Il Manifesto
06 Gennaio 2001
INTERVENTO
Uranio sui civili e le Ong
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Gennaio-2001/art10.htm
RAFFAELE K. SALINARI *

 Il sospetto di decessi tra i civili, siano volontari stranieri o cittadini locali, legati all'uso dell'uranio impoverito, non fanno che confermare la costante che nelle guerre recenti la maggior parte delle vittime sono tra coloro che la guerra la subiscono e non certo tra coloro che la portano. Le tardive e parziali ammissioni della Nato sull'uso di questa tecnologia bellica e l'imbarazzo con il quale le autorità politiche nazionali stanno trattando la vicenda non solo scalfiscono appena la superficie del problema legato all'uso militare dell'uranio impoverito, ma rimuovono totalmente il problema dei pericoli che corrono sia il personale delle Ong impegnate nei programmi di ricostruzione nei Balcani sia, a maggior ragione, le popolazioni civili residenti.

 Un doppio scandalo, quindi. Da una parte una vicenda che tradisce ancora quanto pesino le servitù militari alle quali il nostro paese è sottoposto dai comandi Nato, nonostante i vari proclami governativi che inneggiavano ad un'Italia finalmente diventata adulta a suon di bombe. Dall'altra parte, ancora una volta, i morti militari valgono più di quelli civili italiani, che vengono lasciati al buon cuore delle loro organizzazioni di appartenenza, forse per un malinteso senso di sussidiarietà - che in epoca di riforma privatistica del welfare sembra aver fatto scuola.

 E la graduatoria continua in ordine decrescente: non una parola, neppure di circostanza, per le popolazioni locali potenzialmente vittime delle radiazioni. Popolazioni oggi sottoposte ad un doppio inganno: una ricostruzione e una pace dopo i bombardamenti che appaiono ancora lontane dall'essere realizzate; e, per sovrappiù, un inquinamento letale che si manifesterà solo tra qualche tempo, in modo tanto sottile da non poter essere in molti casi legato alle cause originarie.

 Per essere stata una guerra "chirurgica" non c'è male. Se pensiamo allo stato dei fiumi ed ora a questo rischio presente e futuro ci accorgiamo che la resistenza della società civile internazionale ai bombardamenti era non solo politicamente e umanamente giusta ma anche lungimirante. Di fronte a questa vicenda quindi non possiamo stare a guardare, non possiamo delegare al mondo militare o a una commissione di esperti i termini di questa vicenda. Né tantomeno vogliamo limitarci a sporadici controlli sui nostri volontari.

 Dobbiamo fare di questa vicenda qualcosa che travalica il destino personale di quanti disgraziatamente saranno colpiti dalle "cause collaterali" di questa tecnologia bellica. Se infatti abbiamo combattuto per la difesa dei diritti civili e politici delle popolazioni dei Balcani, se abbiamo lottato per la pace e per la ricostruzione della convivenza civile, ora dobbiamo essere coerenti e seguire questo scandalo con azioni forti e simboliche, che diano il senso di un impegno che continua, come continueranno le morti tra i civili. Le Organizzazioni non governative e tutto il mondo del volontariato che si è impegnato nei Balcani al fianco delle popolazioni locali deve "costituirsi parte civile" per un'azione di denuncia verso i vertici militari e politici, chiedere trasparenza totale nell'informazione, la messa al bando totale di questa tecnologia bellica, la bonifica immediata di tutte le zone inquinate, un piano speciale per l'aiuto alle popolazioni locali, in particolare per i bambini che sono soggetti ad alto rischio.

 Le elezioni politiche si avvicinano, e molti di noi faranno le loro scelte non sulla simpatia dei premier delle coalizioni, ma soprattutto sulla base delle posizioni che si prenderanno in merito a vicende come questa, che sono il terreno vero sul quale si misura la democrazia di un paese.

 * Presidente di Terre des Hommes Italia