Il Manifesto, 31 dicembre
Europa all'uranio
Italia, Belgio e Portogallo si interrogano sulle conseguenze delle bombe Nato nei Balcani
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/31-Dicembre-2000/art7.htm
TIZIANA BARRUCCI

 Le parole d'ordine di queste ore sono chiarezza, informazione, tutela e soprattutto denuncia. All'indomani della notizia della morte per tumore di un carabiniere impegnato nel 1995 in Bosnia, si susseguono le richieste di dimissioni di vertici militari, gli appelli al capo dello stato, gli inviti a misure immediate per tutelare i militari - e non solo - in missione nei Balcani. Al doloroso silenzio in cui si sono chiusi i genitori di Rinaldo Colombo, il carabiniere stroncato da un melanoma cutaneo lo scorso novembre, fanno da contraltare gli appelli a "evitare allarmismi" dello stesso Cocer dell'Arma - seppur con "la massima attenzione" -, le critiche di associazioni e i timori sia per volontari che per la popolazione civile dei luoghi colpiti.

 Colombo, 31 anni, di Varese, era stato in Bosnia dal 9 novembre 1996 al 27 marzo '97. Dietro la sua morte potrebbe esserci la contaminazione causata dai proiettili all'uranio impoverito sganciati dalla Nato sulla Bosnia e sul Kosovo. Il nome di Colombo è stato fatto dai suoi colleghi di Unarma, mentre il suo fascicolo è stato richiesto dal procuratore militare Antonio Intelisano nell'ambito dell'inchiesta sui casi sospetti di leucemia tra i soldati impegnati mella missione al di là dell'Adriatico. Salgono così a più di venti i casi "sospetti", mentre una decina dovrebbero essere i carabinieri sotto stretta osservazione. Ad affiancare Intelisano nelle indagini c'è la commissione scientifica istituita dal ministero della Difesa, i cui risultati sono attesi da Intelisano visto che, come ricorda l'Agenzia nazionale per l'ambiente (Anpa), "ancora l'uranio impoverito non è riconducibile a causa primaria di leucemia". Questo nonostante diversi oncologi abbiano sostenuto che "il nesso non può essere escluso".

 Ma veniamo alle denunce. "Mentre si susseguono casi di patologie tumorali e di morti tra militari in missione nei Balcani per l'esposizione all'uranio impoverito, continua l'assordante silenzio dei vertici politici-militari del nostro paese", sottolinea Carlo Di Carlo, dell'Assodipro, un'associazione che si occupa della tutela del personale militare. Di Carlo attacca anche la commissione ministeriale, "saltata fuori a sorpresa dal cilindro del governo di turno e che fra qualche mese ci farà sapere di non essere approdata ad alcun risultato". Non solo, Di Carlo si appella al capo dello stato affinché "si adoperi per porre fine a questa ennesima farsa". Mentre Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, associazione dei parenti delle vittime delle forze armate, chiede le dimissioni dei vertici militari "colpevoli - dice - di aver imposto indebitamente il silenzio su tutta la vicenda riguardante l'uranio impoverito. Tutti i comandi militari erano a conoscenza dell'uso di quelle armi, ma ne è stato tenuto all'oscuro il governo, così come i cittadini, i militari impegnati nei Balcani, i volontari delle Ong, il personale della Croce Rossa e delle forze di polizia".

 Intanto, in tutta Europa si continua a parlare della "sindrome dei balcani". Di controlli medici volti a riscontrare eventuali conseguenze di agenti radioattivi effettuati su militari tedeschi che tornano dalle rispettive missioni in Kosovo riferisce il domenicale Wel Am Sonntag, che precisa come quei test siano stati messi in cantiere già dall'anno scorso. Chiede invece che l'ex segretario generale della Nato, nonché attuale responsabile della politica estera del'Ue, Javier Solana sia "processato per crimini di guerra" Antonio Ribeiro Ferreira, condirettore del quotidiano portoghese Diario de Noticias, il più antico e influente nel paese. "Le tonnellate di bombe all'uranio lanciate dalla Nato in Kosovo e Serbia nel 1999 hanno già ucciso soldati in Italia, Spagna e Belgio, mentre in Portogallo, dopo aver in un primo momento negato, il ministero della difesa ha deciso di far sottoporre ad esami medici i militari. La giustizia - scrive - perlomeno una volta nella vita deve tentare di essere imparziale". Su tutto questo tace anche la Commissione europea che, dopo la proposta di analizzare il tema avanzata due giorni fa dal ministero delle difesa belga, fa sapere di non averne ancora ricevuto alcuna informazione ufficiale.