Liberazione
9 gennaio
Uranio, il documento che inchioda la Nato
http://www.liberazione.it/giornale/09-01mar/PAGINONE/PAG-1+/APRE.htm

La Nato sapeva. Sapeva che i proiettili all’uranio impoverito erano pericolosi e che la salute dei militari esposti era a rischio. Per giorni i vertici dell’Alleanza hanno negato l’esistenza di questo rischio con una spavalderia che era giunta al punto di tessere uno sperticato elogio delle armi all’uranio e della loro efficacia bellica. Ma ora ad inchiodare la Nato alle proprie responsabilità e alle proprie bugie, c’è un documento ufficiale: un memorandum del ministero della Difesa tedesco, datato luglio ’99, in cui l’organizzazione atlantica parla in modo esplicito dei pericoli dell’esposizione all’uranio e mette in guardia i propri Alleati. La nota è rimasta chiusa in un cassetto del ministero tedesco, sino a quando ieri non è apparso a tutta pagina sul Berliner Morgenpost. Nessun dubbio sulla sua autenticità, subito confermata da un portavoce del ministero della Difesa. Il documento - redatto più di anno e mezzo fa, il 16 luglio, per conto del sottosegretario Peter Wichert - fa riferimento ad una «possibile minaccia tossica» rappresentata da questi proiettili utilizzati nei Balcani e aggiunge che l’Alleanza «ha raccomandato ai singoli Paesi di assumere proprie misure preventive». Non solo, ma viene anche aggiunto che «al momento non esiste un piano di decontaminazione della Nato». Strano monito davvero, quanto meno inutile, se fosse vero quello che la stessa Nato è andata ripetendo in questi giorni, e cioè che non vi è alcun nesso tra le armi all’uranio impoverito e le decine di casi di leucemia tra i militari denunciati in tutta Europa. Ma si sa, su questa storia - ha detto il portavoce dell’Alleanza, Mark Leath - gli europei hanno «parlato troppo», a vanvera, senza ascoltare gli Stati Uniti che li rassicuravano sulla assoluta innocuità dell’uranio impoverito. Qualche giorno fa, il quotidiano tedesco Die Welt, basandosi sempre su fonti del ministero della Difesa, aveva rivelato come i militari tedeschi fossero a conoscenza del rischio radiazioni e come dunque - a differenza del reso dei colleghi europei - avessero preso le necessarie precauzioni. Una’ipotesi che trova ora una conferma ufficiale in questo documento. Tanto più che nella nota si fa presente che, dopo l’allerta Nato, il ministero aveva immediatamente diramato ai propri soldati ordini su come comportarsi nelle zone colpite dall’uranio impoverito. Il memorandum ritrovato apre però la strada a nuovi interrogativi e mette nei guai il ministro della Difesa tedesco, il socialdemocratico Rudolf Scharping, accusato dai media e dagli avversari politici di aver sottovalutato i rischi. Un’accusa respinta da Scharping che si è difeso assicurando di aver preso tutte le precauzioni necessarie e che non ci sono dunque ragioni sufficienti per sottoporre a controlli medici i 60mila soldati tedeschi che hanno prestato servizio nei Balcani. Intanto però, sempre ieri, il cancelliere Gerhard Schroeder ha annunciato che oggi sosterrà le richieste italiane nella riunione della Nato a Bruxelles: «Vogliamo un’inchiesta completa - ha detto - su dove i proiettili sono stati usati e con quali conseguenze. Naturalmente vogliamo anche sapere se ci sono collegamenti tra malattie riscontrate e l’uso di quelle munizioni». Al comitato politico dell’Alleanza, il governo italiano chiederà innanzitutto le mappe dettagliate dei bombardamenti avvenuti in Bosnia - mappe a tutt’oggi mai diffuse -, la creazione di un coordinamento che faciliti lo scambio di informazioni tra i Paesi membri dell’Alleanza e la messa al bando di queste armi. La posizione di Roma è appoggiata, oltre che dalla Germania, dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Francia, mentre la Gran Bretagna continua a tenere le distanze in nome dell’asse angloamericano. Intanto una squadra di scienziati portoghesi è in Kosovo per esaminare le zone contaminate dal’uranio impoverito, mentre i tecnici della missione del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) hanno già scoperto un tasso di radioattività superiore alla media in otto degli undici siti visitati nella regione. E mentre Grecia e Norvegia intensificano i controlli sui propri soldati, la Russia, con il ministro degli Esteri Igor Ivanov, chiede ora un’indagine indipendente sugli effetti delll’uranio nei Balcani: «L’importante - ha detto Ivanov - è che ci siano controlli indipendenti ed obiettivi a livello di esperti dell’Onu, dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e dell’Organizzazione mondiale della sanità».

Stefania Podda