06 Gennaio 2001
Il Manifesto
INTERVENTO
L'Europa del futuro, e le sue bombe
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Gennaio-2001/art9.htm
GIUSEPPE DI LELLO *

 Il fragore postumo delle bombe all'uranio impoverito è riuscito ad indignare anche le tante anime belle che, all'epoca dell'aggressione alla Serbia, si erano calcate in testa con grande entusiasmo l'elmetto umanitario della Nato. Peccato che non abbiano approfittato di questa occasione per una qualche riflessione autocritica anche sulla carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei, nel momento in cui il progetto di esercito europeo diventa realtà.

 Nella coalizione dell'Ulivo e dintorni ci si è sempre detti entusiasti della carta, anche se con qualche rammarico per il poco spazio dato alla pace: solo nel preambolo, infatti, si fa riferimento alla decisione dei popoli europei di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. E' poco, per la sua storia passata e per quella futura, perché gli stati dell'Unione europea con la guerra alla Serbia hanno già stracciato i trattati e le convenzioni dell'Onu e della stessa Nato, mentre l'Italia, nello stesso frangente, ha dovuto stracciare anche la sua costituzione. L'Europa ora si sta militarizzando proprio sotto la guida di Solana, in esplicito coordinamento con la Nato e senza nessun coordinamento con l'Onu. Di peggio c'è che sta disegnando per il suo esercito una casistica di intervento pericolosa, se non demenziale.

 A Strasburgo, nell'ultima sessione di dicembre, il parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza Ppe-Pse e affini (la stessa che ha votato per la carta, mentre tutta la sinistra, con tre astensioni e il voto favorevole di Cossutta, ha votato contro) due relazioni a firma della deputata Catherine Lalumiére, la prima sulla instaurazione e la seconda sullo sviluppo di una "politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa dell'Unione europea" (Pecsd).

 Nella prima ci si chiede il perché della Pecsd e, esclusa la probabilità di un attacco diretto contro un paese europeo, si indicano le minacce che gravano sulla sicurezza dell'unione nel "nuovo contesto geostrategico del dopo guerra fredda".

 Trascriviamo sinteticamente (e fedelmente) il catalogo di queste "minacce":

 1) Le rivalità territoriali che, risolto il conflitto del Kosovo, potrebbero interessare la regione del Caucaso;

 2) Le rivalità etniche che, spesso esacerbate dalla religione in quanto fattore identitario, possono condurre a movimenti separatisti o alla dissoluzione di interi stati;

 3) le minacce economiche, soprattutto quando un paese cerca di compromettere la sicurezza degli approvvigionamenti o le vie di comunicazione di altri paesi, come già tentato dall'Iraq con il Kuwait;

 4) la mancanza di cultura democratica o di esperienza dell'economia di mercato che hanno potuto condurre taluni paesi in via di transizione a situazioni caotiche con il rischio di trascinare i loro vicini in una crisi o di restare essi stessi vittime di tentativi di destabilizzazione;

 5) le disparità economiche troppo stridenti, con la pressione migratoria che può derivarne e i suoi effetti destabilizzanti, quando si fa troppo forte, senza parlare delle reazioni negative che ciò può provocare nei paesi di destinazione;

 6) il terrorismo che si alimenta di diverse frustrazioni, non sempre razionali, di ordine politico, economico, culturale, religioso, storico e che persegue scopi politici con la violenza;

 7) le minacce all'ambiente che, in casi estremi, potrebbero provocare destabilizzanti spostamenti di popolazione;

 8) il proliferare delle tecnologie militari che possono condurre alla fabbricazione di armi di distruzione di massa e dei loro vettori, ma anche il traffico di armi che alimentano i conflitti;

 9) la minaccia che grava sui sistemi informatici di un dato paese anche con il propagarsi di taluni virus informatici su scala mondiale.

 Di fronte a tutte queste minacce, conclude Lalumiére, l'Unione non può restare sempre passiva e affidarsi ad altri per la propria sicurezza: ergo, la Pecsd e l'esercito con l'annesso elenco dei casi che ne potrebbero giustificare l'impiego. Alcuni di questi casi - le minacce all'ambiente o la proliferazione delle armi di distruzione di massa - visti alla luce dell'uranio impoverito potrebbero essere scambiati per battute da cabaret. Altri - le pressioni migratorie - la dicono lunga sullo spirito di accoglienza dell'Unione. Altri ancora, quali le rivalità territoriali ed etniche, dimostrano come le pulsioni interventiste dell'Unione siano sempre vive e vegete, mentre altri, quali le minacce economiche o la mancanza di cultura democratica o di esperienza dell'economia di mercato o l'invasione da virus informatici, sono semplicemente allucinanti. La seconda relazione, pur rilevando la totale mancanza di un controllo del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali sull'esercito, ribadisce che la Pecsd non ambisce a far concorrenza alla Nato, che resta il fondamento della difesa collettiva, né intacca gli obblighi di appartenenza alla stessa.

 Ora, tornando alla carta dei diritti fondamentali, possiamo renderci conto che il silenzio sulla guerra poteva essere uno dei tanti buoni motivi per votarle contro. Errare è umano, ma votare - non certo a scatola chiusa - anche per questo tipo di esercito è veramente diabolico. Anzi, a ben riflettere, no: c'è una logica che tiene insieme tutto.Questo sistema ha bisogno di una rinnovata scissione tra diritti civili e politici da un lato e diritti sociali dall'altro, ben conoscendo la "pericolosità" di una effettiva implementazione di questi ultimi per la sua stabilità (immodificabilità): ha bisogno quindi anche di una carta precostituzionale per fossilizzare questa scissione. E ha bisogno di un esercito che, in cooperazione con la Nato, lo tuteli da qualsiasi "minaccia".

 La casistica non ammette lacune e, al suo cospetto, persino tutte le libertà formali elencate nella carta andranno a farsi benedire, se "necessario": perciò in quest'ultima non poteva esservi nessun riferimento alla guerra e ai relativi diritti - doveri dei popoli e dei cittadini: la bugia dei diritti "fondamentali" sarebbe apparsa troppo evidente.

 * Europarlamentare Prc