La Stampa
Venerdì 29 Dicembre 2000
Il premier Amato avverte: faremo chiarezza, ma niente allarmismo
Uranio, paura tra i volontari in Kosovo
Dopo l’esercito, le associazioni chiedono controlli
http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/URANIO.htm

ROMA
Sulla vicenda dell'uranio impoverito bisogna fare chiarezza evitando ogni allarmismo. Lo sostiene il presidente del Consiglio Giuliano Amato, che ha aggiunto: «Su questa faccenda ci sono ancora cose che devono essere chiarite. Stiamo cercando di capire il più possibile ma stiamo anche attenti ad usare con correttezza i dati che abbiamo. Degli 11 soldati malati di leucemia di cui si è parlato in questi giorni sui giornali, solo 5 erano andati in Bosnia».

Dall’esercito la preoccupazione per un’eventuale contaminazione si allarga ai volontari. «L'attenzione dedicata alla salute dei militari impegnati in Kosovo deve essere estesa a tutti quelli che hanno lavorato in quelle zone»: lo chiede Giovanni Caselli, ex direttore dell'Ufficio in Kosovo del commissario della missione Arcobaleno-fondi privati che ha scritto al Presidente del Consiglio Amato, affermando di essere a conoscenza che «diverse persone hanno riscontrato disturbi probabilmente derivanti dalla permanenza in zone del Kosovo».

Caselli, docente di Istituzioni di diritto civile all'Università di Firenze, è stato in Kosovo in qualità di direttore e rappresentante del Commissario della missione Arcobaleno dall'ottobre 1999 al gennaio 2000. I volontari, a suo avviso, sono a rischio maggiore rispetto ai militari. «Ci sono - dice - volontari che sono stati in Kosovo anche un anno ed oltre. La Commissione presieduta da Mandelli deve occuparsi anche di tutti questi. Si deve occupare di tutti noi che abbiamo operato in quelle zone». Già dalla fine del '99, dopo le prime notizie sull'uso dell'uranio impoverito in Bosnia, Caselli chiese alle autorità militari e civili informazioni. «Mi assicurarono - precisa - che non c'era assolutamente pericolo».

Sono stati migliaia i volontari italiani che hanno prestato servizio nei Balcani. Il settimanale del non profit «Vita» fornisce un quadro dettagliato delle presenze: mille i volontari appartenenti a 52 organizzazioni non governative ed associazioni finanziate con i 132 miliardi nell'ambito della missione Arcobaleno-fondi privati; 6.211 volontari impiegati dalla Protezione civile e 3.792 appartenenti al volontariato indipendente; 700 persone della Croce Rossa.

C’è preoccupazione anche tra le associazioni. «Non abbiamo avuto alcuna segnalazione - dice Marco Griffini di Aibi (Amici dei bambini) - ma abbiamo deciso di chiedere chiarimenti alle autorità militari. Se loro faranno controlli sui militari li faremo anche noi. I nostri volontari sono stati molto più tempo in Kosovo rispetto ai militari». Il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) sta pensando come far controllare i volontari che sono ancora lì. «Per ora - riferisce Andrea Sartori - non abbiamo assunto alcuna iniziativa e non abbiamo alcun caso di malattia segnalato ma stiamo pensando come procedere ai controlli medici».

Dal Belgio arrivano preoccupanti dati sullo stato di salute dei militari ritornati dalle missioni di pace nell'ex Jugoslavia: sono stati colpiti da cancro 9 dei 12.000 uomini che tra il ‘92 e il ‘99 erano impegnati sul terreno - tra l'altro in Bosnia e Croazia - e cinque di loro sono già deceduti. I 900 militari portoghesi che hanno servito nella forza di pace multinazionale nel Kosovo, saranno sottoposti a esami medici.



Commento: Caselli è anche vicepresidente di ADUSBEF, l'associazione delle vittime di Bankenstein. Gli abbiamo telefonato per esprimergli solidarietà, un po' contro l'uranio e un po' contro Fazio. Tra le due cose, accidenti al peggio.