Liberazione, 28 dicembre
Ma i giornali spagnoli ripetono: c’è un altro caso. Partono gli esperti portoghesi
Madrid nega i decessi ma avvia test di massa tra i soldati
http://www.liberazione.it/giornale/28-12giov/SOCIETA/SOC-1+/SPAGNA.htm

La Spagna ha già avviato test di massa sui veterani dei Balcani. Il Portogallo, invece, ha deciso di spedire sul luogo con la massima urgenza un pool di esperti per verificare il livello di radioattività delle munizioni ma di esami clinici per i 330 soldati lusitani reduci da Bosnia, Serbia e Kosovo, per adesso, non se ne parla. L’alto comando di Lisbona fa sapere, tuttavia, che a suo tempo la Nato garantì che non esistevano pericoli legati all’utilizzo di proiettili rivestiti di uranio impoverito (Du). Il caso di Hugo Paulino, giovanissimo sottufficiale, morto appena tornato dal Kosovo, ha fatto scoppiare nel Paese l’allarme per gli effetti devastanti della contaminazione. Insufficienza renale, nausea, febbre, vomito furono i sintomi accusati dal militare portoghese, «tipici di un’esposizione prolungata a dosi molto elevate di radiazioni», ha spiegato Manuel Abecassis, direttore della divisione di trapianti dell’Istituto portoghese di oncologia. Un altro medico, Joao Caraca, a capo del dipartimento di scienze della Fondazione Gulbenkian, si è detto «indignato per l’utilizzo fatto dell’uranio dalla Nato nel cuore dell’Europa che non infetta solo noi ma le generazioni future». Dopo forti pressioni internazionali l’Alleanza atlantica ha dovuto riconoscere un anno dopo l’uso in Kosovo di munizioni all’uranio impoverito, “ottime” per bucare la corazza dei blindati quanto velenose per chi si trovi ad ingerire o a respirare le particelle di Du prodotte dall’esplosione. Solo la scorsa settimana, l’impiego massiccio di proiettili del genere, lanciati dagli A/10 dell’aeronautica statunitense sulla Bosnia nel ’94 e ’95 è stata ufficialmente ammessa dal comando alleato e poi dal ministro della Difesa italiano Matterella. In Spagna, intanto, i primi cinquemila test disposti dal governo di Madrid sui trentaduemila veterani di sua maestà Juan Carlos avrebbero fornito esiti negativi ma Antena 3, televisione privata della Capitale, continua a diffondere notizie di vari casi di malattie legate alla permanenza in zone contaminate da uranio impoverito. Un militare iberico, come riferisce nel numero natalizio anche il quotidiano indipendente messicano La Jornada, sarebbe già morto ma da Madrid, il ministero della Difesa continua a negare l’esistenza di casi di leucemia tra i suoi effettivi. Oggi, nella regione sono duemila i militari spagnoli, metà dei quali di stanza in Kosovo dove l’uranio impoverito è stato adoperato in maniera ancora più massiccia che in Bosnia o nella Krajina. L’attendibilità dei test è legata all’idoneità delle strutture sanitarie che li effettuano e ai tempi di incubazione delle possibili patologie. In molti Paesi, Italia compresa, non esistono centri in grado di superare le difficoltà di determinare il rapporto isotopico di uranio 238 e 235, specialmente nelle urine. Un progetto di test è stato presentato in settembre a Parigi dalla Società europea di medicina nucleare ma, sulla sorte di milioni di civili e di migliaia di soldati, pesano la scarsa sensibilità degli apparati polico-militari (gli stessi che hanno voluto i bombardamenti) e una buona dose di norme e disposizioni antiquate sulla determinazione delle cause di servizio. Che. Ant.