Morto di leucemia dopo aver pulito con benzene e senza protezione armi tossiche
«Il generale ci disse: tacete»
L’atto di accusa del fratello di Salvatore Carbonaro, ultima vittima fra i reduci contaminati della guerra nei Balcani: «Dismesso per evitare la causa di servizio»
http://www.liberazione.it/giornale/04-01gio/PRIPIANO/PRP-2/APRE.htm

nostro servizio Siracusa «Da questo momento lei è un civile, un libero cittadino»: così il 19 ottobre del ’99 viene liquidato su due piedi, dopo due ore di attesa ed una veloce visione degli incartamenti, Salvatore Carbonaro, 22 anni, dalla Commissione medica del Centro militare di medicina legale di Messina. Civile, libero cittadino, uno stridente contrario alla condizione di militare, cittadino privo di libertà. Un anno dopo, esattamente il 6 novembre scorso, Salvatore cessa di vivere al Policlinico S. Matteo di Pavia dove - nel maggio del ’99 - gli era stata diagnosticata una leucemia acuta linfoblastica (Lal) con obbligo di trapianto del midollo osseo. Per tutto il mese di dicembre del 2000 siamo stati in contatto col fratello Mauro, rispettandone la volontà di non fare clamore sulla tragica vicenda di Salvatore. Con lui abbiamo più volte discusso tutti gli aspetti, e si sono alternate fasi di impotente amarezza, sfiducia a poter smuovere omertà militare e burocrazia, rabbia, volontà di verità.

Il muro di gomma

Con Mauro abbiamo dovuto insistere, cercando di dargli fiducia. Per uscire da una totale rassegnazione ci siamo aggrappati ai tanti, troppi, silenzi di Stato, Ustica, Peppino Impastato, Ilaria Alpi e quello del parà siracusano Emanuele Scieri. Più volte le parole gli si sono strozzate in gola spinte indietro dalla commozione. Lacrime che non venivano fuori, tutte erano già state versate e gli occhi si arrossavano mentre lo sguardo si sperdeva nel vuoto. «Vorrei solo che la gente sappesse che non deve mandare i propri figli al macello ed evitare che altri giovani facciano la fine di mio fratello». Abbiamo scorso assieme centinaia di fotocopie di esami clinici, perizie tossicologiche, indagini peritali. Alle nostre insistenze sull’uranio impoverito, Mauro ha sempre risposto: «Cosa ne potevamo sapere noi, due anni fa di queste cose. Nessuno ci ha detto niente… e si continua a non dire niente. Sappiamo solo che mio fratello era sano e forte e adesso non c’è più. Nella sua seconda missione gli è stato cambiato il suo incarico specifico ed è stato preposto alla pulizia e manutenzione delle armi, comprese le “teste di fungo” in dotazione nei carri armati».

«Allo sbaraglio»

Per tre mesi Salvatore Carbonaro ha svolto il servizio di armiere nella ex-Jugoslavia utilizzando benzene versato in bacinelle di plastica, senza alcuna protezione né guanti né mascherine, inzuppando a mani nude gli stracci per pulire le armi. Queste operazioni, ha puntualizzato lo stesso Salvatore in un promemoria ad uso legale, si svolgevano per ben cinque giorni alla settimana in una stanza di 20 metri quadrati in un edificio di vecchia fabbricazione colpito da precedenti bombardamenti. Di aerazione nemmeno a parlarne. L’unica finestra rimaneva sempre chiusa perché ostruita dal banco di lavoro e soprattutto perché doveva essere “un segreto militare” che proprio lì c’era un’armeria. Un segreto assoluto sia per i militari stranieri che italiani: «Chi lo doveva dire a mio fratello Salvatore che il benzene è altamente cancerogeno, se non gli ufficiali superiori? Chi doveva fornirgli ogni protezione se non lo Stato? E invece niente di niente. Lasciato alla sbaraglio». «E’ stato dismesso, dichiarato “civile” dopo di che lo Stato non si è fatto più vivo. Nemmeno una telefonata, una lettera, dopo che si è saputo della leucemia, anche per chiedere come stai. Perché noi li abbiamo informati giorno per giorno». Chiediamo se qualcuno della famiglia si è mai incontrato con qualche ufficiale per chiarimenti, per avere consigli. Il silenzio di Mauro è assoluto, lo sguardo va lontano. Ripetiamo la domanda due, tre, quattro volte. Silenzio. Alla fine Mauro guardandomi fisso con i suoi occhi arrossati sbotta: «Consigli? … Sì, quello di accantonare tutto, di lasciare perdere tutto… tanto non la spunterete nemmeno con dieci avvocati. Purtroppo è andata così, dimenticate tutto, questo il “consiglio” che mi è stato dato un alto generale».

Le spese per la salma

Per le spese come avete fatto? Si è fatto vivo qualcuno? Salvatore si irrigidisce. Con pudore, tutto siciliano, non ne vuole proprio parlare, non vuole fare cifre. «Ci siamo dissanguati per salvare mio fratello, a spese tutte nostre. E per chi non può disporre di niente, cosa succede?» Lo incalziamo più volte inutilmente per avere un dato. «Ti dico solo che per il rientro della salma da Pavia qui a Floridia, abbiamo speso 13 milioni. Aggiungi a ciò gli svariati viaggi dalla Sicilia a Pavia per più persone in aereo, gli alberghi, le perizie, i risultati clinici. E ancora aggiungi viaggi in macchina per tutta la Sicilia alla ricerca di un donatore compatibile per poter effettuare il trapianto del midollo osseo. Anche questo avevamo tentato iscrivendo Salvatore nel registro italiano e internazionale per l’attivazione della ricerca». Adesso che il clamore è esploso i familiari di Salvatore Carbonaro sono frastornati, sorpresi dalla presenza di giornalisti e telecamere. Forse torna la fiducia e Mauro ricorda: «Mio fratello lo avevano “dismesso” per evitare il riconoscimento della dipendenza da cause di servizio per la sua infermità, e per bloccare il diritto a percepire un equo indennizzo ma adesso vogliamo che venga fuori tutta la verità non solo per Salvatore ma anche per tutti gli altri. Lo Stato non se ne può lavare le mani». Tantomeno il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, a cui Salvatore aveva scritto per chiedere giustizia.

Ermanno Adorno



Commento: se continuano così, i prossimi militari li dovranno arruolare su Marte.