La Stampa
Lunedì 8 Gennaio 2001
Londra, proiettili all’uranio anche nelle esercitazioni
Gli scienziati: pericolose per 10 anni le polveri radioattive
http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/PASSARINI.htm
Paolo Passarini
corrispondente da LONDRA

Con ritardo rispetto ad altri Paesi Nato, ma con crescente accelerazione, la vicenda dei proiettili all’uranio esaurito sta diventando un caso politico anche in Gran Bretagna. Stava già montando nei giorni scorsi, soprattutto dopo la pubblicazione del rapporto dell’Unep (United Nations Environment Program) sul ritrovamento di tracce radioattive in otto su 11 aree ispezionate in Kosovo. Ma è da ieri, da quando cioè il ministero della Difesa ha ammesso l’uso di proiettili all’uranio in un certo numero di esercitazioni delle truppe britanniche, che l’espressione «Bosnia War Syndrome» ha cominciato a tambureggiare attraverso i media, sovrapponendosi e poi aggiungendosi all’eco di un’altra espressione diventata tristemente popolare, «Gulf War Syndrome». Perchè nel Regno Unito le due vicende si legano e la nuova rinforza lo sgradevole ricordo della prima, ormai vecchia di 10 anni ma mai convincentemente chiarita.

Il ministero della Difesa - va sottolineato - non ha affatto ammesso che le esercitazioni con l’uranio abbiano provocato dei danni a militari o civili. Anzi. Un portavoce ha sostenuto che le esercitazioni sono avvenute sotto il diretto controllo dell’istituto sanitario nazionale ed ha escluso ogni possibile rischio. Ma la vicenda non è così semplice. Se i proiettili all’uranio sono privi di rischi - si chiede l’opinione pubblica - come mai lo stesso ministro delle forze armate, tuttora in carica, dichiarò già mesi fa alla Camera dei Comuni che il suo ministero era a conoscenza della loro pericolosità già da 10 anni? E, come mai, durante la Guerra del Golfo, proprio una circolare della difesa avvertì i militari britannici in Arabia Saudita dei grossi rischi connessi a quell’arma?

La risposta delle autorità militari è sempre la stessa: non esistono prove di un rapporto tra l’uso dei proiettili all’uranio e l’insorgere di malattie in quantità statisticamente abbastanza rilevante per poter parlare di una «sindrome della guerra in Bosnia» ora, come di una «sindrome della guerra del Golfo» in passato. Ma l’Associazione dei veterani impugna, per il passato, un’indagine della Camera dei Comuni dalla quale risulta che 500 dei britannici impiegati nel Golfo sono morti di malattia e 3 mila hanno accusato sintomi. E, del resto, negli Stati Uniti, dove la «sindrome» non è mai stata ufficialmente riconosciuta, sono proprio le cifre ufficiali a indicare in 20 mila il numero dei militari morti per «malattia non diagnosticata» su un totale di circa 700 mila impiegati nel Golfo.

I proiettili all’uranio sono in dotazione agli aerei A-10 americani, ma anche ai carri britannici Challenger. Gli A-10 hanno sparato 31 mila proiettili in Kosovo nel ’99 e 10 mila in Bosnia qualche anno prima, mentre gli inglesi sostengono di averne sparati in tutto solo un centinaio. Ma è evidente che, se ci sono rischi, non sono solo per chi spara o per chi è bersaglio. Inoltre c’è il fatto che gli A-10, prima di essere impiegati nell’ex-Jugoslavia, sono stati a lungo di stanza in basi inglesi. E, tornando a queste ultime, adesso si teme che le esercitazioni verificatesi nell’arco di 10 anni a Eskmeals, in Cumbria, a Solway Firth, Scozia, e a Lulworth, Dorset, abbiano lasciato dietro di sé scorie maligne.

C’è già almeno un caso che viene indagato in relazione alla sindrome bosniaca ed è quello di Kevin Rudland, un ingegnere quarantunenne, che ha servito in Bosnia nel ’95 e nel ’96. Rudland non ha contratto la leucemia, ma ha perso i capelli, i denti e ha sviluppato un’osteoartrite. E’ assolutamente convinto di conoscere la causa di quanto gli è successo e aspetta che altri come lui vengano allo scoperto. E’ vero che finora, in Gran Bretagna, a cavalcare questa vicenda è stata soprattutto l’opposizione di destra (che curiosamente si proclama ancora più filo-Nato del governo). Ma ieri anche l’«Observer», che è di sinistra, ha dato risalto alla ricerca di un esperto, il dottor Chris Busby, secondo il quale, al contrario di quanto afferma la Nato, la polvere radioattiva dell’uranio esaurito può creare seri danni per oltre 10 anni dopo l’esplosione del proiettile.