La Repubblica, 16 gennaio
Mandolini "Mio fratello indagava su strane morti"
uranio impoverito
http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010116/firenze/04marist.html

LIVORNO — «Mio fratello era malato. Stava indagando su due colleghi che avevano una malattia strana e che hanno avuto una morte strana. Lui era malato e ci disse queste cose dieci giorni prima di morire». Lo ha detto Flaviano Mandolini, fratello del parà Marco Mandolini morto massacrato a coltellate e a colpi di pietra nel 1994 sulle scogliere livornesi. Mandolini, il cui caso è stato ricordato dal presidente Anavafaf Falco Accame in relazione all’ipotesi di uso di armi all’uranio impoverito anche in Somalia nell’operazione Restore Hope, era debilitato al punto che ritornato a casa dopo la missione Ibis venne ricoverato in un ospedale militare. «Quando hanno tirato fuori la storia dell’uranio impoverito ci abbiamo pensato. Adesso cominciamo a crederci», ha aggiunto Flaviano Mandolini. Il quale ha rinviato al suo avvocato qualsiasi iniziativa per riaprire l’inchiesta ormai archiviata.

Accame ritiene possibile che l’uranio impoverito sia stato usato anche in Somalia. La prova: un documento Usa del 1993 che fissa una serie di test medici per i militari statunitensi impegnati nella missione in Somalia, in caso di esposizione prolungata all’uranio impoverito. Sarebbe— secondo il presidente dell’Anavafaf — la prova che questi proiettili furono usati anche allora e che gli Usa erano consapevoli dei rischi. Si tratta di una circolare del comando logistico delle Forze armate Usa che porta la data dell’8 ottobre 1993. Inviata ai comandi statunitensi in Somalia, ha come oggetto la «contaminazione da uranio impoverito». Diverse le situazioni a rischio elencate. Tra queste, respirare il «fumo che deriva dall’incendio di mezzi che trasportano armi all’uranio o di depositi in cui le munizioni all’uranio sono conservate». In questi casi, la circolare prescrive il test delle urine e esami sulla mascherina respiratoria eventualmente indossata.