Il Manifesto
19 gennaio
"Plutonio? Non è pericoloso"
La Nato minimizza, mentre l'Onu allerta il suo personale sull'uranio impoverito. Un imbroglio le "mappe"
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TOMMASO DI FRANCESCO

 Una tale arroganza e confusione non l'avremmo immaginata nemmeno noi. Così mentre l'Onu ha allertato tutto il suo personale nel mondo a "non entrare in contatto con armanenti all'uranio impoverito", la Nato tranquilliza: "L'eventuale presenza di plutonio nei proiettili all'uranio impoverito, Du, non è pericolosa". L'Alleanza atlantica, in risposta ai timori per la scoperta di tracce dei due elementi atomici nei proiettili - fatta dai laboratori svizzeri a cui l'Unep ha inviato i dati raccolti in Kosovo -, già sotto accusa per i proiettili Du, non ha trovato di meglio che inventarsi quest'ultima "rassicurazione". "E' cosa nota da tempo - ha detto il portavoce della Nato Mark Laity - che nelle munizioni al Du possano trovarsi anche uranio 236 e plutonio, visto che sono prodotte con materiali atomici riciclati". Singolare il fatto che la dichiarazione atlantica citi il Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), lo stesso organismo che ha scoperto e denunciato, preoccupato, la presenza di plutonio. Solo poche ore prima il personale dell'Onu impegnato in missioni nel mondo ha ricevuto - con una lettera dell'Ufficio gestione risorse umane - la raccomandazione a stare lontano dai residui degli armamenti che potrebbero contenere l'uranio impoverito. L'Onu raccomanda inoltre al proprio personale di sottoporsi ad esami medici di fronte a sintomi sospetti. Una versione diversa dalla Nato, dunque - anche se dimentica raccomandazioni alle popolazioni irachene, sotto embargo Onu, e a quelle dell'ex Jugoslavia di fresca memoria "umanitaria". State tranquilli! C'è la Nato. In Bosnia, per esempio, sempre secondo l'Alleanza atlantica, gli esami nel sobborgo di Sarajevo dove la settimana scorsa è stata ritrovata una cassa di munizioni all'uranio impoverito dimostrerebbero che "non ci sono rischi per la salute della popolazione". Lo sostiene il colonnello Roger Rudolph, della protezione ambientale e la prevenzione medica della Sfor, il contingente Nato in Bosnia. I militari, ha spiegato Rudolph, hanno controllato i 150 proiettili anticarro scoperti a Hadzici, residuati dell'offensiva Nato del '95, ed è risultato che "gli effetti di queste munizioni su una persona che vi resti a contatto 24 ore al giorno per un anno intero sono inferiori agli standard internazionalmente accettati". Sconcertante. Il portavoce Nato si è dimenticato che gli abitanti serbo-bosniaci di Hadzici sono fuggiti da quel quartiere due-tre mesi dopo quei raid, ma prima hanno respirato i residui delle esplosioni, nel cratere del bombardamento. Per valutare davvero, lui sarebbe dovuto andare a visitare i profughi serbi di Hadzici riparati in 3.000 a Bratunac e le fosse dei 150 morti per leucemia - 400 secondo l'Accademia medica militare di Belgrado. Altro fatto sconcertante è la vicenda delle "mappe" fornite dalla Nato e imparate a memoria da Mattarella. Qualcuno imbroglia: dal 30 agosto al 14 settembre 1995 non vennero bombardati solo i quartieri serbi di Sarajevo come Hadzici e relative strutture militari, né solo Han Pjesak, bunker di Mladic, le sole località indicate nelle "mappe" fornite. La Nato bombardò a più riprese con le stesse armi all'uranio impoverito, fra i tanti altri obiettivi, Pale, "capitale" serbo-bosniaca, Prjedor, nel nord, dov'erano importanti postazioni dell'esercito e Banja Luka, sede dello stato maggiore serbo-bosniaco. Questo sulle "mappe" di Robertson non c'è. Perché?

 Ma che avviene davvero nell'ex Jugoslavia su questo? Dopo una sottovalutazione "oggettiva" per la necessità di non allarmarsi ancora di fronte ad un disastro troppo evidente, in questi giorni la stampa di Belgrado rilancia. Ieri il settimanale Nedelnj Telegraf ha denunciato che tre giovani ufficiali dell'esercito sono morti di leucemia, erano nella primavera del 1999 sulle posizioni serbe del sudovest del Kosovo, al confine con l'Albania, martellate per settimane dalla Nato. Altri tre militari sarebbero in fin di vita per leucemia e molti altri sarebbero ammalati. E la vicenda "uranio impoverito" entra nello scontro politico a Belgrado e tra Belgrado e i governi europei.

 Ieri, dopo giorni di incertezze, il presidente Vojislav Kostunica - che aveva rifiutato ogni dignità di rappresentanza al procuratore dell'Aja - ha deciso che riceverà Carla del Ponte durante la sua visita della prossima settimana a Belgrado. "Non pensavo di riceverla perchè ritenevo che nel governo federale vi fossero persone più competenti, ma ho cambiato idea", ha detto Kostunica in una conferenza stampa. E dall'Unione europea avevano fatto capire che un rifiuto avrebbe comportato il blocco degli aiuti, finora solo promessi. Kostunica non si è però piegato, e ha detto di avere maturato questa decisione quando la signora Del Ponte ha dichiarato che gli consegnerà "l'elenco segreto delle accuse" ai presunti criminali di guerra. "Le incriminazioni segrete sono semplicemente una vergogna per tutti coloro che per secoli hanno saputo cos'è la legge e che cosa dovrebbe essere", ha affermato Kostunica, fra l'altro docente di diritto. Spiegando che allora affronterà con la Del Ponte tre argomenti: l'uso di proiettili con uranio impoverito nei bombardamenti Nato del 1999 sulla Jugoslavia; una indagine sulla strage nel villaggio kosovaro di Racak (da quella strage partirono i raid dopo la farsa di Rambouillet) e l'uso che il tribunale fa delle incriminazioni segrete. Come a dire (cosa che già dichiarato): "Perché il Tribunale dell'Aja non incrimina anche la Nato?". Se non per l'uranio impoverito, che alla fine risulterà "benefico" almeno per le distruzioni e le migliaia di vittime civili che i raid "umanitari" hanno provocato.



Commento: indagate sui conti bancari dei rappresentanti dei governi che siedono alla NATO. Su tutti i dirigenti Nato.