Porti, caserme, e poligoni: ecco dove sono passate le armi all’Ui
Giro dell’Italia a rischio
http://www.liberazione.it/giornale/04-01gio/PAGINONE/PAG-2+/basi.htm

Ecco una mappa del nostro Paese disegnata tenendo conto dei luoghi (l’elenco è sicuramente incompleto) dove potrebbe trovarsi, o essersi trovato, l’uranio impoverito sotto forma di rivestimento delle munizioni degli A/10 Usaf, di ripieno dei missili Tomahawk o di pulviscolo annidato nell’equipaggiamento dei reduci dal teatro delle operazioni. I soldati italiani, come noto, non sono stati informati dei rischi e delle conseguenti precauzioni, se non cinque mesi dopo il loro sbarco in Kosovo. Le prime sintetiche istruzioni sono state diramate nel novembre ’99 e molto lentamente sono state diramate tra i vari reparti della Kfor. Meno fortunati, i componenti italiani della Sfor, la forza multinazionale di pace giunta a Sarajevo all’indomani dei massicci bombardamenti all’uranio impoverito dell’estate ’94 e ’95. A loro, mai nessuno si è sognato di comunicare i rischi che correvano a trafficare intorno alle carcasse dei blindati (bersaglio preferito degli A/10) o alle macerie delle caserme serbo-bosniache rase al suolo. A rischio, possono essere considerate anche quelle parti di caserme toccate da mezzi e cose non bonificate al rientro dalle missioni. Non è né chiara, né tranquillizzante la verità ufficiale che nega eventuali esercitazioni radioattive in territorio italiano. Giuseppe Pintus, però, non era mai andato all’estero ma è morto di leucemia dopo aver svolto il servizio militare nel poligono di Capo Teulada (Ca) per questo il comitato sardo “Gettiamo le basi” e altre associazioni di militari democratici hanno sollevato il dubbio che i nostri alleati possano aver provato le armi all’uranio nei poligoni messi a loro disposizione dai Patti atlantici.