizione non opera almeno per la garanzia. Infatti, recenti conflitti interni sviluppatisi all'interno dell'Europa hanno dimostrato che la mancata garanzia di diritti umani, per il futuro, si è tradotta, sostanzialmente, in una drastica limitazione del diritto alla vita, senza diritti, la vita non ha più alcun valore e si può essere uccisi in qualunque momento e si omette di citare a titolo di esempio le leggi razziali del 1938 o i regimi totalitari dell'America Latina il cui scopo ultimo era il medesimo: la soppressione fisica di tutti quei soggetti ai quali non erano più riconosciuti determinati diritti. La limitazione del diritto alla vita, quindi, non appare autonomo, ma risulta dalla somma della negazione di altri diritti senza i quali la propria esistenza sarebbe simile a quella animale e, per ciò stessa, tutelata con minore intensità. Va quindi rilevato che in una organizzazione ha poca rilevanza lo statuto interno od una generica dichiarazione di conformità alle leggi vigenti, ma conta di più l'effettiva attività svolta che è poi quella destinata a produrre risultati concreti e vincolanti circa la liceità degli stessi.

Per quanto sopra, ad integrazione di quanto già richiesto, si ritiene opportuno sottoporrre a controllo tutti quei comandi dell'Arma dei carabinieri della capitale che hanno nel loro territorio di giurisdizione Istituzioni politiche, centri direzionali e di trasmissione radiotelevisivi nazionali sia pubblici che privati ed organi di stampa vari, allo scopo di accertare l'esistenza di pratiche permanenti-fascicoli personali anche riservate impiantate su soggetti a cui sono devoluti particolari incarichi e responsabilità nei settori di loro competenza.

P.Q.M.

lo scrivente chiede alla S.V. di accertare eventuali responsabilità a carico di persone ed organizzazioni che vorrà individuare ed emettere un provvedimento inteso a tutelare il rispetto di quanto sancito dalla legge 675/1996 e da altre leggi di diritto interno ed internazionale ed a far cessare l'eventuale comportamento illegittimo, facendo riserva di integrare la presente segnalazione con altri scritti o documentazioni sempre ad essa inerenti.

Segue raccomandata A.R.
S.Giovanni Valdarno (AR), 10 maggio 2000
Il ricorrente [firmato: Valerio Mattioli]

Note:

1. Supplemento nr. 2 della Rassegna dell'Arma dei Carabinieri (Aprile-Giugno 1993)
2. Idem, pag. 12, quinto capoverso
3. Idem, pag. 163, ultimo capoverso
4. Idem, pag. 171, terzo capoverso
5. Idem, pag. 171, terzo capoverso
6. Idem, pag. 164, quinto capoverso
7. Idem, pag. 166, terzo capoverso
8. Idem, pag. 174, primo capoverso
9. Idem, pag. 174, ultimo capoverso
10. Idem, pag. 162, ultimo capoverso
11. Idem, pag. 165, primo capoverso, citando A. Passerin l'Entrèves
12. Idem, pag. 174, secondo capoverso
13. Idem, pag. 314, ultimo capoverso
14. Idem, pag. 251, secondo capoverso
15. Idem, pag. 353, primo rigo
16. Idem, pag. 353, primo e secondo capoverso
17. Idem, pag. 176, secondo capoverso
18. Idem, pag. 176, terzo capoverso
19. Idem, pag. 177, ultimo capoverso
20. Idem, pag. 178, ultimo capoverso. pag. 179, primo capoverso
21. Idem, pag. 186, citando, per dovere di imparzialità, il pensiero di Bachelet, unico ad aver negato agli ordinamenti militari un'autonomia

normativa, propria di altre Istituzioni dello Stato.
22. Idem, pag. 215, penultimo capoverso
23. Idem, pag. 205, secondo capoverso
24. Idem, pag. 350, ultimo capoverso. pag. 351, 1° capoverso
25. Idem, pag. 215, penultimo capoverso
26. Idem, pag. 249, primo capoverso
27. Idem, pag. 351, secondo capoverso
28. Idem, pag. 362, ultimo capoverso, pag. 363, 1° capoverso



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All'Ufficio del Garante per Protezione dei Dati Personali
Legge 31 dicembre 1996, nr. 675.

Integrazione nr. 2 alla Segnalazione inoltrata in data 5 maggio 2000, dallo scrivente, Valerio MATTIOLI, Appuntato Scelto dei Carabinieri, nato a Roma il 26 aprile 1961, in servizio presso la Compagnia Carabinieri sita in S. Giovanni Valdarno (AR), Corso Italia nr.4, (C.A.P. 52027 - telefono personale <omissis>)

FATTO

Ad integrazione di quanto già segnalato con le precedenti segnalazioni, si fa presente che da informazioni assunte presso altri colleghi, i comandi provinciali dell'Arma dei Carabinieri deterrebbero fascicoli personali-pratiche permanenti, anche riservati, impiantati sul conto di personalità (giornalisti, politici, magistrati, ecc.) locali. L'attività informativa condotta nei confronti di persone di una particolare posizione sociale è, tra l'altro, contemplata nell'art. 225 del Regolamento Generale dell'Arma dei Carabinieri (allegato). Non risulta allo scrivente che tale norma sia mai stata abrogata. I suddetti comandi provinciali sono dislocati in ogni provincia e la loro giurisdizione copre il territorio della stessa.

P.Q.M.

lo scrivente chiede alla S.V. di accertare eventuali responsabilità a carico di persone ed organizzazioni che vorrà individuare ed emettere un provvedimento inteso a tutelare il rispetto di quanto sancito dalla legge 675/1996 e da altre leggi di diritto interno ed internazionale ed a far cessare l'eventuale comportamento illegittimo, facendo riserva di integrare la presente segnalazione con altri scritti o documentazioni sempre ad essa inerenti.

S.Giovanni Valdarno (AR), 13 maggio 2000
Il ricorrente [firmato: Valerio Mattioli]