La Repubblica, 29 gennaio
Arafat attacca Israele
Barak congela il dialogo
Davos, sfuma il sogno di un accordo in extremis
http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010129/esteri/18davos.html
dal nostro inviato MARCO PANARA

DAVOS - Non era passata neanche un'ora dopo l'intervento di Yasser Arafat, quando è arrivata la notizia che Barak ha deciso di non incontrare il leader palestinese prima delle elezioni israeliane (che si terranno il 6 febbraio). Si era parlato addirittura di un incontro tra il primo ministro israeliano e Arafat domani o dopodomani, qui a Davos o a Stoccolma, con la partecipazione anche del segretario generale dell'Onu Kofi Annan. Ma la notizia ha gelato le speranze.

Yasser Arafat aveva attaccato Israele con parole molto dure. Aveva parlato di una "guerra barbara e selvaggia" contro il suo popolo, dell' impoverimento determinato dalla guerra, delle distruzioni degli edifici, della chiusura delle fabbriche e anche dell' imposssibilità di portare avanti molte attività agricole per cui il 90 per cento dei palestinesi è disoccupato. Aveva ricordato Rabin e Peres, quest'ultimo seduto ieri accanto a lui sul palco della sala dei congressi di Davos, mettendo in evidenza la diversità del governo guidato da Ehud Barak rispetto ai loro.

Dopo il comunicato emesso sabato sera alla conclusione di negoziati di Taba, non ci si aspettava un discorso così duro. Lo stesso Peres è stato colto di sorpresa: "Pensavo di venire a un matrimonio non a un divorzio", ha detto subito dopo il discorso di Arafat. I toni del comunicato erano infatti assai positivi sui passi avanti fatti e la mancata conclusione veniva spiegata solo con la ristrettezza del tempo a disposizione.

Dopo l'intervento di Arafat, Peres, che è ministro della cooperazione regione del governo laburista guidato da Barak, ha difeso il suo primo ministro, ha difeso naturalmente Israele, ha sostenuto soprattutto con grande passione il concetto che Israele vuole arrivare alla pace. "Devi essere convinto di questo", ha detto rivolgendosi ad Arafat.

E' stato un incontro di grande intensità emotiva, quello di ieri sera, tra due personaggi che si rispettano profondamente. E' diventato quasi un dialogo: "Siamo vicini ormai - diceva Peres - percorriamo l'ultimo miglio che ci manca per raggiungere la meta di un accordo vero, finale. Fermiamo le parole, non mettiamole tra noi e quella meta". Era accorato Peres, e quando poi ha ripreso a parlare Arafat lo ha ascoltato con le mani giunte, come se pregasse. Perché dopo il testo scritto e la risposta di Peres, Arafat ha parlato di nuovo, prima in arabo e poi in inglese. Ha parlato di tante cose: "Abbiamo degli estremisti in tutti e due i campi, lo sappiamo" ha detto, e il suo messaggio è stato che non bisogna lasciare a loro l'agenda politica. Ha parlato dei bambini: "Non vorrei mai che un bambino israeliano vivesse neanche un'ora soffrendo quello che stanno soffrendo i bambini palestinesi". Ha parlato della sopravvivenza: "Non potete immaginare la fatica che faccio ogni giorno per assicurare alla mia gente il cibo necessario". Perché, ha detto, è difficile anche far arrivare gli aiuti o i doni che arrivano dall'esterno. Arafat ha detto anche che Israele usa proiettili con uranio impoverito.

Poi, in questa specie di happening davanti a duemila tra presidenti e ministri di vari paesi del mondo, imprenditori e manager, e davanti anche a Kofi Annan, ha ripreso a parlare Peres, poi ancora Arafat, che ha ribadito il suo impegno a continuare il dialogo e a costruire la pace. L'incontro è stato concluso dal ministro degli esteri egiziano Amr Moussa, che ha ospitato i negoziati di Taba e li ha seguiti da vicino. Moussa ha detto che sono stati chiariti molti punti, che le posizioni sulle questioni territoriali sono molto vicine e che complessivamente, anche se molto lavoro resta da fare, le posizioni sono vicine come non lo sono mai state prima.

L'incontro tra Arafat e Peres, con la successiva decisione di Barak di cancellare l'incontro, ha dominato la giornata del World Economic Forum, togliendo attenzione al tema della giornata, che era la crisi della globalizzazione (della quale hanno parlato Kofi Annan, che ha espresso una grande preoccupazione per gli squilibri che questo processo sta avendo e determinando, il presidente della Banca Mondiale Wolfensohn, il direttore generale del Wto Mike Moore, il presidente del Sudafrica Thabo Mbeki) e anche al neo presidente jugoslavo Vojislav Kostunica, alla sua prima uscita di fronte a una audience internazionale di questo tipo.