Uranio, un altro soldato italiano ha la leucemia (La Nazione, 17 dicembre)
http://lanazione.monrif.net/chan/2/5:1614362:/2000/12/17

CAGLIARI — C'è un altro militare che lotta contro la leucemia in un ospedale del cagliaritano. Qualche crepa nel muro di gomma della vicenda collegata all'uso delle munizioni all'uranio impoverito (DU) in dotazione alle forze Nato comincia così ad aprirsi. La pressione è forte anche sul nostro ministro della Difesa nei confronti del quale due deputati della Lega, Ballaman e Calzavara, hanno presentato una mozione di sfiducia, stigmatizzando nel suo atteggiamento «una grave reticenza verso il parlamento».

Ieri il titolare del dicastero, Sergio Mattarella, intervenendo al giuramento degli allievi ufficiali del 182° corso dell'Accademia di Modena, ha per la prima volta ammesso che anche in Bosnia e non solo in Kosovo, vennero usati i proiettili al DU. Fino al giorno precedente lo aveva sempre negato, anche quando il nostro giornale rese pubblico un dossier della Difesa americana che ne illustrava l'utilizzo con dovizia di particolari.

Pure il terzo soldato gravemente ammalato, di cui non sono state fornite le generalità, ha fatto parte del contingente italiano nei Balcani con la Kfor, operando in Bosnia tra la fine del '98 e i primi mesi del '99, nel medesimo periodo in cui sono stati impegnati Salvatore Vacca e Andrea Antonaci, gli altri due militari morti dopo l'esposizione alle radiazioni.

L'ammissione è di Efisio Aste, general manager della Asl 8 di Cagliari. Il funzionario si lascia strappare solo una scarna dichiarazione, ma tanto basta per agitare nuovi e inquietanti sospetti: «In un presidio della nostra Asl — afferma — è ricoverato un paziente, con una diagnosi di presunta leucemia, che è stato impegnato operativamente in territori di guerra».

Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa, da tempo chiede chiarezza: «Non è concepibile che nello stesso ambito militare un generale (Marani) dica che il DU è meno pericoloso di un orologio da polso e un colonnello (Bizzarri) dichiari, informandone i reparti, che l'inalazione di polvere insolubile di uranio impoverito è associata nel tempo ad effetti negativi sulla salute quali i tumori». Nel giro di un mese saranno noti anche i risultati del monitoraggio effettuato in Kosovo dai tecnici dellUnep, l'agenzia dell'Onu per l'Ambiente.

«Ma resterà un dubbio», osserva Edouard Ballaman: «Sono stati i militari ad effettuare i prelievi e se il collettore dei dati sarà il Cisam di Pisa, significa che chi dovrebbe essere controllato, in realtà fa il controllore. L'atteggiamento della nostra Difesa non induce certo all'ottimismo, alla trasparenza e, in definitiva, alla ricerca della verità».

Athos De Luca, senatore dei Verdi e membro della commissione industria che segue le problematiche della produzione bellica, preannuncia la richiesta di «una indagine parlamentare da svolgere in tempi brevi». Le truppe americane sono state avvertite dei rischi sulla possibile esposizione al DU fin dal 1993. Quelle italiane soltanto sei anni più tardi (dopo essere state impiegate in Somalia, Albania e Bosnia), il 22 novembre '99 con le norme inviate appunto dal generale Osvaldo Bizzarri ai nostri soldati in Kosovo.

«Chi produce queste armi — denuncia De Luca — ne conosce la pericolosità e per questo motivo dovrebbe avere l'obbligo di informare non solo i propri militari, ma anche i partners. Questo limite, che pone un serio problema all'interno della Nato, è lo specchio della cattiva coscienza ed afferma la logica del "meno se ne parla, meglio è". E' la direzione opposta rispetto alla strada della trasparenza, dell'emancipazione culturale e soprattutto del diritto alla salute».

di Lorenzo Sani