22 dicembre 2000
La Stampa
«Diecimila proiettili all’uranio usati in Bosnia a nostra insaputa»
Mattarella: «Troppi i silenzi dalla Nato»
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di Raffaello Masci

ROMA «Appare necessario prevedere in seno all'alleanza atlantica procedure più adeguate di condivisione delle informazioni e approntare misure comuni su materie così delicate».

E’ il pomeriggio di una giornata prenatalizia, il ministro Sergio Mattarella è chiamato a parlare davanti alla Commissione Difesa della Camera a proposito della sospetta relazione tra proiettili all’«uranio impoverito» e l’insorgenza di leucemie in 11 militari a quell’uranio (quasi 11 mila proiettili) esposti, durante le operazioni in Bosnia e Kosovo tra il ‘94 e il ‘95.

Le sue parole appaiono quantomai misurate, quasi una trina verbale e diplomatica tessuta per non ferire l’«Alleato» americano, ma il senso - per contro - è tagliente: dalla Nato è difficilissimo avere informazioni adeguate e in tempi utili. E quindi, poi, accade ciò che accade. «Come ho già dichiarato altrove nei giorni scorsi - ha aggiunto il ministro - ritenevo possibile l'uso di questi proiettili anche sulla base di documentazioni pubbliche raccolte da associazioni private.

Per questo il 27 novembre scorso, ancor prima che si manifestasse l'attuale e acuta attenzione verso il problema, ho chiesto alla Nato se era stato usato uranio impoverito in Bosnia». Il ministro ha mestamente espresso un «rammarico, per il fatto che le organizzazioni internazionali forniscano solo ora e per nostra rischiesta informazioni sicuramente importanti per la comunità bosniaca e internazionale». Con buona pace di morti e malati, beninteso.

Mattarella ha anche affermato che «il governo ha chiesto di far pervenire, come già fatto per il Kosovo, la mappa puntuale dei siti su cui sono stati lanciati i proiettili. L’Italia - ha detto ancora - ha intenzione di invitare l'Unep (il programma per l’ambiente dell’Onu, ndr) a svolgere in Bosnia una missione analoga a quella già compiuta in Kosovo. Per quanto riguarda la difesa - ha spiegato - ho già disposto l'invio di un gruppo di esperti in Bosnia per procedere alle misurazioni opportune».

In sintesi: si avranno le mappe di dove questi proiettili sono stati utilizzati (quasi tutti intorno a Sarajevo, pare) e i tecnici dell’Unep e della Difesa italiana procederanno a valutare quanto e come l’incriminato uranio abbia potuto nuocere a uomini e ambiente. Per intanto restano i freddi numeri - anch’essi resi noti ieri - di 10800 proiettili all’uranio impoverito, sganciati in zone di guerra - paradossalmente durante una missione di pace - e degli 11 militari malati di leucemie, di cui cinque hanno preso parte alle operazioni belliche nei Balcani.

«La Nato ha reso noto solo oggi l’utilizzo di uranio anche in Bosnia - ha sottolineato Mattarella - perché io l’ho chiesto. Se la considerazione vuole essere “era meglio dirlo prima” - ha aggiunto con i giornalisti - allora io condivido condivido questa considerazione». Dal momento che il fatto c’è stato - dunque - non resta da verificare che il nesso causale tra utilizzo del famigerato elemento e le malattie riscontrate nei soldati.

Ed è quanto dovrà fare una commissione annunciata dallo stesso Mattarella, presieduta dall’ematologo romano Franco Mandelli, considerato il più illustre studioso della materia, e costituita dal direttore del dipartimento di Fisica dell'Istituto Superiore della Sanità Martino Grandolfo, dal direttore del reparto epidemiologico dell'Istituto Superiore di Sanità Alfonso Meli, da Giuseppe Onofrio dell'Agenzia nazionale della Protezione ambientale, da Vittorio Sabatini, capo ufficio nucleare del Cisam (Centro Interforze Studi Applicazioni Militari) e dal generale medico Antonio Tricarico.

Compito della commissione sarà accertare gli aspetti medico-scientifici della vicenda perché, ha spiegato Mattarella, «potrebbe trattarsi di singoli casi non collegati tra loro, oppure collegati da cause comuni legate all'uranio impoverito, oppure laddove esistano cause comuni queste potrebbero non essere collegate alla vicenda dell'uranio impoverito» e tutto finirebbe in una tragica fatalità senza colpevoli.

Un gruppo di senatori ds - De Zulueta, Migone, Giovannelli - ha chiesto che sia bandito, per il futuro, l’uso di simili sostanze. Il presidente della commissione Difesa della Camera, Valdo Spini, uscendo dall’audizione del ministro, ha detto che si vuole fare «piena luce su tutto». Ultima assicurazione dal governo: nessun proiettile all’uranio è stato utilizzato nel poligono sardo di Teulada.