Liberazione
5 gennaio
Onu: «Kosovo radioattivo»
http://www.liberazione.it/giornale/05-01ven/PRIPIANO/PRP-3/URANIO.htm

Il Kosovo è radioattivo. L’Onu lo afferma, la Nato e il Pentagono lo negano in coro. Le fanfare della propaganda di guerra lavorano di gran lena anche in tempo di pace: l’Alleanza non può più nascondere di aver bombardato con l’uranio impoverito il territorio jugoslavo? L’agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite denuncia «un livello di radioattività superiore al normale» in ben otto aree tra le undici visitate a novembre dai suoi esperti in Kosovo? I portavoce dell’Alleanza non si perdono d’animo: dimostrateci che l’uranio fa male, ribattono impassibili. E passano al contrattacco: «Quelle armi non sono messe al bando da nessuna legge internazionale - dichiara con il suo miglior sorriso Leaty, il più ineffabile degli speaker Nato - e noi non abbiamo ricevuto nessuna richiesta in proposito. Sta alle singole nazioni decidere: sono loro che dicono alla Nato cosa fare». Non importa che gli effetti di quei proiettili siano noti dal ’91, non importa che i reduci della guerra del Golfo (dove quei micidiali ordigni furono dagli Usa sperimentati) denuncino da allora tumori linfatici, sindromi da crollo delle difese immunitarie e leucemie che troppi medici statunitensi si sono rifiutati di diagnosticare. Non importa nemmeno che la stessa Organizzazione mondiale della sanità consideri non inferiore al 48% la parte della popolazione irakena contagiata dalle radiazioni. Chi bombarda in nome della guerra umanitaria non bada alla minuzia di certi effetti collaterali e non si vergogna di affermare: «L’uranio impoverito non costituisce alcun pericolo per la salute». Il Pentagono arriva addirittura ad assicurare che «non c’è traccia di uranio in Kosovo» ed è pronto a sbandierare una sua ricerca condotta nello scorso marzo per dimostrarlo. A sbugiardare l’Alleanza e il comando americano, dopo le morti di soldati reduci dai Balcani e il vertiginoso aumento di malati di cancro nei (malconci) ospedali del luogo, giungono ora anche i risultati preliminari dell’indagine condotta in Kosovo dall’Unep, l’agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite. Il contatto diretto con i punti di impatto dei proiettili costituisce un «rischio» per le popolazioni, denuncia l’Onu, che ha inviato 14 scienziati provenienti da più Paesi (uno è italiano) in aree bersagliate dai raid all’uranio: cinque zone nel settore attualmente sotto il controllo italiano e sei in quello tedesco. La missione ha lì raccolto campioni di terreno e d’acqua, di vegetazione (erba, foglie, frutta e funghi) ma anche di latte di mucca e di macerie. Queste prove, insieme a residui di munizioni all’uranio, saranno analizzate in cinque laboratori situati in Svezia, Svizzera, Regno Unito, Austria e Italia (all’Anpa di Roma). Le conclusioni finali della missione saranno rese note tra febbraio e marzo. Intanto ovviamente, nell’enfasi dedicata a sminuire l’allarme uranio, la Nato si guarda bene dal dire che all’indagine dell’Unep ha opposto per mesi un muro di silenzi, negando con un repertorio invidiabile di fantasiose giustificazioni le mappe delle zone bombardate. «Inutilmente abbiamo richiesto i dati sulle operazioni militari e la cartina delle zone interessate» denunciava nel marzo scorso Pekka Haavisto, dirigente dell’Unep ed ex ministro finlandese per l’ecologia. E’ dall’agosto del ’99, infatti, che le Nazioni Unite tentano di monitorare i danni ambientali provocati dai bombardamenti in Kosovo. Nell’attesa di ricevere quelle benedette mappe gli esperti hanno rilevato sconvolgenti cambiamenti climatici e una minacciosa ricorrenza di piogge acide fin nella zona del delta del Danubio. Ora, alla constatazione che i bombardamenti delle raffinerie di Pancevo e Novi Sad, degli stabilimenti industriali di Kragujevac e degli impianti chimici di Bor hanno provocato la dispersione nell’ambiente di tonnellate di cianuro, diossina e mercurio, si aggiunge la conferma dell’impennata radioattiva causata dall’uranio impoverito. Qualcuno prima o poi dovrà spiegare ai kosovari perché l’Occidente che diceva di volerli salvare dal «crudele Milosevic», li ha invece sepolti sotto un manto di veleni.

Angela Nocioni