14 Febbraio 2001
Plutonio italiano
Le analisi su 80 "campioni" a rischio uranio portati in Italia dal Kosovo rivelano la presenza di U-236, come era già accaduto per quelli analizzati in Svizzera
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/14-Febbraio-2001/art16.htm
ANGELO MASTRANDREA

 Anche nei campioni prelevati in Kosovo dagli esperti dell'Unep e analizzati nei laboratori italiani sono state trovate tracce dell'isotopo U-236, così come era accaduto, un mese fa, a quelli analizzati in Svizzera. In attesa del dossier finale del Programma ambientale dell'Onu (Unep), che andrà ad aggiornare quello datato ottobre '99, continuano a trapelare notizie sugli accertamenti effettuati nei diversi laboratori europei, nonostante la rigorosa consegna del silenzio imposta dall'Unep ai suoi ricercatori (il rapporto dovrebbe essere reso pubblico ai primi di marzo). Finora, l'agenzia delle Nazioni unite aveva confermato solo che, degli undici siti visitati dal team di esperti in Kosovo (composto da 14 tecnici di diversi paesi), in otto erano state trovate tracce di radioattività. E che nei cinque laboratori svizzeri di Ac-Spiez erano state scoperte tracce dell'isotopo U-236, che non si trova in natura. Si tratta di percentuali basse (lo 0,0028 per cento), ma la sua presenza indicherebbe che almeno una parte dell'uranio utilizzato in Kosovo proverrebbe da operazioni di riprocessamento di scorie nucleari. La qual cosa lascia presumere anche la presenza del più pericoloso plutonio. Da informazioni in nostro possesso, campioni radioattivi sarebbero stati trovati anche nei campioni analizzati all'università inglese di Bristol e nei laboratori italiani. Dei 340 campioni di acqua, suolo e vegetazione prelevati dagli esperti - che avevano trovato anche sette penetratori integri, più diversi bossoli e frammenti di munizioni all'uranio impoverito - 80 sono stati portati ad analizzare in Italia: 50 nei laboratori dell'Anpa di Pomezia terme (Roma), 15 all'Università di Urbino, 15 all'Enea di Bologna. Ebbene, anche tra questi, oltre alla presenza di uranio impoverito, sarebbe stata riscontrata la presenza di U-236, e dunque di plutonio, in quantità ancora imprecisate. Proprio della presenza di plutonio hanno discusso, qualche giorno fa, la commissione tecnico-scientifica nominata la scorsa primavera dal ministero dell'ambiente e il sottosegretario all'ambiente Valerio Calzolaio. Mentre giovedì la commissione difesa della Camera sentirà il ministro della Difesa Sergio Mattarella e il sottosegretario agli esteri Umberto Ranieri. La missione dell'Unep era stata in Kosovo dal 5 al 17 novembre scorsi, e lì, sulla base delle mappe fornite dalla Nato diversi mesi prima, aveva scelto gli undici siti più importanti, valutando in base al numero di proiettili sparati (31.500 in totale), e alla vicinanza a falde acquifere o a centri abitati. Laddove sono state trovate tracce di contaminazione (soprattutto da raggi beta) o penetratori integri sono stati apposti dei cartelli di pericolo. Anche se il responsabile della task force, il finlandese Pekka Haavisto, si era subito dichiarato preoccupato perché la popolazione per un anno e mezzo non era stata informata, e soprattutto i bambini avevano giocato tra i rottami radioattivi. Oltre ai laboratori italiani e svizzeri, si attendono ora i risultati di quelli svedesi (lo Swedish radiation protection institute di Stoccolma), e austriaci (negli International atomic energy agency laboratories di Seibersdorf). Ma la presenza di plutonio e, conseguentemente, l'utilizzo di uranio riciclato, rappresentano ormai una certezza. Tanto che nemmeno le autorità statunitensi smentiscono la possibilità che "per errore" all'uranio si siano mescolate piccole quantità di plutonio. Secondo il Dipartimento dell'energia Usa, la responsabilità sarebbe da attribuire ad alcuni bidoni "sporchi".