Liberazione, 4 gennaio 2001

Vietato parlare. Figuriamoci scrivere. Se si tratta di uranio impoverito poi, un buon militare certi dubbi non dovrebbe nemmeno farseli venire in mente. Qualcuno non ci sta? Qualcuno crede di godere del diritto al libero pensiero nonostante indossi l’uniforme, quei dubbi li mette nero su bianco e ha addirittura l’ardire di inviarli al quotidiano di Rifondazione comunista? Evidentemente se la cerca: denuncia alla procura militare e processo disciplinare. Il muro di gomma dell’esercito non tollera certe alzate d’ingegno. E’ così che ieri il maresciallo Giuseppe Pesciaioli, tredici giorni dopo la comparsa su Liberazione dell’articolo a sua firma che ripubblichiamo qui sotto, è stato messo a conoscenza dal suo vice comandante dell’esposto a suo carico presentato alla procura militare di Roma. Qualche ora dopo è arrivata anche la contestazione di una grave mancanza disciplinare e l’invito a nominarsi un avvocato difensore. Giuseppe Pesciaioli ha 37 anni, è in servizio da 19, e lavora da un anno e mezzo al centro di selezione nazionale dell’esercito a Foligno. E’ delegato Cocer, il consiglio di rappresentanza dei militari. Il suo articolo è uscito sul nostro giornale il 21 dicembre. La mattina del 27 Pesciaioli vede venirgli incontro un corrucciatissimo Mario Marinelli, il vicecomandante del centro. E’ stato forse autorizzato a scrivere quelle cose? Avrebbe dovuto chiedere il permesso, protesta il colonnello. «Sono delegato Cocer, non devo chiedere permessi», risponde, legge alla mano, il maresciallo. Marinelli prima di andarsene arriva al punto: «Mi preoccupa che lei, un militare, si rivolga ad un partito». Quello stesso pomeriggio arriva il turno del comandante del centro, il generale Plinio Paoli. Blocca Pesciaioli in un corridoio della caserma e gli chiede se l’ha scritto veramente lui quel pezzo, sottolineando che proprio non gli è piaciuto. Poi, qualche ora dopo, lo convoca nel suo ufficio. Una conversazione gentile, troppo gentile. Il generale descrive ad alta voce l’attuale condizione di vita del maresciallo. Mostra di conoscerla nel dettaglio: il lavoro da insegnante della moglie, l’abitazione rimediata nella quale si sono rifugiati dopo il terremoto di tre anni fa, la vecchia casa distrutta dal sisma. Nemmeno una parola sull’articolo, solo il vago accenno ad una vita finalmente tranquilla che non vale davvero la pena complicarsi. Poi silenzio. Solo le domande petulanti di ufficiali sbucati ogni tanto qua e là nella caserma, colti da accessi improvvisi di curiosità: conosci qualche giornalista a Liberazione? Come mai questi che nemmeno sanno chi sei pubblicano un articolo tuo? E ieri la comunicazione a voce, da parte del vice comandante, dell’imminente esposto alla Procura militare e l’invito scritto a nominarsi un avvocato per il parallelo processo disciplinare. Finché un giudizio simile è in svolgimento è bloccato ogni avanzamento di carriera con ricadute conseguenti anche sul piano economico. Nel documento firmato dal colonnello Marinelli vengono estrapolate righe dell’articolo di Pesciaioli (quelle che vedete evidenziate in neretto nel testo qui sotto) per contestargli di aver rivolto «critiche generiche e non motivate sia al Vertice Politico Militare delle Forze Armate sia al Vertice gerarchico in senso proprio, contribuendo ad alimentare discredito nei confronti della Forza Armata di appartenenza». Marinelli, che qualche ora prima ammetteva candidamente di non aver idea di quali fossero le ipotesi di reato contestabili a Pesciaioli per quell’articolo, comunica ora al suo sottoposto che quel comportamento «sarà valutato alla luce del regolamento di Disciplina Militare e, in particolare, di quanto indicato nell’allegato C dell’art. 65 ai paragrafi 16 e 17». Quell’allegato fa riferimento ai comportamenti «lesivi della dignità di altro militare», o «di altri militari considerati come categoria», o «del prestigio e della reputazione delle forze armate». Pesciaioli andrà su questa base al processo. Tutti gli altri sono avvisati.

Angela Nocioni



Commento: proprio alcune delle imputazioni che andrebbero contestate ai responsabili della uranio-connection.