22 novembre 2000
Liberazione
Prima pagina:
Soldati contaminati
Dopo sette anni di esposizione dei militari italiani all'uranio impoverito, un documento dello Stato maggiore dell'esercito ammette la pericolosità delle radiazioni nelle cosiddette missioni umanitarie
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a pagina 5:
Missione all’uranio
Lo Stato maggiore italiano ammette con sette anni di ritardo il rischio radiazione per i militari in Somalia, Bosnia e Kosovo: «Munizioni pericolose sia dal punto di vista chimico che radiologico»

Per anni le voci sulla contaminazione di militari italiani impegnati nelle operazioni in Somalia, Bosnia e Kosovo si sono susseguite, con una tragica sequenza di elementi probatori e smentite. Un elenco di casi sospetti che poco spazio ha avuto sia sulla grande stampa, che nelle aule parlamentari. Un silenzio anche dovuto al muro di gomma innalzato dalle nostre autorità militari e di governo. Ora, finalmente, con sette anni di ritardo rispetto agli americani, pure i soldati italiani sono avvertiti: gli armamenti all’uranio impoverito sono pericolosi! Lo Stato maggiore dell’Esercito italiano, riconoscendo la pericolosità dei proiettili contenenti U238, ha provveduto nella scorsa primavera a divulgare un documento ufficiale che fornisce una serie di informazioni cautelative alle truppe impegnate nella Federazione jugoslava. Ad esempio, nel testo, si fa riferimento alla necessità di «una ricognizione al fine di verificare che i siti prescelti come sedi del reparto operativo e logistico siano esenti da contaminazione. Detta ricognizione deve essere completata da un’indagine ambientale che ha lo scopo di valutare l’eventuale livello di contaminazione dell’aria, del terreno e delle acque». Nelle zone in cui opera in contingente italiano in Kosovo sono state effettuate queste verifiche? E ancora si legge: «La pericolosità di tale munizionamento (i proiettili all’uranio impoverito, ndr) deriva dalla tossicità dell’uranio stesso che si manifesta sia dal punto di vista chimico, sia dal punto di vista radiologico». «Il nostro esercito si accorge in ritardo di un pericolo che altri avevano abbondantemente segnalato», sottolinea Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera e responsabile dell’Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate, e aggiunge infatti che «il provvedimento cautelativo da adottare per la protezione del contingente italiano in Kosovo è datato maggio 2000 e arriva dopo un rapporto dell’Operations Support Directorate addirittura dell’ottobre ’93 dove gli Usa rendevano note ai militari inviati in Somalia le norme relative al trattamento in caso di esplosioni o incendi provocati dall’uranio impoverito, ingestione o inalazione di polveri o contaminazione di ferite da parte di frammenti di proiettili. Il nostro documento riprende quindi solo oggi quello americano ma era ovvio che già dalla Somalia le preoccupazioni italiane non potevano essere inferiori a quelle statunitensi. Come si spiega tanto ritardo?». Oltretutto apprendiamo dal quotidiano Il Giorno (18-11) e dal sito web del Dipartimento della Difesa Usa che anche in Bosnia nel settembre 1995, precisamente durante l’operazione “Deliberate Force”, sono stati usati armamenti pesanti all’uranio come gli anticarro da 30 mm e 13 missili Tomahawk block III Wdu. Anche in questo caso il governo italiano ignorava le mosse alleate e non prendeva gli adeguati provvedimenti contro le armi radioattive? Tuttavia, rispetto alla riconosciuta gravità del problema, il portavoce militare della Nato, generale Giuseppe Marani, dichiarava durante la guerra contro la Jugoslavia che i proiettili all’uranio non comportano alcun rischio perché il loro livello di radioattività non è superiore a quello di un orologio. Se può bastare come smentita, il sottosegretario all’Ambiente Valerio Calzolaio, al ritorno pochi giorni fa della missione italiana Unep (agenzia per l’ambiente Onu) dal Kosovo, ha ricordato che il maggior pericolo dei proiettili all’uranio deriva dai frammenti inesplosi depositati nel terreno. Il metallo può causare infatti l’inquinamento di falde acquifere o essere trasportato dal vento provocando effetti devastanti sull’uomo. Il silenzio sulla morte per leucemia di Salvatore Vacca, il caporal maggiore della Brigata Sassari impegnato in Bosnia, potrebbe essere una conferma del grave pericolo a cui sono sottoposti migliaia di altri soldati. Preoccupazione è stata espressa anche dagli attivisti del Comitato sardo “Gettiamo le basi” che chiedono se le norme di sicurezza sull’uranio siano state estese anche al personale civile e militare operante nei poligoni Nato della Sardegna dove, ricorda Mariella Cao, «si esercitano anche le forze alleate che hanno in dotazione armamenti all’uranio impoverito». In proposito il comune di Teulada aveva chiesto un osservatorio ambientale nella base militare senza giungere però a un accordo con il comando. Le richieste del Comitato e dell’amministrazione comunale sono state rilanciate dal senatore Russo Spena autore di due interrogazioni ai ministri della Difesa e della Sanità, dove chiede prima di tutto se sia consentito ai paesi stranieri che si esercitano nei poligoni tiro italiani, specialmente nel Triveneto e nella già citata Sardegna, di utilizzare proiettili all’U238 e se sia stato disposto un monitoraggio e disposizioni cautelative per il personale. Si attendono risposte.

Walter Falgio

22 November 2000
Liberazione
Front Page:
Soldiers Contaminated
After seven years of exposure of the Italian soldiers to the uranium, a document of the greater State of the army admits the dangerousness of radiation in the so-called humanitarian missions


page 5:
Uranium Mission
The Italian greater State admits with seven years of delay the radiation risk for the soldiers in Somalia, Bosnia and Kosovo:  " dangerous Ammunitions are from the chemical point of sight that radiological "

For years the voices on the contamination of military Italians engaged in the operations in Somalia, Bosnia and Kosovo has been ollowed, with one tragic sequence of probative elements and refutation.  A directory of cases suspiciones that little space has had is on the large press, than in the classrooms parliamentarians.  Hush also had to the raised wall of rubber our military authorities and of government.  Now, finally, with seven years of delay regarding the Americans, also the Italian soldiers are adviced:  the depleted uranium armaments are dangerous!  The greater State of the Italian Army, recognizing the dangerousness of rounds containing U238, has supplied in the slid spring to disclose an official document that supplies a series of cautelative information to the troops engaged in the Federation Yugoslavia.  As an example, in the text, reference to the necessity of " a recognition is made the aim to verify that situated the prechosen ones as centers of the operating and logistic unit are free from contamination.  It dictates recognition must be completed from a surveying acclimatizes them that it has the scope to estimate the eventual level of contamination of the air, the land and waters ".  In the zones in which work in Italian contingent in Kosovo they have been carried out these verifications?  And more:  " the dangerousness of such supply (depleted uranium rounds) derives from the toxicity of the uranio same that manifest is from the point of chemical sight, it is from the radiological point of sight ".  " our army notices in delay of a danger that others had abundantly marked ", it emphasizes Falco Accame, former president of the Defence Commission of the italian Parliament and responsible of the National Association for Victims Enlisted in the Armed Forces, and adds in fact that " the cautelative provision to adopt for the protection of the Italian contingent in Kosovo is dated May 2000 and arrives quite after a relationship of the Operations Support Directorate of October ' 93 where the USA rendered notes to the soldiers send in Somalia the relative norms to follow and the treatment in case of outbreaks or fires caused ny depleted uranium, ingestion or hurt powder inhalation or contamination of from fragment part of rounds.  Our document resumes therefore that American only today but it was obvious that from the Somalia the Italian worries already could not be inferior to those of Americans.  How do you explain this delay? ".  And more: we learn from the daily paper Il Giorno (18-11) and from the situated one web of the Department of the USA Defense that also in Bosnia in september 1995, just during the operation " Deliberate Force ", have been used heavy uranium armaments like the tank destroyer from 30 milimeter and 13 missiles Tomahawk block III Wdu.  Also in this case the Italian government ignored the ally movements and he did not take adequate provisions against the radioactive weapons?  However, regarding the recognized gravity of the problem, the military megaphone of the NATO, general Giuseppe Marani, declared during the war against the Yugoslavia that uranium rounds does not involve some risk because their level of radioactivity is not advanced to that of a clock.  If he can be enough like refutation, the Environment Undersecretary Valerio Calzolaio, at the return little days ago of the Italian mission Unep (UN agency for the Environment) from the Kosovo, has remembered that the greater danger of the uranium rounds derives from unexploded fragments deposited in the land.  The metal can cause in fact the pollution of water-bearing stratums or be transported from the wind provoking devastating effects on the man.  The silence on the leukaemia death of Salvatore Vacca, the caporal of the Sassari Brigade engaged in Bosnia, could be a confirmation of the serious danger to which are subordinates thousand of other soldiers.  Worry has been expressed also from the activists of the Sardinian Committee " Throws the Bases " that ask if the norms of emergency on the uranium have been extended also the civil staff and military operating in the Nato polygons in Sardinia where, remember Mariella Cao, " practice also the ally forces that have in equipment depleted uranium armaments".  In purpose the Teulada City Council had asked an environmental observatory in the military base without reaching an agreement with the Military Staff.  The demands for the Committee and the communal administration have been repeated from the senator Russo Spena author of two parliamentary questions to the ministers of the Defense and the minister of the Health, where it asks first of all if it is concurred with the foreign countries that practice in the Italian polygons shooting, especially in the Triveneto and in already cited Sardinia, to use U238 rounds and if it has been arranged a monitoring and cautelative dispositions for the staff.  Answers are waited.

Walter Falgio

La mafia dei generali
di Nicky Vendola

Non esiste nulla di più intrinsecamente violento dell’ordine militare. Nulla di più ontologicamente opaco, farisaico, predisposto al depistaggio e alla censura. Niente di più istituzionalmente menzognero, affarista, criminale. Salvate il soldato Ryan un cavolo: per una stelletta di generale, per un appalto di colonnello, per un lotto di caserma, si possono sterminare milioni di soldati Ryan, carne da macello buona per il ciclo e il riciclo dell’economia bellica, operai e merce della fabbrica dello sterminio di massa, pagati al cottimo delle missioni umanitarie e, in caso di morte, commemorati con la tromba e la medaglia alla memoria. Poi oggi accade che il rischio dei “nostri” sia minimo rispetto al rischio dei “loro”: perché gli eserciti non si confrontano sul terreno ma sul computer, perché noi scendiamo sotto forma di artiglieria apocalittica dal cielo e loro sono sui ponti o sotto i ponti a cercare di scansare il nostro fuoco. Eppure un rischio, devastante ma invisibile, c’è anche per i “nostri”. Lo chiamammo “sindrome del Golfo” ed era l’epidemia che colpiva e decimava molti reduci dal conflitto irakeno di dieci anni fa. Cosa aveva minato la salute e la vita di quei marines che avevano combattuto le battaglie di Bagdad e dintorni? Andando controvento, seppure protetti dalla retorica del “desert storm”, respirarono veleni: quelli dell’uranio, quelli liberatisi dall’industria chimica rasa al suolo dai bombardamenti. Con grave e colpevole ritardo, sette anni fa le gerarchie militari nordamericane ammisero la verità: per insipienza, per proteggere enormi interessi economici, avevano nascosto l’entità dei pericoli legati alle missioni internazionali. Per non creare allarmismi produssero superficialità e mancanza di specifiche misure di protezione per i loro stessi eserciti. Dunque: non solo nel nome della pace fecero tante guerre, ma una peculiare guerra la condussero al diritto all’informazione e conseguentemente al diritto alla salute e alla vita. Qui in Italia certi nostri generali, felloni per indole e per vocazione, hanno tardato di ulteriori sette anni la comunicazione di questa straordinaria colpa marziale: così solo da poco sappiamo che anche i nostri soldati si sono andati ad esporre, inconsapevoli, a fonti di radioattività e ad altre orribile cose. E il bacio della morte sta consumando ora le sue vittime. Ma le divise si sottraggono a qualsivoglia pubblico confronto sul loro operato. Culi di pietra che mentono. Con patriottica obbedienza al potere metafisico dei gradi, dei graduati, dei graduanti affari militari. Cannoni e bombe e soldi e carriere e mafia in gran’uniforme. Assassini di Stato innamorati del tricolore.