Il Manifesto
10 gennaio
La Nato divisa sulla moratoria
La proposta italiana respinta da americani e inglesi, non dagli altri governi. Oggi le decisioni: una mappa dei luoghi colpiti in Bosnia, nuove ricerche mediche A. D.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/10-Gennaio-2001/art6.htm

 Nulla di fatto a Bruxelles, per ora: il Comitato politico dell'Alleanza atlantica ha discusso per tutto il giorno sul da farsi nella vicenda dell'uranio impoverito, che sta provocando alla Nato gravi danni d'immagine e complicati problemi di coesione interna tra gli alleati, ma la discussione è avvenuta a porte chiuse e le decisioni - ovviamente provvisorie - sono state rimandate a oggi, quando si riuniranno gli ambasciatori che rappresentano i governi nel Consiglio atlantico.

 All'ordine del giorno ieri non c'era solo la vicenda uranio in termini generali, ma in particolare la proposta italiana di una moratoria nell'uso del munizionamento incriminato fino a quando non si avranno dati certi sulla sua pericolosità per i soldati chiamati a maneggiarlo o a presidiare zone in cui sia stato usato (quanto alla pericolosità verso i civili, non sembra sia materia di cui la Nato intenda in alcun modo occuparsi).

 A quanto si è saputo ieri, la proposta italiana di moratoria sarebbe stata implicitamente appoggiata da tutti gli altri paesi membri dell'Alleanza, incontrando però il secco "no" di Stati uniti e Gran Bretagna, le due potenze che possiedono i maggiori stock di munizioni all'uranio impoverito e le aziende che lo producono. Anche i paesi non ostili all'idea di una moratoria, comunque, hanno preferito ieri non schierarsi troppo nettamente (anche perché la proposta italiana era stata resa pubblica solo poche ore prima della riunione).

 Finora Londra e Washington - e con esse l'Alleanza nel suo insieme - hanno sostenuto senza esitazioni la tesi secondo cui non c'è alcun nesso causale tra l'uso di munizioni all'uranio e l'insorgere di tumori o altre malattie nei militari coinvolti; ma la rigidità di questa posizione deve ora tener conto di nuovi fattori, in primo luogo di un crescente allarme dell'opinione pubblica all'interno dei paesi Nato, allarme che si potrebbe estendere pericolosamente anche tra i militari stessi. Molta inquietudine nelle alte sfere politiche e militari devono aver provocato le notizie secondo cui soldati greci, tedeschi e norvegesi avrebbero rifiutato - in numeri abbastanza rilevanti - di recarsi o di continuare a stare nelle regioni balcaniche interessate dal problema, fino a quando non ci saranno garanzie sufficienti sulla non nocività delle armi all'uranio. In Norvegia, in particolare, ieri avrebbero dovuto firmare un contratto per il Kosovo 400 soldati "professionisti", che hanno invece rifiutato.

 Non è quindi per caso che il governo inglese nel giro di poche ore ha ieri cambiato radicalmente parere sull'opportunità di uno screening sui propri veterani delle guerre balcaniche: dal "non se ne parla" del giorno prima si è passati ieri sera a un "lo faremo senz'altro a tutti quelli che lo desiderano". Test e rilevazioni di vario genere sono del resto in corso più o meno in tutti i paesi dell'Alleanza, in molti dei quali infuriano polemiche abbastanza pesanti sulle responsabilità della Nato e degli americani verso gli alleati. La Francia è uno dei paesi più tormentati: dopo aver annunciato un'inchiesta, il presidente della commissione difesa del parlamento, Paul Quiles, ha affermato che la vicenda "mette in causa seriamente la lealtà della Nato e degli Stati uniti verso i propri alleati", per non averli informati dei rischi legati alla scelta di questo tipo di armamenti. Tornando a Bruxelles, sembra plausibile l'ipotesi che oggi venga scelto un qualche compromesso, per non respingere in modo troppo secco la proposta italiana e non irrigidire pericolosamente le posizioni: forse potrebbe essere semplicemente lasciata libertà a ogni membro di sospendere o meno il proprio uso delle munizioni incriminate; dovrebbe poi essere fornita ai governi una precisa mappatura delle zone della Bosnia toccate da proiettili, bombe e missili all'uranio impoverito nella guerra del '95; e infine potrebbe essere commissionato un nuovo studio sull'argomento sia alla Commissione medica dell'Alleanza (che si riunirà il 15) sia a un organismo esterno - pare che la Nato intenda chiedere al Programma ambiente delle Nazioni unite di ripetere in Bosnia le rilevazioni compiute in Kosovo (che hanno portato all'identificazione di molti siti radioattivi).