Liberazione, 4 gennaio
Un silenzio complice
http://www.liberazione.it/giornale/04-01gio/PRIMA/PRI-1/EDITORIALE.htm

I politici italiani, compreso il presidente del consiglio, scoprono in questi giorni i pericoli dell’uranio impoverito. Tutti chiedono inchieste e certezze. Si muove perfino il Presidente della repubblica. Dovremmo dire: era ora che succedesse qualcosa. E che qualcun altro, oltre a noi di Rifondazione e di Liberazione, lanciasse un allarme, rompesse l’omertà, alzasse in qualche modo la voce. In realtà, si tratta di una «scoperta» scandalosamente tardiva che non riscatta certo un silenzio tanto lungo quanto colpevole - anzi, complice. In realtà, tutti sapevano tutto, o erano nelle condizioni di sapere tutto, da anni. Vogliamo rinfrescare la memoria? Risalgono ad una decina di anni fa le prime polemiche sulla «sindrome del Golfo» e sull’uso dei proiettili all’uranio impoverito. Risale al 1993 un documento ufficiale delle autorità militari americane sui pericoli per i militari impegnati nelle varie “missioni” e sulle cautele da usare. Ma, soprattutto, risale a un anno fa la lettera inviata da Alec Robertson a Kofi Annan nella quale il segretario della Nato ammette, con assoluta “tranquillità” di aver sganciato sul Kosovo 31 mila proiettili Du, di 425 grammi ciascuno. Che cosa dissero, allora, i politici di governo e di opposizione? Che cosa hanno fatto, da quel momento in poi, per saperne di più, per avviare indagini, per tutelare la salute dei soldati e dei volontari civili? Rigorosamente nulla: erano tutti ancora impegnati a difendere le ragioni della «guerra umanitaria» che ha devastato il territorio jugoslavo. Eppure, le segnalazioni e le denunce si sono moltiplicate, fino agli ultimi mesi. Nel frattempo, è già stato pagato un alto tributo di giovani vite umane. La guerra non risparmia nessuno, neppure i «vincitori» che, a differenza delle popolazioni civili, credono di poterne essere immuni. La guerra, quella guerra, rivela sempre la sua natura spietata e cinica, e riduce gli esseri umani viventi, a puro strumento di «piani» incontrollati e incontrollabili. Ora, che cosa si aspetta ancora? Di parole, ne sono state dette e scritte fin troppe. E’ l’ora di mettere al bando l’uranio impoverito, e di tornare a chiedersi se quella guerra era davvero così «giusta». Ma è soprattutto il momento di costringere l’Alleanza atlantica a rispondere, politicamente, delle proprie responsabilità: se l’ex-pacifista Solana si ritirasse dalla scena, sarebbe un primo, simbolico e significativo, risultato.

Rina Gaglia