Il Manifesto, 2 Gennaio
Carabinieri a rischio uranio
SINDROME DEI BALCANI In venti, provenienti da Bosnia e Kosovo, sono sotto osservazione.
Le famiglie delle vittime: "Il governo ritiri i militari"
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/02-Gennaio-2001/art8.htm
ANGELO MASTRANDREA

 Man mano che i giorni passano, il fascicolo nelle mani del procuratore militare Antonino Intelisano aumenta di consistenza. Naturalmente nessuno di noi ha avuto modo di vederlo, ma immaginiamo che, per renderlo facilmente identificabile, sui faldoni sia stata apposta una semplice scritta: uranio impoverito. Fino a qualche giorno fa, i casi su cui indagare erano quelli dei militari in servizio in Bosnia e in Kosovo morti o ammalati di leucemia a causa, si teme, dell'esposizione al metallo radioattivo usato come rivestimento dei proiettili scagliati dagli A-10 statunitensi.

 A questo filone se n'è poi aggiunto un altro, riguardante i carabinieri che hanno prestato servizio, ancora una volta, nei Balcani. Tutto è partito da una denuncia dell'Unarma, che ha denunciato il caso di Rinaldo Colombo, un carabiniere di 31 anni morto per un melanoma dopo essere tornato da una missione nei Balcani. Colombo aveva prestato servizio in Bosnia dal 9 dicembre 1996 al 27 marzo 1997, poi era stato mandato in Albania con l'operazione Alba. Il 20 maggio del '98 aveva scoperto di avere un tumore della pelle. Ma l'associazione denuncia anche che altri quattro militari, tornati di recente dai Balcani, sarebbero stati contaminati dall'uranio impoverito. Mentre sarebbero in tutto una ventina i carabinieri al momento sottoposti a controlli medici. Di questi, una decina sarebbero i casi sotto stretta osservazione medica, mentre per gli altri si tratterebbe di accertamenti che loro stessi hanno chiesto in via precauzionale. Il pm Intelisano, intanto, sta aspettando i risultati della commissione d'inchiesta nominata dal ministro della Difesa Sergio Mattarella.

 Sull'argomento ieri è tornata a intervenire l'Associazione dei genitori dei militari in servizio di leva, che ha chiesto al presidente della repubblica e ai vertici della Difesa e delle Forze armate il "ritiro immediato dei militari italiani nei Balcani", contro la decisione del governo di "prolungare al 30 giugno 2001 tali missioni all'estero, incurante dei cinque morti e degli oltre trenta ammalati in chemioterapia, e senza chiedersi a giugno 2001 quanti saranno". Mentre il deputato verde Paolo Cento, analizzando il consueto discorso di fine anno del presidente Ciampi, ha criticato le omissioni riguardo ai "sospetti sulla morte di militari italiani impiegati nei Balcani per i possibili effetti dell'uranio impoverito e della guerra chimica".

 Ovviamente, non c'è ancora nessuna certezza che le morti e le malattie siano da ricollegare all'esposizione a quello che è stato definito il "metallo del disonore", ma è altrettanto vero che i casi di leucemia e altri linfomi finora accertati in persone giovani e in perfetta forma al momento della partenza per i Balcani fanno sorgere più di un sospetto. E non solo in Italia, come dimostrano i recenti casi di leucemie segnalati in Spagna e in Portogallo. Gli esperti hanno già detto che l'insorgere di leucemie può essere un "effetto collaterale" dell'uranio impoverito, ma hanno anche precisato che è ancora troppo presto per valutarne gli effetti in Kosovo e in Serbia. E le malattie potrebbero essere conseguenza anche dell'esposizione ad altre sostanze chimicamente tossiche. Quello che è sicuro è che la Nato ha ammesso di avere sparato con gli A-10 31mila proiettili sul Kosovo (di cui la metà nella zona controllata dagli italiani) e altri undicimila sulla Bosnia. Nulla è dato sapere, invece, sulla Serbia, dove all'inquinamento radioattivo si somma quello chimico derivante dai bombardamenti alle raffinerie di Pancevo. E le vittime più probabili (non ce ne vogliano militari e forze dell'ordine) sono innanzitutto quelle popolazioni civili finora escluse dal dibattito e dalle denunce sugli effetti dell'uranio impoverito.