20 Ottobre 2000
Il Manifesto
E oggi si discute di "porti nucleari"
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/20-Ottobre-2000/art5.htm

 Per la prima volta, oggi a Taranto, si svolgerà un convegno nazionale sui porti nucleari. A partire dalle 17, nell'istituto tecnico industriale Righi, discuteranno della questione rappresentanti di tutte le associazioni e delle forze politiche dei dodici "porti nucleari" che hanno lavorato "in rete" negli ultimi mesi. Simbolicamente, ogni organizzazione ha adottato un porto. Promuove l'incontro Peacelink, che ha pubblicato sul proprio sito web (www.peacelink.it/tematiche/disarmo/porti.shtml) tutti i materiali che raccolti sul tema. Non senza ricevere diverse minacce, come ci racconta Alessandro Marescotti, insegnante di professione, presidente dell'associazione, ambientalista e pacifista per passione. Taranto è stata la prima città a far convocare addirittura, lo scorso settembre, un consiglio comunale straordinario sull'arrivo dei sommergibili nucleari. Ciò è stato possibile grazie alla tenacia dei pacifisti, che sono riusciti a ottenere alcuni stralci del piano di emergenza nucleare per i civili, e alle tremila firme raccolte dal consigliere comunale Francesco Voccolo, di Rifondazione comunista. Il consiglio, in quella occasione, ha approvato all'unanimità un documento che istituisce una commissione (composta da consiglieri comunali ed esponenti dell'associazionismo) che dovrà studiare la questione. "Una vittoria", secondo Marescotti e Loredana Flore dell'Assopace, nonostante Ds e An abbiano dato il loro assenso solo a un testo "depurato" delle parti più critiche verso la Nato, con la motivazione che "i patti vanno rispettati e che non bisogna generare allarmismi che possono compromettere il turismo" [NDR: Fini e Veltroni non sanno che si tratta di Patti illegali in barba al Parlamento e/o alla Sovranità Popolare]. Nel testo originale si parlava infatti della "rottura dei propulsori", pure prevista dai piani d'emergenza, ma queste parole sono scomparse nella versione definitiva. Partecipano all'organizzazione Aiutiamo Ippocrate, Associazione per la pace, Associazione Sud, Chiesa valdese, Cobas, Coop. R. Owen, Legambiente, Missionari saveriani, Parrocchia Regina pacis, Pax christi, Wwf, Osservatorio sui Balcani (Brindisi).



20 Ottobre 2000
Il Manifesto
Nuke in ogni porto
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/20-Ottobre-2000/art4.htm

 Viaggio nei segreti militari di Taranto. Qui la Marina costruisce un nuovo porto ma non vuole abbandonare il vecchio. Un "ponte girevole" regola i ritmi militari e spezza quelli civili. Un incidente a un sommergibile nucleare fa prospettare scenari da "day after". E il Pentagono ne fa la base europea di un sofisticato sistema di spionaggio via computer
 ANGELO MASTRANDREA - INVIATO A TARANTO

 Che i civili debbano cedere il passo ai militari è testimoniato, e non metaforicamente, dal tassista che ci avverte che non potrà essere da noi prima di tre quarti d'ora, perché "fra dieci minuti chiudono il ponte" e, prima che lo riaprano, passeranno non meno di venti minuti. Così siamo costretti ad aspettare e a goderci lo spettacolo del passaggio di due cacciatorpediniere dal mar Grande al mar Piccolo, attraverso il canale che divide Taranto vecchia dalla città nuova. Dall'altro lato, un "ponte di pietra" separa a sua volta la città vecchia, costruita su un'isoletta, dalla zona industriale, in cui spicca per capacità di esalazioni l'Ilva di padron Riva, ex Italsider di stato e oggi fumigante azienda privata.

 Il "ponte girevole" si fa da parte con estrema eleganza praticamente ogni sera, a un orario segnalato dalle autorità militari con 24 ore di anticipo e segnato su una specie di lavagnetta all'ingresso. E' quasi mezzanotte e mezza quando viene chiuso, per la gioia di passanti e curiosi accorsi appositamente per seguire l'evento. Solo un pazzo potrebbe sfidare le leggi della fisica e avventurarsi sul ponte in movimento. E infatti è il matto della città, quello che tutti conoscono e che fino a un minuto prima faceva la corte a un'avvenente poliziotta, per niente corrisposto, a cogliere tutti di sorpresa e a passare dall'altro lato, Rambo di periferia, senza che nessuno riesca a far nulla per fermarlo.

 Nel mentre, sul mar Grande, che è poi il mar Jonio, riposa quieta la portaerei Garibaldi, orgoglio e gioiello della Marina militare. Proprio là dove è in costruzione il nuovo porto che, secondo la vulgata ufficiale, dovrebbe rimpiazzare la vecchia struttura sul mar Piccolo, dove navi come la Garibaldi e mastodonti da otto aerei, dodici elicotteri e quattromila miliardi, come la portaerei che si appresta a varare il nostro paese, avrebbero difficoltà a entrare. Come anche quei sommergibili a testata nucleare il cui arrivo è testimoniato dall'inserimento della città pugliese nell'elenco dei dodici porti italiani a rischio nucleare. Ma, secondo gli organizzatori del primo convegno nazionale sull'argomento, che si terrà oggi in città, i militari, più che lasciare il vecchio porto, avrebbero intenzione di raddoppiare. O quantomeno di negoziare una onorevole buonuscita, tanto da far esclamare agli ambientalisti che, di fronte al rischio concreto di cementificazione di un'area che si estende su novanta ettari e che fa gola a troppi, forse è meglio che questa non sia dismessa.

 Il piano di evacuazione per civili e militari

 Di fronte alle insistenze degli attivisti di Peacelink e dell'Assopace, la prefettura ha finalmente fornito una parte del piano di emergenza nucleare, appena otto pagine su un totale di duecento. Il resto rimane coperto dal segreto militare, nonostante gli articoli 129 e 130 del decreto legislativo 230 del '95 prevedano con chiarezza l'"obbligo di informazione" per la popolazione, "sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica". Anzi, per tutta risposta pare che il ministero degli interni abbia avviato un procedimento disciplinare nei confronti di due dipendenti della prefettura, in seguito alla "fuga di notizie", e qualche giorno dopo il prefetto Mario Licciardello è stato trasferito a Parma e rimpiazzato da Gennaro Monaco, già commissario del governo per la regione Lazio. Una cosa analoga era avvenuta quando era venuto fuori il piano di emergenza per la città di La Spezia: prefetto trasferito, inchiesta militare (e non ministeriale) sull'ipotesi di "rivelazione di segreti di stato", conclusasi con l'archiviazione da parte del gip Alessandro Farina.

 Allora eravamo entrati in possesso del piano di evacuazione militare nell'ipotesi di "massimo incidente possibile", che ora i militari stanno riscrivendo in seguito alle rivelazioni delle procedure di attracco e delle parole in codice da usare nel caso di incidente. Questa volta è stata diffusa la parte riguardante i civili, con tanto di requisizione di scuole e alberghi in caso di incidente. Mentre a Venezia la prefettura si è rifiutata di consegnare il piano, in seguito a una richiesta dei consiglieri comunali verdi Bergantin, Bettin e Caccia. D'altronde, lo stesso governo aveva a più riprese minimizzato i rischi, pur ammettendo l'arrivo dei sommergibili nucleari. L'ultimo dei quali, a Taranto, sarebbe giunto nel '94, giacché le mete preferite sarebbero Napoli (per lo "svago" dei marines) e La Maddalena (per la manutenzione), ma anche La Spezia e Augusta, in Sicilia. Eppure, la flotta atlantica pattuglia costantemente il Mediterraneo, con turni di sei mesi, e ogni missione comprende almeno due sottomarini nucleari e una portaerei a propulsione nucleare. E lo stesso ministero della Difesa ha confermato che "all'esercitazione Nato, denominata 'Dog fish', svoltasi in acque internazionali (qualche mese fa nell'Adriatico, ndr) hanno partecipato due unità a propulsione nucleare: il sottomarino statunitense 'Jacksonville' e l'omologo francese 'Casa Bianca'".

 C4I, l'occhio del Pentagono?

 Ufficialmente, quello che abbiamo di fronte in una mattina di sole e mentre ripensiamo al "ponte girevole" della sera prima è un porto gestito dalla Marina militare italiana. In realtà, l'integrazione con il Pentagono e la Marina militare americana è palese. Lo dimostra il fatto che Taranto è l'unica città europea inserita nel sistema cosiddetto C4I del Navy center for tactical system interoperability, con sede a San Diego, negli Stati uniti. Per capire di cosa si tratta, facciamo un passo indietro. Due anni fa, la Divisione sistemi tattici della Logicon (un'azienda con sede ad Arlington, Virginia, dove ha sede anche il Pentagono) si è aggiudicata un appalto per la realizzazione di servizi di supporto tecnico relativi a un sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence detto appunto C4I. Il contratto - protocollato dal Dipartimento della difesa Usa con il codice N00244-96-C-5078 - è frutto di un accordo fra il governo americano e quello italiano nell'ambito del programma Usa Fms di vendite militari all'estero. Costo iniziale: 9.889.408 dollari (circa 22 miliardi di lire), a cui sono stati aggiunti altri 49.908.613 dollari (circa 110 miliardi). La spesa è per il 94 per cento a carico degli Usa, e per il restante sei per cento a carico dell'Italia. I nodi operativi della rete di "spionaggio offensivo" sono la base aerea di Eglin, in Florida; Fort Monmouth, nei pressi di New York; Norfolk e Arlington, in Virginia; lo stato del Bahrein; e infine Taranto. I militari si difendono affermando che non si tratta dell'"occhio del Pentagono", ma di un semplice mezzo per comunicare indisturbati.

 Ma in cosa consiste il sistema C4I? Nella gestione delle informazioni relative allo spionaggio, basata su dei sistemi sofisticati che rendono "compatibili" i sistemi elettronici della nuova base navale di Taranto con quelli della Marina militare Usa. Coordinamento computerizzato, dunque, e spionaggio, se è vero che la I della sigla sta per "intelligence", e che nella non lontana San Vito dei Normanni ha sede una base di intercettazione di comunicazioni telefoniche e radio, fax, e-mail, e Internet, legata al sistema Echelon. Per fare questo, la Logicon ha elaborato un software militare denominato Multos e un sistema detto Dis (Distribuited interactive simulation), in grado di simulare azioni di guerra, e in cui è presente, come "nodo" facente capo al Pentagono, anche Taranto. E' inoltre esteso alla base pugliese il "linguaggio elettronico" Message text format (Mtf), con il quale comunica la flotta americana. Per cui, anche se formalmente la base resta in mano italiana, essa sarà sempre più integrata nel sistema di difesa Nato e il Pentagono potrà avervi facile accesso. Una base "virtuale", dunque, cui sarà possibile accedere anche se il "ponte girevole" dovesse per magia incepparsi.