20 dicembre
La Repubblica
L'uranio divide politici e militari
Il capo delle truppe in Kosovo: non provoca leucemia
Rifondazione chiede il controllo di tutti i soldati in missione. Nuovo caso sospetto
http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20001220/esteri/22tati.html
di STEFANO CITATI

ROMA - Sulla mappa del Kosovo elaborata dalla Nato e inviata ai paesi membri il 7 febbraio 2000 le croci che rappresentano i siti nei quali è presente uranio impoverito si concentrano nel triangolo Pec-Djakovica-Prizren, settore di competenza del contingente italiano e tedesco. Ma "posso garantire che non c'è nessun legame tra le morti per leucemia e i proiettili di uranio impoverito", ha dichiarato ieri il generale Carlo Cabigiosu, comandante della Kfor, la forza multinazionale di pace in Kosovo. Ma il caso del "metallo del disonore", come lo chiamano i reduci americani della Guerra del Golfo, da strettamente militare sta divenendo sempre più politico, con esponenti di diversi partiti - d'opposizione e di maggioranza - che chiedono chiarimenti e indagini (anche mediche) più approfonditi sui possibili legami tra la polvere d'uranio prodotta dall'esplosione dei proiettili della Nato e le morti e le malattie che hanno colpito diversi membri dell'esercito italiano che hanno partecipato a missioni in Kosovo e in Bosnia.

Finora i soli effetti certi prodotti del caso uranio impoverito - rimasto per diversi mesi "sottotraccia" e venuto alla luce negli ultimi giorni - sono la conferma ufficiale della sua presenza in Bosnia e Kosovo e la creazione - annunciata dal ministro della Difesa Sergio Matarella - d'una commissione d'inchiesta per accertare se i diversi casi tumorali denunciati da sottoufficiali dell' Esercito possono essere ricondotti all'inalazione delle particelle di metallo durante le operazioni nella provincia serba. Un mese fa il ministero smentiva qualunque legame tra l'uso di uranio impoverito e i presunti casi di leucemia; ma intanto i vertici dell'Esercito avevano compilato documenti di prevenzione dei rischi delle particelle metalliche e squadre d'esperti - militari e civili - compivano campagne di controllo sul pericolo radioattivo. I risultati dell'ultima di queste missioni (avvenute in ambito internazionale) dovrebbero essere resi noti nei primi mesi dell'anno prossimo. Nel frattempo però l'Osservatorio per la tutela delle Forze armate rendeva pubblici casi di leucemia e altre malattie tumorali tra membri dei reparti che hanno partecipato alle missioni in Bosnia e in Kosovo. L'ultima, in ordine di tempo, è quello di un caporalmaggiore sardo di 23 anni, colpito dal linfoma di Hodgkin (una forma tumorale) che ha detto di esser stato in missione in Macedonia nella primavera del '99, durante i bombardamenti della Nato.

Sulla situazione e per rispondere alle interpellanze provenienti da diversi partiti che chiedono screening per le migliaia di militari impegnati in Bosnia e Kosovo (Rifondazione comunista) e la messa al bando di armi all'uranio impoverito (utilizzati da Usa, Gran Bretagna e Francia), riferirà domani in commissione Difesa della Camera Mattarella. Nel frattempo gli esperti che hanno partecipato alle missioni di valutazione in Kosovo stanno cercando di ottenere conferme sulla reale pericolosità della polvere d'uranio 238, che al momento viene - almeno ufficialmente - definita molto bassa. Ieri l'oncoematologo dell'Istituto Nazionale dei tumori di Milano Massimo Gianni ha dichiarato che "sorprende la brevità d'intervallo tra l'evenutale esposizione e l'insorgenza della malattia", ovvero la leucemia.