12 gennaio
La Stampa
«Salvati dalle maschere antigas»
Il comando serbo: nessun caso di leucemia tra i soldati
http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/ZACCARIA.htm
inviato a BELGRADO

NELLA popolazione civile il dramma comincia a diffondersi, ma fra i soldati non si registra un solo caso di leucemia. Com’è possibile che i primi a ricevere in testa tonnellate di «Du» (uranio impoverito), ossia i militari della «Jugoslovenska Vojska», siano i soli apparentemente immuni dalla sindrome che attanaglia le armate europee?

«Solo perchè sapevamo cosa sarebbe accaduto», risponde il colonnello Milan Zaric, 48 anni, capo del settore «Abh» (guerra atomica, chimica, batteriologica) dello Stato maggiore.

«Alla vigilia dei bombardamenti avevamo ritenuto probabile che la Nato avrebbe usato bombe all’uranio impoverito, e per i nostri uomini l’ordine tassativo era quello di non toccare mai i frammenti di ordigno e avvicinarsi ai luoghi colpiti solo respirando attraverso una maschera».

Ecco un altro tassello della storia, un elemento finora trascurato da tutti: eppure scoprire come mai le vittime designate risultino alla fine più in salute degli altri soldati d’Europa può essere istruttivo. Il colonnello Zaric racconta molte cose, e non solo dal punto di vista militare: sul suo biglietto da visita accanto al grado fa bella mostra di sé un «Mr.» che significa «magister», ovvero cattedratico (in chimica). «Vuol sapere cos’è accaduto durante i bombardamenti? Ne parlo volentieri, anche perchè fino a due mesi fa col regime di Milosevic raccontare certe cose era impossibile. Questa è la seconda volta che lo faccio, la prima è stata a Manchester, il 5 novembre scorso in un congresso internazionale per il bando delle munizioni all’uranio».

«Quel che ho detto in Inghilterra vale anche oggi: ancora non capisco perchè la Nato abbia usato i proiettili al "Du". Dinanzi alla sproporzione dei mezzi in campo l’Alleanza avrebbe potuto impiegare qualsiasi altro genere di munizione senza che le sorti della guerra potessero mutare. Eppure i danni che il "Du" provoca alla salute degli uomini ed all’ambiente sono noti. A parte il caso Iraq ci sono quelli di Portorico, del Sud Corea, della Scozia, dove intorno ad aree di esercitazione per i piloti degli A-10 si sono verificate leucemie a catena».

Torniamo al Kosovo: nei bombardamenti perirono circa 450 soldati jugoslavi. Chi si trovava nei carri colpiti dalle bombe all’uranio morì sul colpo.

«Evidentemente. Anche se i «tanks» distrutti furono pochissimi».

Quanti?

«Diciannove o 20, su un caso c’è ancora incertezza. Le altre bombe distrussero un centinaio fra blindati e carri per il trasporto truppe, più molti automezzi civili».

E quanti ordigni al «Du» furono lanciati per raggiungere questi risultati?

«La Nato ha detto 31 mila, noi stimiamo circa 50 mila, per le ragioni che le dirò fra breve».

Così tante bombe per così pochi carri?

«Avevamo preparato centinaia di finti bersagli, carri in compensato o cartone che eravamo in grado di far muovere per mezzo di lunghi cavi trainati da trattori. I finti carri erano anche in grado di attirare i sensori di ordigni che cercano il calore».

Come?

«Attraverso stufette a gas, quelle che si comprano nei supermercati».

Ma gli scampati non rischiavano altri danni per l’uranio polverizzato?

«Sono sopravvissuti perchè avevavo ordini severissimi. Lungo tutto l’arco dei bombardamenti il nostro esercito poteva soltanto seguire una tattica di resistenza».

Tutti nei bunker, aspettando la fine delle incursioni.

«Più o meno. Dopo ogni bombardamento l’ordine ultimativo era quello di munirsi di maschera prima di avvicinarsi a qualsiasi area colpita».

Maschere speciali?

«Comunissime e vecchie maschere antigas. Le stesse che usa il vostro esercito, penso».

Si parlava prima del numero di bombe al «Du» sganciate.

«Sì. Noi pensiamo siano più di 31 mila per due ragioni. La Nato ha fornito un elenco di luoghi colpiti indicando anche il numero di ordigni lanciati, ma per 23 siti quest’ultimo dato manca. Secondo: altri sei luoghi fuori dal Kosovo sono stati contaminati, noi abbiamo misurato la radioattività eppure negli elenchi Nato quei posti non esistono».

Quali sono questi luoghi?

«Cinque aree in Serbia, nella valle del Presevo, ed in Montenegro la penisola di Lustica. Quindi è evidente che ci sono state altre bombe all’uranio: adesso aspettiamo l’arrivo di un’altra commissione dell’Onu e nel prossimo marzo i dati della ricognizione precedente. Forse fra breve questo mistero nel mistero sarà dissipato, anche se è paradossale come in questa storia chi ha bombardato stia subendo i danni a lungo termine ed i "liberati" siano quelli cui è stato consegnato il destino peggiore».

Qual è stata l’area più colpita?

«Guardi questa mappa, intorno ad ogni luogo bombardato viene indicato il numero di ordigni».

Qui ne vedo segnati mille, poi altri 300, poi... Qual è il totale?

«Duemilatrecentoventi bombe all’uranio».

E dove siamo?

«In un’area di circa due ettari, dieci chilometri a Sud-Est di Giakovica».

Zona oggi assegnata a chi?

«Ai soldati italiani».



Commento: perché non scambiare la destinazione delle truppe italiane con quelle americane? "...E vedere di nascosto l'effetto che fa...- Vengo anch'io! - No, tu no." Sturmtruppen.