Liberazione
5 gennaio 2001
Si mobilitano cooperanti, casalinghe, poliziotti e pezzi di sindacato
Uranio, la lotta per la verità
La denuncia dei volontari italiani mai informati dei rischi
http://www.liberazione.it/giornale/05-01ven/POLITICA/POL-2/CHECCHINO.htm

“Guerra umanitaria”, era scritto sulle veline della Nato e dei governi alleati quando su Bosnia e Kosovo piovevano proiettili e missili all’uranio impoverito e i “nostri” ragazzi partivano illuminati dai riflettori delle tv. A microfoni spenti, alcuni di loro sono tornati ammalati, certi già sono morti e, se i riflettori si sono riaccesi, è stato per poco convincenti rassicurazioni scientifiche o per altre menzogne ufficiali. Dopo le ripetute denunce di Liberazione, Franco Corbelli, leader del Movimento “Diritti civili” ha presentato ieri mattina il secondo esposto nel giro di pochissimi giorni alla procura romana. Corbelli chiede ai magistrati di accertare le responsabilità delle alte cariche dello Stato, della Nato e degli Usa chiamati in causa da queste colonne.

Strage degli innocenti «Non era una guerra umanitaria ma una strage degli innocenti», scrive da Milano la Lila, lega italiana per la lotta all’Aids, una delle 52 ong coinvolte in progetti di solidarietà con le popolazioni dei Balcani. Anche i suoi operatori sono stati esposti agli stessi rischi degli abitanti e dei soldati del contingente italiano, nessuno dei quali era al corrente dei rischi da uranio impoverito. «Quanto vale la vita di un kossovaro, di un bosniaco, di un serbo?», si chiede la ong anti aids. «Possibile che nessuno tra i “vincitori” ritenga suo dovere finanziare uno studio epidemiologico e l’assistenza sanitaria immediata?», si legge nel comunicato Lila distribuito ieri mattina a Roma in una conferenza stampa tenuta dall’Ics, il consorzio italiano di solidatietà. Dal 1992, Ics lavora a Sarajevo, Belgrado, Pristina con centinaia di persone che si sono alternate nei progetti di ricostruzione. In queste città il rapporto tra cooperanti e militari, «è sempre stato costruttivo», dice Giulio Marcon, presidente del consorzio. Ma anche i soldati per parecchio tempo sono restati all’oscuro dell’incubo rappresentato dal pulviscolo che viene sprigionato nelle esplosioni di ordigni all’Ui. Poi, con mesi di ritardo, le truppe hanno ricevuto qualche istruzione ma loro - i volontari cooperanti - nessuno li ha informati. «Difficile per i civili stare lontani dai siti bombardati - spiega Martina tornata dalla Jugoslavia - come a Belgrado colpita nei quartieri centrali oppure non mangiare e bere le stesse cose che mangiano i residenti». «E la popolazione locale - aggiunge Marcon - rischia di non saperne mai niente». Eppure la stima del rapporto tra decessi di civili e morti di soldati è impressionante, mille a uno. «Si poteva e si doveva intervenire molto prima», continua Marcon indicando al governo l’occasione per «riscattarsi». Martedì prossimo, mentre in Italia, si riunisce la commissione Difesa di Montecitorio, a Bruxelles ci sarà il vertice del comitato politico della Nato: «L’Italia, in quella sede, potrebbe chiedere l’immediata messa al bando delle bombe Ui o impegnarsi non partecipare in futuro ad operazioni militari con Paesi che ne prevedano l’adozione». Nel maggio del ’99, traducendo un’intervista a Roger Coghill, l’Ics mise nero su bianco (sul web) la terribile previsione di decine di migliaia di cancri nei quattro-cinque anni a venire. Tanto ci mette l’uranio a scatenarsi nel sangue o nell’organismo di chi lo respiri. Per questo nessuno è più tranquillo di tanto nell’apprendere che finora nessuno dei volontari Ics abbia accusato finora sintomi della “sindrome”. Un’altra ong, l’Aibi (Amici dei bambini) ha annunciato che si costituirà parte civile contro la Nato in favore dei bambini che assiste in 27 villaggi del Kosovo. «Ci sentiamo abbandonati - confessa Marcon - perché nessuno ancora ci ha ancora contattato ufficialmente per sapere di eventuali casi o per avere delle informazioni. Noi, entro pochi giorni, perfezioneremo degli accordi con istituti scientifici per avviare un piano di controlli sanitari le cui spese dovremo sottoporre al governo». Verità, monitoraggio e bonifica dei territori, risarcimento per tutte le vittime. E’ questa la lista della spesa presentata all governo dal cartello dell’Ics, che raccoglie tra gli altri Arci, Acli, Assopace, Uisp, Lila, Legambiente, Pax Christi e Obiettori non violenti. Massimo Paolicelli, segretario di quest’ultima associazione, ha spiegato il nesso tra la recente abolizione della leva e le conseguenze delle guerre “umanitarie”: «Se a morire fossero stati soldati di leva si sarebbe alzato un polverone maggiore: il modello di difesa è cambiato per avere mano libera proprio in questo tipo di operazioni. Stupiscono le “lacrime da coccodrillo” da parte di chi ha voluto questo tipo di interventi e questo nuovo modello di difesa quando gli effetti dell’Ui erano noti dai tempi della guerra del Golfo. Certo, lavare i panni in famiglia mette a repentaglio non solo la credibilità delle forze armate ma anche la vita delle persone». L’associazione degli obiettori non violenti ha aderito alla Rete Aui (“Aboliamo l’uranio impoverito! ”) lanciata da Liberazione e promossa da una serie di associazioni di militari democratici e del mondo della solidarietà. «Non ce ne andremo dalle zone colpite - conclude Marcon - continueremo nelll’opera di solidarietà e condivisione con chi sta soffrendo le conseguenze della guerra».

Si muove la Cgil La società civile comincia a dare segni di preoccupazione e di mobilitazione. A Cagliari, la Cgil Funzione pubblica e l’Inca hanno istituito un servizio, con medici legali e avvocati, per l’assistenza previdenziale gratuita previdenziali ai militari che siano entrati a contatto con l’Ui (via Monastir 33). Perfino la Federcasalinghe di Federica Rossi Gasparrini invoca lo stato d’emergenza sanitario e uno screening di massa sulle popolazioni dell’area balcanica mentre l’Usp, sindacato di polizia, chiede il ritiro di poliziotti e militari da quei Paesi.

Checchino Antonini