Liberazione, 21 marzo 2001
Il Caso
Cresce il sospetto dell’utilizzo di proiettili all’uranio nei poligoni italiani. Il caso Toscana
I misteri di Cecina
http://www.liberazione.it/giornale/21-03mer/CASO/CAS-1/mors.htm

«Le Forze Armate italiane non detengono, non impiegano e non hanno mai impiegato munizioni all’uranio impoverito». Così si afferma nella risposta del ministro della Difesa ad una interrogazione parlamentare. Una simile risposta perentoria il ministro della Difesa aveva dato a proposito dell’impiego dell’uranio in Bosnia. In un comunicato dell’agenzia Ansa del 22 novembre 2000 si legge: «Il ministro ha spiegato che i due casi di leucemia acuta verificatisi nelle Forze Armate, l’uno l’anno scorso e l’altro nel 1994 (si riferisce ai casi di Salvatore Vacca e di Giuseppe Pintus, ndr) non sono correlabili all’uranio impoverito. Nel primo caso, infatti, il militare non era stato in Kosovo ma in Bosnia dove non sono stati utilizzati questi proiettili e nel secondo caso poi il soldato non era mai stato impiegato all’estero». (Infatti era stato impiegato nel poligono di tiro di Capo Teulada, ndr). Quanto affermato nel comunicato Ansa è stato poi manifestamente smentito dai fatti. Tra l’altro vi sono stati sparati oltre 10mila proiettili. Il ministro affermò che solo il 20 dicembre del 2000 si era saputo dalla Nato dell’uso dell’uranio in Bosnia. Ed invece lo si sapeva da molto prima perché ogni singola missione aerea compiuta dagli aerei A10 partiti dalla base di Aviano (retta da un colonnello italiano) è corredata da un rapporto di operazione in cui vengono specificati i singoli proiettili sparati in un raid aereo. E’ dalla somma di questi rapporti che è dedotta la cifra complessiva di oltre 10mila colpi. Il tutto era quindi già noto, in tempo reale, quando le operazioni vennero svolte.

Con questi precedenti ci è lecito dubitare sul fatto che l’Italia non abbia mai visto e conosciuto proiettili all’uranio in particolare con riferimento al deposito munizioni dell’Esercito dislocato a Cecina, in provincia di Livorno. Una importante struttura sotterranea che nasce in uno splendido tratto di costa vicino al mare. Nelle interrogazioni parlamentari che sono state presentate è stato chiesto in particolare se è stata effettuata nel deposito di Cecina la manutenzione del munizionamento calibro 105/5 che viene utilizzato dal veicolo blindato Centauro che è stato impiegato in Somalia. E’ stata in particolare avanzata l’ipotesi che un lotto di armi di questo calibro sia stato acquistato dall’Italia in Israele, paese che usa tale munizionamento ed è stata avanzata anche l’ipotesi che il deposito di Cecina operi non solo in ambito nazionale ma anche in ambito Nato. Su questo ultimo aspetto non si è avuta alcuna risposta, come pure ad altre questioni sollevate in una interrogazione del senatore Russo Spena, che si chiede se nel poligono di Nettuno sono stati sparati dei proiettili all’uranio per test comparativi. Il che starebbe ad indicare l’uso dei proiettili all’uranio nei poligoni di tiro. Nella sua interrogazione Russo Spena chiede anche di sapere se nel deposito di Cecina sono conservate armi chimiche. Qualche anno fa si scoprì che a Civitavecchia esisteva un deposito di iprite, quella iprite che i generali di Mussolini usarono nelle colonie e che in particolare il maresciallo Graziani usò in Libia colpendo inerti tribù nomadi senza alcuna protezione. Un fatto grave di cui a suo tempo venne sporta denuncia alla procura militare di Roma. Per quanto riguarda l’uranio, se vi è stato un acquisto da Israele, tracce di questo acquisto devono risultare negli atti del comitato apposito che fu istituito per la vendita di armamenti all’estero presso il ministero del Commercio con l’estero e che a suo tempo era presieduto da un funzionario del ministero degli Esteri, il ministro Indelicato. Russo Spena era anche interessato di sapere se nel poligono di Monte Romano sono state distrutte armi all’uranio. Dunque vi sono una serie di interrogativi non senza rilievo per i quali si attende una risposta.